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Caso Moro: un’indagine incompiuta

former Italian Premier Aldo Moro – it

ANSA / AFP

ITALY, Rome : (FILES) Undated and unlocated picture on former Italian Premier Aldo Moro, one of Italy's most powerful politicians. Moro, leader of the then dominant Christian Democrat party, was kidnapped 16 March 1978 before being murdered by members of the far-left Red Brigades terrorists.

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 24/03/14

Nuove rivelazioni sulla strage di via Fani mentre prosegue il lavoro per l'avvio della causa di beatificazione dello statista

A distanza di 36 anni dall’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse, vengono diffuse nuove rivelazioni sulla strage di via Fani che segnò l’inizio della prigionia dello statista e presidente della Democrazia cristiana provocando la morte di tutti i componenti della scorta. Sulla vicenda l’ombra dei servizi segreti che avrebbero "protetto" l’azione dei terroristi: una ricostruzione credibile per coloro che non hanno mai accettato la tesi di un agguato di precisione militare ad opera solo dei brigatisti, secondo altri un tentativo di deviare da altre verità proprio mentre la Camera ha approvato l’istituzione di una nuova commissione di indagine sul caso Moro per la quale si aspetta il sì definitivo del Senato. La vicenda di Moro non appartiene però solo al mondo della politica e delle istituzioni: da qualche tempo, da parte del postulatore Nicola Giampaolo autorizzato dal cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, è in corso la raccolta di materiale in vista dell’apertura dell’iter di beatificazione dello statista. Di tutto questo Aleteia ha parlato con Pierluigi Castagnetti, a lungo parlamentare della Democrazia cristiana e ultimo segretario del Partito popolare italiano e quindi esponente della Margherita e del Partito democratico.

Nuove rivelazioni sul caso Moro: quanto sono credibili?

Castagnetti: Occorre cautela ma in ogni caso resta il fatto che nella ricostruzione del caso Moro rimangono delle zone d’ombra. Fino a quando le ombre non verranno dissipate, le rivelazioni restano verosimili. Molte di quelle di cui si parla erano state raccolte nel libro "Storia di un delitto annunciato" pubblicato dal fratello di Moro, il magistrato Carlo Alfredo, nel quale egli contestava i risultati delle indagini e dei processi celebrati. Sono convinto che ci sia ancora molto da scoprire e le rivelazioni di questi giorni, come anche quelle dell’esperto americano Steve Pieczenik intervistato qualche mese fa da Giovanni Minoli, sono molto gravi e contribuiscono a creare un clima inquietante.

Qualche giorno fa la Camera ha approvato la costituzione di una nuova commissione parlamentare sul caso Moro: una coincidenza?

Castagnetti: Se le rivelazioni fossero arrivate prima della decisione della Camera si potrebbe sostenere che fossero finalizzate a fare pressione per l’istituzione della commissione, ma arrivando dopo rappresentano invece la conferma dell’opportunità dell’iniziativa dei deputati. Forse sarebbe stata più indicata un’ iniziativa congiunta di Camera e Senato per l’istituzione di una commissione bicamerale, ma è molto importante riprendere il filo di una ricerca che aspetta ancora di essere compiuta. Gli stessi brigatisti rossi hanno detto troppo poco, a partire da Prospero Gallinari e altri che sono usciti di prigione senza dissociarsi fino in fondo e senza pagare almeno il prezzo della verità. Hanno detto e hanno taciuto ciò che hanno voluto, ma alcuni sono ancora in tempo a raccontare il resto.

Cosa rappresenta il caso Moro per l’Italia?

Castagnetti: Il caso Moro rappresenta la fatica richiesta alla nostra democrazia per diventare una democrazia compiuta. Moro stesso rilevava che la Democrazia cristiana era obbligata a diventare alternativa a se stessa perchè non c’erano altre possibilità per il Paese. I legami con l’Unione sovietica – al di là della serietà dei suoi dirigenti – creavano intorno al Partito comunista un’alea di non piena utilizzabilità democratica. Moro e Berlinguer insieme si sono adoperati negli anni ’70 per superare questa situazione. A proposito di coincidenze, lo storico Miguel Gotor ha scritto di come Berlinguer, in occasione di una visita in Bulgaria, sia stato oggetto di un attentato con l’obiettivo di uccidere il leader del partito comunista italiano. A conferma che il processo avviato con Moro pagava il prezzo degli oppositori sul piano nazionale – e le Br erano senz’altro tra queste, hanno dichiarato di aver ucciso Moro per impedire l’occidentalizzazione del Pci -ma nello stesso tempo disturbava gli equilibri della Guerra fredda. Sia a est che a ovest il tentativo di Moro di rendere compiuta la nostra democrazia era visto con diffidenza.



E’ in corso la raccolta di documentazione che potrebbe portare all’avvio ufficiale della causa di beatificazione: qual è la testimonianza cristiana di Aldo Moro?

Castagnetti: Condivido in pieno questa iniziativa. Moro è un esempio di cristiano esemplare che in politica si è impegnato ad adempiere il dovere per i laici, di cui parla il numero 31 del documento conciliare Lumen Gentium, di maneggiare le cose temporali per ordinarle secondo il disegno di Dio. Egli aveva la forte consapevolezza di un dovere, che si è rivelato tragico, di esercitare la responsabilità di fare la storia. Già dai tempi della Fuci, la Federazione degli universitari cattolici, egli scriveva articoli sulla rivista dell’associazione, che affermavano la responsabilità verso il proprio tempo. "Vorremmo tutti vivere un altro tempo – scriveva – ma questo è il tempo che ci è stato dato e non possiamo sfuggire al nostro compito". In occasione del congresso di Napoli del 1962, agli inizi del centrosinistra, affermava l’importanza dell’autonomia dei cattolici impegnati nella vita pubblica. "L’autonomia – affermava – è la nostra assunzione di responsabilità, di correre il rischio e dare se possibile la testimonianza dei valori cristiani". E bisogna osservare che si era prima del Concilio e della Gaudium et spes. In Moro era evidente il senso dell’autonomia dei laici nelle realtà temporali per rendere servizio ai valori della nostra fede; in lui era sempre presente l’assillo di coniugare l’impegno verso la storia e la responsabilità verso la Chiesa. Moro apparteneva a quella generazione di laici in politica – insieme a Dossetti, La Pira, Zaccagnini – che non vivevano senza alimentarsi quotidianamente dell’Eucarestia e della Parola, come esorterà poi il Concilio. A prescindere dalla vicenda tragica che gli è stata assegnata dai disegni misteriosi della Provvidenza con il martirio di quei 55 giorni di prigionia, egli era portatore di una concezione del rapporto tra fede e politica che rende plausibilissimo il riconoscimento per tutti i cristiani della grande testimonianza di Aldo Moro.

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