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Il prof. Ratzinger e il Concilio

Chiara Santomiero - pubblicato il 14/02/13

Incontro con il clero di Roma

La gioia, quasi dimenticate le fatiche dell’età, ha trasformato il volto del Papa che incontrando nell’Aula Nervi il clero romano, il “suo” clero, è potuto tornare sui temi del Concilio Vaticano II e del grande sforzo teologico di cui è stato frutto. Una “piccola chiacchierata” l’ha definita Benedetto XVI; in realtà una vera e propria lectio magistralis. D’altra parte il giovane professor Ratzinger, assistente del cardinale Frings di Colonia e perito ufficiale del Concilio, a quel laboratorio di creatività teologica e pastorale ha dato un rilevante contributo.

GRANDI ASPETTATIVE. C’era un clima di grande entusiasmo e di fermento all’apertura del Vaticano II. “Noi siamo andati al Concilio non solo con gioia, ma con entusiasmo. Era un’aspettativa incredibile. Speravamo che tutto si rinnovasse, veramente che venisse una nuova Pentecoste, una nuova era della Chiesa, perché la Chiesa era ancora abbastanza robusta, in quel tempo: la prassi domenicale ancora buona, anche le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa erano già un po’ ridotte, ma ancora sufficienti”. Tuttavia, si sentiva che la Chiesa “non andava avanti, ma si riduceva, che sembrava piuttosto una realtà del passato e non la portatrice del futuro. E adesso, speravamo che questo rapporto si rinnovasse, cambiasse, che la Chiesa fosse di nuovo forza del domani e forza dell’oggi".

Il Papa ha poi ricordato come vedessero allora che “il rapporto tra la Chiesa e il periodo moderno dall’inizio era un po’ contrastante", cominciando con l’errore nel caso di Galileo, "e si pensava di correggere questo inizio sbagliato" e di trovare un nuovo rapporto tra la Chiesa e le forze migliori del mondo, "per aprire il futuro dell’umanità, per aprire il vero progresso".

Già dal primo giorno questo spirito nuovo, questo vento di cambiamento, si manifestava. «Erano state previste, per questo primo giorno, le elezioni delle Commissioni ed erano preparate "in modo imparziale le liste, i nominativi". E queste liste erano da votare. Ma subito i Padri hanno detto: “No, non vogliamo semplicemente votare liste già fatte. Siamo noi il soggetto”. Si sono dovute spostare le elezioni – ha aggiunto il Papa – perché i Padri stessi volevano conoscersi un po’, volevano loro stessi preparare delle liste. Così è stato fatto. "Non era un atto rivoluzionario – ha sottolineato – ma un atto di coscienza, di responsabilità da parte dei Padri conciliari"».

LA LITURGIA. Rievocando il programma di lavoro che si erano dati i padri conciliari, il Papa ha sottolineato di considerare in modo molto positivo il fatto di aver cominciato con la liturgia, perché «in questa maniera "appare il primato di Dio". Qualcuno – ha rilevato – ha criticato il Concilio perché parlava di tante cose, ma non di Dio: invece, ha parlato di Dio e il suo primo atto è stato quello di parlare di Dio e di aprire a tutto il popolo santo la possibilità dell’adorazione di Dio, nella comune celebrazione della liturgia del Corpo e Sangue di Cristo. In questo senso – ha osservato – oltre i fattori pratici che sconsigliavano di cominciare subito con temi controversi, è stato realmente "un atto di Provvidenza" che all'inizio del Concilio c'è la liturgia, c'è Dio, l’Adorazione». 

LA DOMENICA. Benedetto XVI ha quindi rievocato le idee essenziali del Concilio: «soprattutto il mistero pasquale come centro dell’essere cristiano, e quindi della vita cristiana, espresso nel tempo pasquale e nella domenica che è sempre il giorno della Risurrezione: "sempre di nuovo cominciamo il nostro tempo con la Risurrezione, con l’incontro con il Risorto". In questo senso – ha osservato – è peccato che oggi si sia trasformata la domenica in fine settimana, mentre è il primo giorno, è l’inizio: "interiormente dobbiamo tener presente questo, è l’inizio, l’inizio della Creazione, è l’inizio della ri-creazione della Chiesa, incontro con il Creatore e con Cristo Risorto". Il Papa ha sottolineato l'importanza di questo duplice contenuto della domenica: è il primo giorno, cioè festa della Creazione, in quanto crediamo nel Dio Creatore, e incontro con il Risorto che rinnova la Creazione: "il suo vero scopo è creare un mondo che è risposta all’amore di Dio"». 



