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SlotMob: il cappuccino che sa di buono

Slot machine

© Richard GOLDBERG / SHUTTERSTOCK

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 01/04/14

Contro il diffondersi di slot machine e gioco d’azzardo una iniziativa di mobilitazione nata dai cittadini

Cappuccino e cornetto al mattino sono un “classico” della prima colazione italiana e un inizio goloso per dare dolcezza alla giornata. Ma vuoi mettere se segnalano anche un’iniziativa di “buona” vita? La campagna SlotMob è un’iniziativa di partecipazione “dal basso” dei cittadini per contrastare il gioco d’azzardo, che permette ad alcune multinazionali di accumulare enormi guadagni direttamente proporzionali al malessere e alla solitudine di chi si perde dietro le slot machine. Aleteia ne ha parlato con il promotore Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università Lumsa di Roma e coordinatore della Commissione internazionale Edc (Economia di comunione).

Come è venuta fuori l’idea della campagna?

Bruni: Dall’indignazione… Da diverso tempo di occupo di gioco d’azzardo come oggetto verso il quale dovrebbe essere riversata la nostra indignazione civile e all’inizio dell’estate scorsa mi era venuta l’idea, così come battuta, di iniziare lo “sciopero del caffè”, cioè di evitare di prendere il caffè e fare colazione nei bar dove ci sono slot machine, privilegiando quelli dove non esistono “macchinette”. Un mio collega di Cagliari mi ha suggerito di invertire l’ottica e fare qualcosa di nuovo: invece di seguire la logica di punire gli esercizi che aprono alle slot machine, seguire quella di premiare chi le toglie. In questo modo si celebra il tema che la virtù è più forte del vizio.

E il passo successivo?

Bruni: Insieme ad un gruppo di giovani di Roma e a un altro collega di economia, Leonardo Becchetti, abbiamo pensato quindi di “spettacolizzare” la scelta nello stesso modo dei flash mob: 2-300 persone si ritrovano a fare colazione nei bar “virtuosi” e intanto si organizza anche una partita di biliardino per affermare il “gioco buono” che cura quello solitario delle slot machine e un piccolo convegno parallelo per approfondire il tema del gioco d’azzardo. L’idea è stata lanciata ai primi di agosto scorso, nel “deserto” delle vacanze estive, e sabato 29 marzo a Cesena c’è stato il quarantunesimo SlotMob in un bar con l’adesivo “No slot”. A Roma si farà il 10 maggio, altre città sono in attesa di organizzarlo, il nostro obiettivo è arrivare a 100 città entro l’anno.

Quale è la filosofia di base?

Bruni: E’ un po’ come piantare alberi contro le emissioni di Co2 nell’atmosfera. Da dove possiamo aspettarci oggi la risoluzione dei problemi? Mentre aspettiamo risposte dal Parlamento e dalle grandi multinazionali del gioco d’azzardo, intanto possiamo agire dal basso tutti insieme con i giovani e le famiglie.

Come leggere questo fenomeno di maggiore ricorso al gioco d’azzardo e alle slot machine?

Bruni: E’ intervenuto un cambiamento fondamentale. Persone fragili che a causa del gioco si sono rovinate la vita ci sono sempre state ma prima queste forme di azzardo erano gestire dallo Stato. Oggi le licenze sono in mano pubblica ma vengono appaltate a privati, a multinazionali, che in modo scientifico hanno monopolizzato televisioni e pubblicità e prosperano sulle dipendenze umane. Dall’altra parte c’è una maggiore fragilità di famiglie e individui. Prima le comunità erano più coese e chi incorreva in queste vicende veniva aiutato, oggi la gente tramite il computer si rovina di notte, in solitudine. Io dico sempre che le sale da gioco dovrebbero essere affidate alle suore, non alle multinazionali, cioè a persone che cercano di tirarti indietro dal precipizio non ad aziende che fanno soldi con la debolezza umana. E’ questa la novità e fare business sui fragili dovrebbe provocare una grandissima indignazione.

C’è un effetto combinato con la crisi economica?

Bruni. Sì, doppio, innanzitutto perché le tasse che entrano dai proventi del gioco d’azzardo – intorno agli 8 miliardi – non rappresentano un gettito maggiore della spesa che servirà alle Asl per affrontare queste patologie. Inoltre i circa 90 miliardi che vengono spesi in gioco ogni anno, sono del tutto improduttivi. Cioè la gente butta via i suoi soldi in macchinette e gratta-e-vinci e non li usa per acquistare beni da imprese che producono lavoro buono. Oggi c’è un’epidemia di questo fenomeno e nei bar si possono vedere famiglie intere dietro ai gratta-e-vinci che giocano 10-15 euro ogni volta. Allo stesso tempo vengono aperte case di recupero per casalinghe dipendenti dalle lotterie. Molte famiglie hanno qualcuno dei propri membri divorato da questa forma di malattia sociale.  

Anche perché c’è la pubblicità…

Bruni: Dappertutto: “gioca il giusto” come “fuma il giusto”. E’ un bombardamento continuo senza il tessuto sociale di una volta a darti una mano. Oggi c’è troppa solitudine. Le sale gioco sono luoghi di disperazione e perdizione. Lo Stato è complice perché da una parte cura i malati e poi dà le licenze per nuove sale giochi. Purtroppo non se ne parla perché sembra un fenomeno minore, ma oggi la Lottomatica è la terza impresa in Italia per profitti. E’ un problema di civiltà, non di economia.

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