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Le radici di “Risorto” sono in Iraq

Diane Montagna - Aleteia - pubblicato il 19/02/16

Guarda la seconda parte della nostra intervista: la storia del produttore esecutivo Pete Shilaimon

Pete Shilaimon, produttore esecutivo del film Risorto, è uno dei molti iracheni fuggiti dalla patria per vivere la propria fede senza doversi nascondere. Questa è la sua storia (QUI la prima parte dell’intervista).

Diane Montagna: Dicci di più sulla tua famiglia. Hanno lasciato l’Iraq quando tu eri ragazzo?

Pete Shilaimon: Si, avevo cinque anni. Siamo scappati per due ragioni principali. La prima era il regime di Saddam. All’epoca l’Iraq stava per entrare in guerra con l’Iran. E la seconda ragione è stata la libertà religiosa. Siamo caldei e per noi è stato molto difficile vivere la fede al cento per cento senza nasconderla.

Questa era la storia: ero molto piccolo, mia madre ed io uscimmo a prendere del cibo. A quattro o cinque anni i ricordi sono quelli che sono. Ma ciò che ricordo e che ho visto mi ha sconvolto. Eravamo andati a comprare del cibo o qualcos’altro e avevamo con noi dei crocifissi. Mia madre ne aveva uno, che uscì fuori…

La sua collana…

Sì, e l’ha nascosta. Già da piccolo mi veniva detto: “Nascondila”, che per un bimbo di cinque anni fa alquanto strano. Ma fu allora, tornando verso casa, che fu presa a sassate. Doveva costantemente nascondere la sua fede. I miei genitori non volevano continuare a vivere nella paura e nascondere la fede. Oggi sono orgoglioso di indossare il crocifisso, cosa che non potrei fare in molti paesi. Siamo davvero liberi qui, possiamo essere noi stessi.

Sei stato testimone della lapidazione di tua madre a cinque anni.

Sì, è un ricordo che non potrò… È un ricordo che penso nessuno possa mai rimuovere dalla mente. Anche i miei fratelli e le mie sorelle sono qui, e anche loro hanno molti ricordi brutti. È stato proprio un momento devastante, sì che lo è stato. Arrivare in America e trovare la nostra libertà è stato come recuperare la possibilità di far sentire la nostra voce. Fa male vedere tuttora il problema dei rifugiati dalla Siria e dall’Iraq. Due miei zii sono scappati. Uno è in Turchia, l’altro in Germania. Hanno perso tutto. È molto dura. La storia si ripete e siamo sempre allo stesso punto.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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