LA LINGUA DELLA CELEBRAZIONE. I padri del Concilio tenevano a «l’intelligibilità della Liturgia – invece di essere rinchiusa in una lingua non conosciuta, non parlata – ed anche la partecipazione attiva. "Purtroppo – detto – questi principi sono stati anche male intesi". Infatti l'intelligibilità non significa "banalità", perché i grandi testi della liturgia – anche nelle lingue parlate – non sono facilmente intellegibili, "hanno bisogno di una formazione permanente del cristiano, perché cresca ed entri sempre più nella profondità del mistero e così possa comprendere". Ed anche riguardo alla Parola di Dio – ha domandato – chi potrebbe dire di capire i testi della Scrittura subito, solo perché è nella propria lingua? "Solo una formazione permanente del cuore e della mente può realmente creare intelligibilità ed una partecipazione che è più di una attività esteriore, che è un entrare della persona, del mio essere nella comunione della Chiesa e così nella comunione con Cristo"».

L’ECCLESIOLOGIA. Il Papa ha ricordato che anche dal contesto della discussione teologica degli anni ‘30-’40, anche ’20, nasce la formula “Noi siamo la Chiesa”. «La Chiesa non è una struttura, un qualcosa di giuridico, istituzionale, noi stessi cristiani, insieme, siamo tutti il corpo vivo della Chiesa”. E naturalmente questo vale nel senso che noi, il "vero noi dei credenti, insieme con l’Io di Cristo, è la Chiesa. Ognuno di noi, non un “noi”, un gruppo che si dichiara Chiesa. No: questo 'Noi siamo Chiesa' esige proprio il mio inserimento nel grande 'noi' dei credenti di tutti i tempi e luoghi"».

COMUNIONE ECCLESIALE. Non tutto era già chiaro nella stessa formulazione del Concilio. Solo dopo il Concilio, per esempio «”è stato messo in luce un elemento che si trova un po’ nascosto, anche già nel Concilio stesso, cioè: il nesso tra popolo di Dio, corpo di Cristo, e proprio la comunione con Cristo, nell’unione eucaristica. "Qui diventiamo corpo di Cristo, cioè la relazione tra popolo di Dio e corpo di Cristo crea una nuova realtà, cioè la comunione". E il Concilio – ha proseguito – ha guidato a questo concetto della comunione come concetto centrale. Direi filologicamente nel Concilio non era ancora totalmente maturo, ma è frutto del Concilio che il concetto di comunione diventa sempre più espressione del senso della Chiesa, comunione nelle diverse dimensioni, comunione con il Dio Trinitario, che è Egli stesso comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo, comunione sacramentale, comunione concreta nell’episcopato e nella vita della Chiesa”».

IL CONCILIO DEI MEDIA. C’è ancora molto da fare, secondo Ratzinger, per “arrivare ad una lettura realmente nello spirito del Concilio” la cui applicazione “ancora non è completa”. E qui entra in gioco il ruolo dei mezzi di comunicazione. «“C’era il Concilio dei Padri, il vero Concilio – ha avvertito – ma c’era anche il Concilio dei media” che dava un’interpretazione politica e non di fede di quanto accadeva: “Per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa (…) c’erano quelli che cercavano la decentralizzazione della Chiesa, il potere per i vescovi e poi, tramite la parola ‘popolo di Dio’, il potere del popolo dei laici”».



IL VERO CONCILIO. Benedetto XVI lamenta “banalizzazioni dell’idea del Concilio”, anzi di un “Concilio virtuale” che “era più forte del Concilio reale”. Ma è giunto il momento di dare attuazione al “vero” Concilio: « “Mi sembra che 50 anni dopo il Concilio vediamo come questo Concilio virtuale si rompe, si perde e appare il vero Concilio con tutta la sua forza spirituale. Ed è nostro compito, proprio in questo Anno della Fede, lavorare perché il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo si realizzi e sia rinnovata la Chiesa”».

“Speriamo – ha concluso Benedetto XVI – che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: vince il Signore. Grazie”.

[LA LECTIO MAGISTRALIS DI BENEDETTO XVI AL CLERO ROMANO]

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