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“Chiese da incubo”: il nuovo reality televisivo

Chiese da Incubo

© National Geographic Italia

padre Massimo Granieri - Arena dei Rumori - pubblicato il 08/05/14

Si può fare uno show sulla gestione delle comunità religiose?

Nuovi format televisivi impazzano in Italia e catturano sempre più ascolti. Reality che insegnano soprattutto la manualità. L’uso delle mani è diventata ormai merce rara nella nostra società. L’architetto fa l’architetto, il giardiniere fa il giardiniere, il cuoco fa lo chef, il parrucchiere fa il parrucchiere e via così. Fanno bene il loro mestiere. Guardi e apprendi come cucinare e vestire, creare un giardino, ristrutturare casa, gestire con profitto un ristorante, un salone di bellezza o un hotel o una pasticceria.

Non ho tempo sufficiente per guardarli. Nel refettorio del convento, lì dove consumiamo i pasti principali, non abbiamo il televisore. Noi preti di comunità andiamo in ricreazione alla sera e quasi mai assistiamo a un programma per intero. Le indagini di “Don Matteo” e le più importanti partite di calcio sono un’eccezione. Al mattino la sveglia suona presto alle 5.30; c’è la preghiera comunitaria in coro e le celebrazioni delle prime sante messe del giorno.

Seguo con vero interesse la serie tv “Boardwalk Empire” con Michael Buscemi. Guardo poi “House of Cards”con Kevin Spacey e l’italianissima “Gomorra”. Tutti visionati sul tablet e nella pausa pomeridiana.
Mi piacciono i dialoghi forbiti, sembrano scritti dall’Accademia della Crusca (istituto nazionale per la salvaguardia e lo studio della lingua italiana). In “Gomorra” il napoletano diventa greve in prossimità del male da compiere. I dialoghi in “Boardwalk Empire” sono eleganti ma velenosi, in “House of Cards” invece sono privi di compassione. La parola è l’arma più potente per esercitare il controllo sulle vite altrui.

Qualche pomeriggio fa, mi sono imbattuto per caso in un reality che mi ha fatto sobbalzare dalla sedia: “Chiese da incubo”, in onda su Nat Geo PEOPLE, canale 410 di Sky.
Sul sito di National Geographic Italia, il programma viene così descritto:

Fedeli annoiati dall’omelia, cassette delle offerte vuote, altare in decadenza? Qua ci vuole un intervento divino! Incontrate i tre reverendi che trasformano le chiese in difficoltà in veri e propri luoghi di culto […] Qualunque sia la vostra religione, la triade di esperti è pronta a vendere al meglio il prodotto più importante che c’è: la fede.

Ebbene sì. Un reality sulle chiese che faticano ad espandersi e a pagare le bollette. La fede in realtà non è “usata” o maltrattata, anzi. Il programma televisivo pare sincero nelle sue intenzioni, non è blasfemo, bizzarro forse. Tre “coach” esperti – già ministri di Dio – aiutano pastori delle nuove chiese americane in difficoltà nella cura del proprio gregge.

In America ti svegli e pensi di aver avuto una chiamata da Dio… Se hai i mezzi per farlo, lo stesso giorno puoi costruire un’arca e dire al mondo che sei Noè. Lo puoi fare veramente. Così pullulano chiese di ogni tipo, lontane dalla tradizione cattolica e protestante. Il reality è lo specchio della complessità religiosa statunitense. Serve comprendere il contesto culturale in cui è ambientato il reality, senza pregiudizi.

Perché guardare il reality “Chiese da incubo”? I tre pastori mostrano al pubblico come bisogna gestire una comunità cristiana. Guardo il programma pensando alle difficoltà che accompagnano un prete nella testimonianza del Vangelo e nell’amministratore dei beni a lui affidati. Gli ostacoli nell’esercizio di un ministero religioso sono tanti e il reality li mostra. I reverendi Anthony, Kevin e Jerry attuano strategie di marketing e di comunicazione per ridare slancio a chiese ridotte al lastrico. I progetti pastorali di una comunità parrocchiale o religiosa (cioè gestita da monaci o frati) si fondano sulla capacità creativa e gestionale del prete e dei suoi collaboratori.

Anthony si prende cura della struttura che ospita i fedeli. Sono di vitale importanza il decoro del luogo di culto e l’arredamento. Ad esempio, nella puntata dedicata alla chiesa dei bikers (i barbuti che vanno in moto), si parla del bisogno di mettere una grande croce al centro della chiesa.

I soldi servono per il sostentamento della chiesa. Il pastore Kevin fa comprendere l’utilità del denaro per finanziare le attività delle comunità. Aiuta il pastore in difficoltà, indicando le modalità per raccogliere le offerte dei fedeli e far quadrare i conti (solitamente dopo il sermone). Potremmo sospettare una mercificazione del sacro per motivi economici. Senza denaro nessuna chiesa è in grado di sussistere, ciò che importa è il corretto uso di quanto è stato raccolto.

Ultima considerazione: la capacità oratoria e le qualità spirituali del pastore sono necessarie per annunciare Gesù Cristo e aumentare il numero dei fedeli in chiesa. Il reverendo Jerry è bravo a motivare il pastore di turno in difficoltà, lavorando sull’autostima ed insegnando ottime tecniche di comunicazione.

Nei titoli di coda viene pubblicizzato il beneficio ottenuto dalla chiesa dopo l’intervento dei tre reverendi. Si quantifica il guadagno delle anime a Dio. La gestione economica e pastorale di una parrocchia è simile a quella che si vede in “Chiese da incubo”. Nessun guadagno, se non l’amicizia tra Lui e i suoi figli.

Qui l’originale

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