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Se i prof pensionati tornano a scuola

Primary school teacher

© Alain PINOGES/CIRIC

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 06/03/14

Fa discutere l’iniziativa del Comune di Brescia di utilizzare nelle scuole insegnanti in pensione che lavoreranno gratis

In un sistema scolastico afflitto dalla mancanze di risorse da un lato e dal precariato esasperato di molti docenti dall’altro (e in attesa degli investimenti promessi dal Governo Renzi), fa discutere l’iniziativa partita da alcune  scuole di Brescia e approvata dall’assessore comunale alla pubblica istruzione Roberta Morelli, di far tornare in attività gli insegnanti in pensione che presterebbero la loro opera nelle stesse scuole sotto forma di volontariato. L’attività di questi insegnanti sarebbe rivolta soprattutto al sostegno linguistico degli studenti stranieri, ma è previsto anche l’ausilio di ingegneri e musicisti pure in pensione che potrebbero potenziare l’insegnamento della matematica oppure organizzare varie attività.

Gli ex insegnanti che ne faranno richiesta, consegneranno il proprio curriculum al Comune e saranno quindi inseriti in un albo ad hoc. Le liste saranno poi consegnate ai singoli istituti. L’idea nasce proprio dall’esigenza di fornire assistenza agli studenti stranieri che nell’anno scolastico in corso rappresentano, solo a Brescia, il 25% di tutti gli iscritti alle scuole elementari e medie del capoluogo lombardo.

Assolutamente contraria alla proposta l'Anief, l'associazione sindacale che raggruppa docenti e ricercatori: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, le minacce di ridurre i riscaldamenti, i ritardi nel pagamento dei supplenti e il tentativo di assicurare gli aumenti di stipendio con il taglio delle attività extra-didattiche, arriva il professore in quiescenza che torna a lavorare senza compenso: la carenza di soldi nelle scuole sta producendo delle soluzioni sempre più ingegnose. Ma che a volte sembrano oltrepassare il buon senso". L'Anief si è scagliata contro il ritorno dei docenti in pensione affermando che questo "è solo un modo per evitare di pagare dei professionisti, una deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti per le scuole e dalle inadempienze dei pagamenti da parte del Ministero delle Finanze" (Repubblica.it 24 dicembre 2013) .

Non nascondono la preoccupazione anche i sindacati maggiori: “Va bene il volontariato, ma che non diventi la pezza per tappare i buchilasciati da anni di tagli”, è il commento di Laura Treccani, responsabile scuola della Cisl di Brescia. “Sappiamo che il volontariato nella scuola c’è già, sopratutto per l’alfabetizzazione, e va bene regolamentarlo – prosegue -. Il rischio, però, è che dal governo pensino che tanto ci sono i volontari a colmare le carenze e che quindi si possa continuare a tagliare. Noi, invece, vogliamo che si investa nella scuola” (Il Giorno 7 gennaio). Cauto nel dare un giudizio, Pierpaolo Begni, Cgil Scuola: “Forse c’è stato un po’ di allarmismo, ma prima di pronunciarmi voglio verificare come funzionerà questo progetto. Se un ex docente in pensione è appassionato di ceramica e vuole tenere un corso del genere, non si può dire che porti via il lavoro ai precari. Sull’alfabetizzazione, bisogna vedere come saranno impiegati” (Il Giorno 7 gennaio).

Diversa invece la prospettiva vista dal mondo del no-profit. Per la testata Vita.it (7 gennaio), l’iniziativa di Brescia potrebbe rappresentare “un passo per organizzare in maniera più funzionale un mondo di generosità che già esiste nei vari doposcuola e che se volontari e ufficio scolastico si parlano può diventare più fruttuoso” anche perché “stiamo parlando di progetti, non di ore curriculari”.

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