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Genesi: un racconto da riscoprire nella sua realtà

Riscoprire il racconto di Genesi

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia Team - pubblicato il 12/11/13

Un ciclo di conferenze esplora le vie aperte all’uomo contemporaneo per comprendere la Creazione

L’uomo di oggi vive immerso nel virtuale, e sorprendentemente è proprio un libro come Genesi che può restituirgli la capacità di leggere “con i piedi per terra” il mondo e i grandi temi che lo riguardano. Giovedì 14 e sabato 16, rispettivamente presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore e presso il Monastero dei Santi Quattro Coronati, si svolgerà un ciclo di lezioni sul tema “Creazione: Genesi 1 e 2. Due capitoli capitali”.

Questi contributi saranno parte della prima edizione dell’evento “La Bibbia: un libro da “mangiare”, organizzato dall’Ufficio Catechistico della Diocesi di Roma in collaborazione con il Centro Culturale Gli Scritti. Per parlarci di queste due giornate, Aleteia ha ascoltato la voce di chi organizza l’evento, mons. Andrea Lonardo, Direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Roma, che parlerà al termine della seconda giornata, e di uno dei relatori, padre Giulio Maspero, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università della Santa Croce, che chiuderà con il suo intervento la prima giornata.

Perché è importante in un tempo come il nostro rileggere le Scritture?

Lonardo: L’uomo moderno ha delle domande molto grandi, teologiche e filosofiche e alle quali la scienza non risponde. La necessità della Bibbia e della fede è proprio questa: lo scienziato sa che nulla si crea e nulla si distrugge, ma non sa da dove viene il mondo, parla del Big Bang, ma il Big Bang da dove viene? Nel bambino questo diventa evidente: quando chiede “il mondo chi l’ha creato?”, se il catechista risponde “Dio”, il bambino chiede “e Dio chi l’ha creato?”. In questa semplice domanda c’è tutta la questione teologica e filosofica: è possibile che il mondo esista da solo? E’ interessante notare che la domanda, per il bambino e per l’uomo, non è tanto sulla narrazione della Genesi, ma è proprio sulla questione in sé: Dio ha creato il mondo, sì o no? La Bibbia è il grande luogo dove realmente Dio offre la sua Rivelazione, e dà modo all’uomo di capire ciò che egli non è in grado di comprendere. Genesi, in particolare, è la grande novità che la Chiesa accoglie come il dono prezioso dell’ebraismo, dove si coglie che veramente il mondo, la materia, il corpo, la sessualità, sono frutto dell’amore di Dio.

Cosa cerca l’uomo moderno nel momento in cui si accosta ad un testo “simbolico” come la Genesi?

Lonardo: Secondo me il problema centrale della catechesi che noi abbiamo oggi è proprio il rapporto tra la Bibbia e il dogma. Spesso i catechisti sono in imbarazzo nel gestire questo rapporto, per cui raccontano le frasi della Bibbia ma non riescono a mostrare la congruenza e la bellezza di questo rapporto. La mia proposta è che Genesi 1 e 2 siano letti insieme, non o l’uno o l’altro: ad esempio Genesi 1 ha l’ordine di creazione “piante-animali-uomo”, Genesi 2 invece “uomo-piante-animali”. Leggendoli insieme io mi accorgo che questi due testi ebraici sono solo apparentemente contraddittori perché sono due modi complementari di dire che l’uomo è la creatura più grande: è l’ultima creatura, perché è quella con cui Dio arriva alla pienezza e alla bellezza, ed è la prima pensata da Dio, quella per cui Egli crea ogni altra cosa. E noi non crediamo più oggi quello che credeva Francesco d’Assisi, cioè che l’uomo è più bello ed è presenza di Dio più che non i passeri e gli alberi. C’è una frase straordinaria di Balthasar che dice: cerchi una prova dell’esistenza di Dio? La prova sei tu, uomo! L’uomo è la grande meraviglia dell’universo e per questo è anche pericoloso, è l’unico essere che conosce il peccato, che può distruggere le cose più sante perché è libero. In questo senso bisogna rileggere Genesi: l’uomo oggi vive di virtualità, mentre Genesi è il grande testo che richiama il reale.

L’uomo moderno è ancora capace di usare l’immaginazione nella comprensione del mondo?

Lonardo: Noi abbiamo grandi autori moderni che hanno la capacità di esprimere il messaggio di Genesi attraverso la narrazione. Per esempio nelle famose Cronache di Narnia di C.S. Lewis è meraviglioso l’episodio in cui Aslan, che è chiaramente Cristo, crea il mondo cantando mentre i bambini assistono alla creazione, vedono le piante che escono dal suolo e la meraviglia dell’universo che diventa armonico. Alla fine Aslan raduna intorno a sé alcuni animali e conferisce loro il dono della parola dicendo: “io vi do questo comando: amate, pensate, parlate”. Questa è proprio la creazione dell’uomo, cioè il bambino vede nell’animale parlante se stesso. Nel Silmarillion Tolkien ha il coraggio di raccontare la creazione del mondo prima che si arrivi all’Età di Mezzo: c’è l’unico Dio che crea le Potenze Angeliche e con il loro aiuto crea poi il mondo e l’uomo, ma c’è una delle creature angeliche che vuole contrapporsi alla musica del Creatore e la stravolge attraverso una linea stonata. Il Creatore prende quella musica e la fa servire alla salvezza dell’intero creato. Sono due straordinari autori che hanno il coraggio di riprendere il tema della creazione e di mostrarne la sua vitalità oggi.

