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Scrive un articolo per lo Sporting Times e un altro per il Church Times e confonde le buste

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Ignacio Pérez Tormo - Aleteia - pubblicato il 15/09/15

Chesterton, un giornalista ricco di aneddoti

Gilbert Keith Chesterton ha coltivato una grande varietà di generi, di finzione – come le storie di Padre Brown o L’uomo che fu giovedì – e non – come nel caso di Eretici o Ortodossia.

Dopo aver scritto L’uomo che fu giovedì, Chesterton realizzò la rinuncia della sua vita. Questo racconto gli apportò grande prestigio. Nella società londinese si commentava che Chesterton sarebbe stato un grande letterato, all’altezza di altri come Dickens o Dostoevskij.

A quel punto decise di dare una svolta alla sua vita, che lo portò ad abbandonare questi sogni di grandezza, iniziando la lotta contro lo scetticismo e la difesa di una Chiesa che gli snob ritenevano di operai – di immigrati italiani o irlandesi – e alla quale ancora neanche apparteneva.

Con un ambito narrativo così limitato, rinunciò alla Letteratura, con la L maiuscola, per concentrarsi a trasmettere la sua verità. Passò dall’essere un numero uno a un semplice messaggero, ma questa rinuncia non gli risultò amara, purificando la sua vocazione fino al letto di morte.

Il punto di vista inglese

Nelle sue opere, in genere si confonde Chesterton con il suo mondo. Il suo è un mondo di uomini. I problemi politici sono problemi politici di uomini, e il dilemma religioso è un dilemma religioso propriamente inglese. Ma questo non si verifica solo con Chesterton. Come ha osservato giustamente Julián Marías, gli scrittori inglesi discutono chiaramente su quello che intendiamo in genere per “punto di vista”.

Pochi giorni fa è giunto nelle librerie spagnole il volume Alarmas y disgresiones, raccolta di articoli pubblicati sul quotidiano inglese Daily News tra il 1908 e il 1910, in cui Chesterton non solo osserva, ma prende anche posizione sui temi più vari.

In questa raccolta, il lettore troverà un’apologia del carattere popolare di Dickens, una fiera critica del turismo di massa, una critica dello snobismo, la lamentela per la scarsa attenzione che i poeti avevano prestato a un cibo come il formaggio o la sottolineatura dei futuristi per la loro confusione mentale.

Alcuni di questi articoli si sviluppano in Fleet Street, nei cui club si svolgevano dibattiti intellettuali su temi religiosi o filosofici. Questo ambiente venne assai frequentato da Gilbert K. Chesterton, da suo fratello Cecil e soprattutto da sua cognata, Ada Jones, che arrivò a ricevere il soprannome di Regina di Fleet Street,e dall’amico di Gilbert, Hilaire Belloc. Tutti in qualche momento sono stati editori di periodici, ritenuti il più grande mezzo di trasformazione sociale.

I suoi rapporti con il giornalismo riassunti in un aneddoto

Se Chesterton aveva coltivato vari generi, il giornalismo fu uno dei suoi preferiti, ma non ebbe sempre un rapporto pacifico con i suoi editori.

Apporteremo come aneddoto il consiglio che, se ne avesse l’opportunità, darebbe a un giovane giornalista: “Ora che sono ormai un vecchio giornalista mi viene in mente che il consiglio che darei a uno giovane sarebbe semplicemente di scrivere un articolo per lo Sporting Times e un altro per il Church Times e di confondere le buste”.

Lui lo fece, e fu un gran successo di critica e pubblico.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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