Aleteia logoAleteia logoAleteia
giovedì 28 Marzo |
Aleteia logo
Stile di vita
separateurCreated with Sketch.

Una straordinaria storia di martirio nella Polonia occupata dai nazisti

Sacerdote polacco martire a Stutthof

@DR

Gerardo Rodríguez - pubblicato il 05/12/13

Sacerdote polacco assassinato in un campo di concentramento per aver difeso la sua castità

Si chiamava Jan Lesinski ed era vicario della parrocchia di Gdynia – Grabówek. Ecco la sua storia.

Già nel vortice della guerra, il 13 settembre 1939 venne arrestato venendo liberato dieci giorni dopo. Venne nuovamente arrestato il 2 novembre e fu mandato alla prigione di Nowy Port a Danzica. Il 18 gennaio 1940 venne trasferito al campo di concentramento di Stutthof, dove lavorò come aiutante vasaio.

In questo campo la morte si presentava in varie forme: sfinimento fisico per il lavoro eccessivo al di sopra delle proprie forze, fame, maltrattamenti e torture fino a provocare la morte, esecuzioni, malattie come tifo e dissenteria. Nel caso in questione il motivo fu molto diverso. Sentiamolo dalle parole di un testimone:

“È avvenuto la notte tra martedì e il mercoledì delle ceneri, il 7 febbraio 1940. Quella notte il nostro sacerdote Jan Lesinski è uscito dalla baracca. Quando ho chiesto al suo vicino di branda a che ora, mi ha risposto che era uscito alle due e mezza. I vicini svegliandosi al mattino non si erano sorpresi inizialmente del fatto di non trovare il loro compagno. Sapevano che spesso doveva uscire di notte. Quando portarono la colazione ed egli non era ancora tornato, però, furono presi dall'ansia. Uno dei suoi compagni ha ricordato che per molto tempo prima di alzarsi si era sorpreso del fatto che il vicino mancasse da tempo. L'ansia si diffuse nella sala. Il kapò uscì dalla baracca. Era necessario informare sulla scomparsa di un uomo indipendentemente dalle possibili rappresaglie prima che arrivasse il momento dell'appello.

Il kapò, preoccupato per la sorte dello scomparso e per il destino della baracca, con voce tremante informò il comandante della sparizione del prigioniero, fornendo nome, cognome e numero e chiedendo allo stesso tempo una spiegazione, supponendo correttamente che fosse quasi impossibile che qualcuno riuscisse a scappare in inverno da quel campo, visto che oltre al filo spinato c'erano torri di vigilanza che illuminavano ogni settore e ogni zona del campo. In risposta a quelle parole piene d'ansia il comandante rise dicendo con ironia che avrebbe sicuramente ritrovato lo scomparso dopo l'appello. Il kapò facesse colazione tranquillamente. Il kapò, però, non era tranquillo, né pensava a mangiare.

Di ritorno alla baracca vide da lontano un capannello, vide la gente chinarsi verso terra e avvicinandosi capì che al suolo c'era un uomo. Era padre Jan Lesinski. Fino a poche ore prima era vivo e lavorava con brio come aiutante vasaio, e ora giaceva morto, freddo e rigido. Il kapò comprese le risate del comandante, e capì anche molto bene il cinico disprezzo del suo commento. La notizia dell'assassinio si diffuse in un lampo nel campo. Chi e perché aveva ucciso di notte il sacerdote? I nomi degli assassini sicuramente non si conosceranno mai. Non ci sono testimoni nel buio della notte.

Chi ha trovato il cadavere e lo ha potuto esaminare bene ha stabilito le cause dell'omicidio, giungendo alla conclusione che le guardie non hanno sparato da dietro lo steccato, ma lo hanno colpito da vicino difendendosi da qualcosa, quando il sacerdote era già a terra. Le condizioni degli abiti, l'ubicazione del defunto e la direzione dei proiettili hanno dimostrato che padre Lesinski era stato attaccato da un animale selvatico, una bestia anormale, e che quando è stato attaccato ha agito con fierezza in difesa della sua castità. L'animale non ha rispettato nemmeno il suo cadavere. Nel campo avevano armi solo gli ufficiali, le guardie delle formazioni d'élite delle SS e gli agenti della Gestapo.

Lo abbiamo portato al deposito dei cadaveri. È stato trasferito come si porta sul campo di battaglia la bandiera del reggimento, insanguinata, attraversata dalle pallottole ma vittoriosa. La tristezza per la perdita del nostro amato compagno si è mescolata all'orgoglio che egli abbia vissuto tra di noi e sia morto martire. La veglia è terminata con la preghiera di quel giorno dicendo: 'Jan Lesinski, prega per noi'.

I giorni seguenti nevicò. Tutto si coprì con gocce rosse di sangue che brillavano al sole come rubini, che parlavano della fedeltà fino alla morte, questi rubini che noi osservavamo pensierosi” (Padre GAJDUS W., Nr 20998 opowiada).

Le memorie di padre Gajdus non sono tradotte. Questo testo è tradotto da una traduzione dell'originale polacco. Traduzione del titolo: “Il numero 20998 racconta”.

Jan Lesinski era nato l'11 luglio 1908 a Slup, nella zona di Grudziadz. Suo padre era agricoltore, sua madre si chiamava Anastasia Slupsk. Nel 1930, dopo aver terminato gli studi secondari a Grudziadz, entrò nel Seminario maggiore di Pelplin.

Venne ordinato sacerdote il 15 giugno 1935. Svolse il suo primo lavoro pastorale nella parrocchia del Sacro Cuore di Grudziadz, e nell'aprile 1938 venne nominato vicario della parrocchia della Sacra Famiglia a Gdynia – Grabówek.

Tags:
castitàmartirionazismopoloniatestimonianze di vita e di fede
Top 10
See More