Qual è la difficoltà del catechista nel fare da ponte tra testi così antichi e l’uomo di oggi?

Maspero: Il catechista oggi si trova di fronte a persone che ricevono tantissime informazioni e stimoli e che sono immerse nella fiction. Per questo quando uno parla di Dio mancano le parole per spiegarlo, perché per capire tutto deve essere emozionante nel senso in cui è la fiction. Una volta invece la cultura contadina e rurale facevano diventare grandi presto e c’era un forte senso della realtà. Le persone comunicavano con le parole, con i racconti, con quello che dicevano i vecchi: alcune tradizioni pagane forse erano difficili da scalzare, ma quando qualcosa entrava rimaneva. Oggi invece, anche dalla mia esperienza, quello che si dice è una cosa tra mille, resta come rumore di fondo. Inoltre, nella cultura in cui ci muoviamo mancano purtroppo dei punti di riferimento culturale cristiani. Ad esempio, c’è un videogioco per iPad sulla Torre di Babilonia: tu sei Dio che deve impedire a degli omini che stanno costruendo la Torre di Babele di arrivare fino in cielo, se perdi viene fuori la scritta “non possiamo permettere a questa razza inferiore di arrivare in cielo”. L’idea che passa è quella di un dio pagano, di un boss, un po’ diversa da quella del padre amorevole della Bibbia. Però, alla fine il cuore dell’uomo è lo stesso, quindi se uno riesce a far breccia e tocca i desideri del cuore allora si parla di amore, di carità, di cose essenziali.

Il concetto della creazione tra fede, scienza e teologia. E’ un percorso armonico o a salti?

Maspero: Io prima di fare il teologo facevo il fisico teorico, quindi oggi che sono diventato sacerdote sono un po’ la “pecora nera” del mio gruppo di ricerca. Se uno guarda le cose nella prospettiva storica e continua a guardare al pensiero degli antichi, che oggi presi si svaluta così tanto, allora deve prendere sul serio quello che c’è scritto all’inizio di Genesi. In fondo gli ebrei allora erano un popolo di pastori, non erano certo gli egiziani o i greci; eppure questo popolo minuscolo e frazionato si permette di dire che il sole e la luna, che per gli Egiziani ma anche per Platone e Aristotele sono dei, sono in realtà delle cose, delle lampade, parte della creazione. Gli ebrei – e per questo credo ci sono tanti scienziati ebrei bravi anche tra i miei colleghi – hanno iniziato tra i primi a guardare al mondo con occhi che non confondono il mondo con Dio. E quindi la scienza stessa è stata permessa in qualche modo proprio dalla tradizione giudaico-cristiana: perché finché tu pensi che il fiume o la montagna sono Dio, non puoi certo pensare di studiarli. La rivelazione giudaico-cristiana ci ha detto che il mondo è scritto in una lingua che noi riusciamo a leggere.

Lei insegna teologia dogmatica. Il passaggio dalle Scritture al dogma è così complesso da comprendere per l’uomo contemporaneo?

Maspero: In primo luogo, anche la Bibbia è scrittura umana, oltreché divina. E così anche il dogma è divino e umano, perché lo Spirito Santo assiste la Chiesa nella formulazione di alcuni principi che non sono altro che sintesi della Scrittura. Cioè, il dogma non è altra cosa rispetto alla Scrittura, ma sono linee di lettura della Scrittura che partono dall’insieme. Se uno prende il Dio dell’Antico Testamento che dice di far fuori i nemici, e poi lo deve mettere insieme al Padre di Gesù misericordioso che perdona il figliol prodigo, occorre una mediazione, non basta il senso letterale, perché c’è una storia, c’è una Rivelazione progressiva. Allora il dogma è una guida che la Chiesa e lo Spirito Santo offrono ai fedeli per cogliere il senso della Scrittura. Il dogma tra l’altro non cade dal cielo, ma è frutto di un percorso, anche accidentato, a volte con problemi storici grossi, perché la politica si mette in mezzo. Si vede proprio che è lo Spirito Santo che aiuta la Chiesa: nella storia c’è addirittura l’esempio di un Concilio organizzato dall’imperatore orientale apposta per condannare il Papa, e pensi che la dottrina che è uscita da questo Concilio è così meravigliosa che è stata accettata – solo la dottrina, non certo la condanna – dal Papa successivo.

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