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L’autostima degli uomini, un tema che Chesterton prese molto sul serio

Gilbert Keith Chesterton

© DR

Ignacio Pérez Tormo - Aleteia - pubblicato il 20/05/14

La sua proposta è vedere con gli occhi di un bambino e amare e sorprendersi con il cuore di un bambino

Tra le pagine dell’Autobiografia, di G. K. Chesterton, si trova un passo un po’ burrascoso in cui l’autore confessa di essere ricorso, prima della sua conversione, allo spiritismo. In una delle sessioni, percepì una presenza. Uno spirito diverso rispetto ad altre occasioni, che non cercava e che gli provocò orrore. Chesterton dice di non voler parlare di questa esperienza, ma di voler solo mettere in guardia contro quella pratica.

Il passo ha un tono piuttosto sconcertante, che si ritroverà nella sua opera solo quando parlerà della tristezza secolare degli uomini.

Le convenzioni del linguaggio

Dall’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, la Verità, ogni volta che la comunichiamo a qualcuno, deve pagare una tassa al razionalismo. La Verità diminuisce di contenuto ogni volta che la trasmettiamo, per via delle convenzioni che ci impone questa Filosofia moderna.

Il meccanismo è analogo a un noto gioco infantile. Un primo bambino dice in segreto una frase al secondo. La frase passa come in una catena da uno all’altro, fino all’ultimo. Alla fine rimangono solo i resti della frase originale e le risate dei bimbi.

Ne “L’imputato” (1901), Chesterton lo spiega con un altro esempio. È abituale ascoltare in qualsiasi conversazione qualcuno che afferma tassativamente un’idea, ad esempio, “l’avorio è bianco”, e in seguito corregge: “L’avorio è bianco… ma non bianco quanto la neve”.

Il problema sorge quando quella Verità, che diminuisce progressivamente, è quella della nostra gioia. Quella che esprimiamo quando ci chiedono come stiamo.

Chesterton, il cui matrimonio non ha dato figli, trascorreva la domenica pomeriggio organizzando giochi per i bambini degli invitati che riceveva nella sua residenza di Beaconsfield. Arrivati a questo punto, però, intima ad abbandonare il gioco.

Rinunciare a conoscersi, rinunciare ad amarsi

Cosa succederebbe se rinunciassimo alla Verità su come percepiamo la nostra gioia?

È “l’incredibile tendenza dell’essere umano a sminuire la sua felicità”, dice Chesterton, annotandolo come una scoperta:

“Ho scoperto che ogni uomo è disposto a dire che la foglia verde dell’albero è un po’ meno verde e la neve di Natale un po’ meno bianca di quello che sono in realtà”.

Questo difetto sarebbe piccolo, se fosse una volta per tutte, ma la cosa certa è che si verifica in molte occasioni.

“Ho scoperto – scrive Chesterton – che l’umanità non si dedica in modo circostanziale, ma eterno e sistematico, a tirare fuori oro dalle fogne e diamanti dal mare”.

L’umiltà è già ferita dalla modernità

Con queste convenzioni, arriveremmo all’assurdo di pensare che l’umiltà consista nel pensare di essere peggiori, più brutti e più limitati di quanto si è in realtà.

“In qualunque angolo di strada possiamo trovare un uomo che pronunci la dichiarazione blasfema ‘Potrei sbagliarmi’. Ogni giorno ci si imbatte in qualcuno che dice che ovviamente il suo punto di vista potrebbe non essere quello giusto. Ovviamente il suo punto di vista deve essere quello corretto, o non sarebbe il suo punto di vista”.

Chi ne trae profitto? Senza autostima, senza amarci, saremmo liberati da Dio, ragionava un altro autore, discepolo di Chesterton. Non desidereremmo avere un’inclinazione verso Dio maggiore di quella che vorremmo verso qualsiasi abitante dell’altro estremo del pianeta Terra, di Plutone o Marte. Ci risulterebbe indifferente.

La ricetta di Chesterton per l’autostima

La proposta di Chesterton è guardare con gli occhi di un bambino. Amare e sorprendersi con il cuore di un bambino. È curioso che un adulto non ricordi di essere stato bambino. Non è il padre che genera il bambino, dice Chesterton, ma il bambino che, crescendo, ha generato il padre.

La parte più umana della Chiesa aveva la stessa paura, tristezza e insicurezza del resto dell’umanità. Aveva bisogno di un avvocato, di un apologeta. E il compito sarebbe ricaduto su… un bambino che giocava con altri bambini!

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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