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Obama si schiera col Papa sulla questione armena

Obama at NATO summit in Wales – it

AP

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 15/04/15

Le varie reazioni della Turchia alle parole di Francesco durante la messa per i 100 anni del "Medz Yeghern"

Il presidente islamico turco Recep Tayyip Erdogan ha "condannato" le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno del 1915-16 e lo ha "avvertito" di non "ripetere questo errore". "Avverto il Papa di non ripetere questo errore, e lo condanno" ha affermato Erdogan, citato da Hurriyet online. "Quando dirigenti politici, religiosi, assumono il compito degli storici, ne deriva un delirio, non fatti" ha aggiunto. "Pensavo che fosse un politico diverso" (Ansa, 14 aprile).

Quella del leader turco è una uscita molto dura su una questione che sostanzialmente vede il giudizio degli storici e quello delle diplomazie internazionali molto divise.

Le parole del Papa
Tutto è iniziato l'altro ieri durante la celebrazione in Vaticano per il centesimo anniversario del "martirio" degli armeni, Francesco – durante la messa – ha definito il massacro del armeni ad opera degli ottomani nel 1915 un "genocidio": "La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo", ha colpito il "popolo armeno – prima nazione cristiana -, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci". "Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo" ha aggiunto il Santo Padre.

Le brusche reazioni diplomatiche
L’ambasciatore turco presso la Santa Sede Mehmet Pacaci, richiamato per consultazioni ad Ankara, potrebbe non tornare in sede fino alle cruciali elezioni politiche turche del 7 giugno, scrive Hurriyet. L’atteggiamento di governo e presidente turchi, secondo diversi analisti, potrebbe portare voti nazionalisti al partito islamico Akp del presidente islamico Erdogan. Secondo Hurriyet Pacaci non tornerà comunque in sede prima del 24 aprile, il giorno delle celebrazioni a Erevan del centenario del genocidio armeno, che Ankara rifiuta di riconoscere (Il Fatto Quotidiano, 14 aprile).

La situazione interna della Turchia
E' assai probabile che l'intera questione sia – al netto di tutto – anche una manovra elettorale con cui il Erdogan spera di aumentare i propri consensi in patria, accreditandosi come un leader forte.

A questo si aggiunge il nervosismo della Turchia da anni ormai sull'uscio dell'ingresso nella UE senza mai poter entrare. Attualmente tiene un atteggiamento ambiguo nella lotta con lo Stato Islamico, una politica diversa e più aggressiva potrebbe permettere ad Ankara di riavvicinarsi all’Occidente, così come, in funzione anti-Isis, Erdogan potrebbe riabilitare il nemico interno curdo, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), arrivando financo a liberare il suo leader incarcerato dagli anni '90, Abdullah Ocalan, tutto questo se l'incubo turco non fosse la nascita de facto e de iure di uno Kurdistan al di là del confine. Del resto nell'ormai “non Stato” siriano, sta prendendo sempre più forma, lungo la frontiera con la Turchia, una entità autonoma curda, con capitale Al Qamishli. In Iraq, uno Stato senza più una credibile autorità centrale e con un esercito in perenne rotta, esiste da tempo e si rafforza sempre più la Regione autonoma curda-irachena, governata da Masud Barzani: uno Stato (di fatto) in uno Stato (l’Iraq) che non ha più il controllo di una parte significativa del territorio nazionale. Se le condizioni lo permetteranno il “Grande Kurdistan” potrebbe essere una realtà nel giro di pochi anni (Huffington Post, 13 aprile).

La Turchia è sempre più isolata e contemporaneamente sempre più uno stato cruciale nella regione in bilico tra Occidente ed Oriente, tra la tradizione nazionalista laica e quella musulmana, entrambe impregnate di una forte carica di sciovinismo che affonda nell'ideologia neottomana.

La “Ratisbona” di Francesco?
Più di un commentatore è arrivato a definire questo “incidente” tra Santa Sede e mondo islamico come una riedizione della questione di Ratisbona e papa Benedetto.

Il 12 aprile 2015, agli occhi degli osservatori, e a breve degli studiosi, sta dunque al suo pontificato come il 12 settembre 2006 a quello di Benedetto XVI. Non a caso anche allora c’era di mezzo la Turchia, con la fatale citazione dell’imperatore bizantino Manuele Paleologo alla vigilia della caduta di Costantinopoli, e delle sue opinioni sull’Islam, da parte di Ratzinger (Huffington Post, 13 aprile).

Del resto questo è :


Il primo grave incidente diplomatico dell’èra Francesco ha squarciato il velo su una certa ipocrisia che ammantava i rapporti tra la Santa Sede e la Turchia. Relazioni tese da tempo, che di certo un viaggio novembrino tra Ankara e Istanbul, condensato in poco gradite visite al nuovissimo Serraglio dalle mille e più stanze di Erdogan e in lunghe conversazioni con il responsabile per gli Affari religiosi turco, Mehmet Görmez, non hanno migliorato […] Görmez, poi – uomo con fama di moderato e illuminato, ça va sans dire – è colui che la scorsa estate invitò il Pontefice a denunciare pubblicamente gli attacchi alle moschee in Europa: “Non basta lavare i piedi di una giovane donna né organizzare una partita di calcio religiosa. Bisogna prevenire le azioni discriminatorie che hanno per bersaglio chi fa parte di una religione sacra come quella islamica”. Ieri, ha accusato il vescovo di Roma di sostenere “tesi senza fondamento ispirate da lobby politiche e società di pubbliche relazioni” (Il Foglio, 14 aprile).

A riprendere le parole del Gran Mufti è quotidiano filogovernativo Takvim che ha “battezzato” il Papa a tutta prima pagina “Papagan”, cioè un “Pappagallo” che ripeterebbe le «bugie» armene. Attacchi che in Italia il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni ha cercato di contenere affermando che «la durezza dei toni turchi non mi pare giustificata, anche tenendo conto del fatto che 15 anni fa Giovanni Paolo II si era espresso in modo analogo» (Il Messaggero, 14 aprile).

AGGIORNAMENTO (15/04/2015):

Washington si schiera, ma non dice "genocidio"
Nel frattempo dagli USA, l'amministrazione americana si è schierata prudentemente al fianco della Santa Sede «Il presidente (Obama) e altri alti esponenti dell'amministrazione hanno più volte riconosciuto come un fatto storico che 1,5 milioni di armeni furono massacrati negli ultimi giorni dell'impero ottomano e che un pieno, franco e giusto riconoscimento dei fatti è nell'interesse di tutti». Così la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Marie Harf.

Hacker turchi attaccano il sito Vatican.va
Un gruppo di hacker turchi ha rivendicato di aver attaccato nella notte tra lunedi' e martedi' il sito ufficiale della Santa Sede, messo fuori gioco per alcune ore ma gia' tornato alla normalita ieri mattina. E' quanto rivela la testata specializzata 'Techworm', secondo il quale si sarebbe trattato di una rappresaglia – ufficiosa – di Ankara alle accuse del papa sul genocidio degli armeni ad opera dei turchi. Parole che hanno fatto infuriare Ankara. La rivendicazione e' avvenuta sul profilo @YouAnonGlobal2, che fa riferimento ad una delle tante sigle dell'organizzazione Anonymous. Sul profilo e' presenta anche una nuova minaccia: "le azioni" di disturbo contro il sito del Vaticano "in risposta alla dichiarazione del Papa continueranno" fino a quando la Santa Sede non chiedera' scusa ufficialmente (Agi, 15 aprile).  

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