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L’obiezione di coscienza è stata inventata dai cristiani?

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Shutterstock / CebotariN

Javier Ordovás - pubblicato il 27/04/16

Secondo alcuni giuristi, i primi cristiani sono stati i primi obiettori di coscienza

La cultura si sta decristianizzando, e lo stesso accade a varie legislazioni occidentali.

In questo senso, i cristiani si trovano sempre più davanti a legislazioni collegate a temi verso i quali oppongono problemi di coscienza, il che non è certo una novità nella storia…

Per alcuni esperti giuristi, le prime manifestazioni di un’obiezione di coscienza appaiono con l’arrivo del cristianesimo. I primi cristiani, quindi, sarebbero stati tra i primi obiettori di coscienza, con il loro rifiuto di adorare l’imperatore.

È stato però a partire dalla II Guerra Mondiale che il fenomeno dell’obiezione di coscienza ha acquisito una portata collettiva, identificandosi soprattutto con l’antimilitarismo.

Ci sono due accezioni fondamentali della parola “coscienza”: come conoscenza che si ha di se stessi e delle proprie facoltà e come conoscenza interiore che spinge a distinguere il bene dal male. Nel significato della definizione “obiezione di coscienza” sono contenuti entrambi i modi di intendere il senso del termine.

Quando parliamo di coscienza, ci riferiamo al soggetto individuale e a una facoltà che gli fornisce la nozione della sua identità personale come qualcosa di singolare e unico. La coscienza presuppone la percezione radicale della libertà come qualità della persona, definendosi come la norma che dirige la propria condotta.

Ecco alcuni dei casi più frequenti in cui si presenta il diritto all’obiezione di coscienza:

Obiezione di coscienza al servizio militare. È il caso classico dell’obiezione di coscienza. Si tratta del rifiuto di compiere il dovere legale che impone il servizio militare obbligatorio o la partecipazione di un soggetto individuale a una guerra attraverso il reclutamento forzato.

Obiezione di coscienza medica. Possiamo distinguere due casi: il rifiuto a sottoporsi a un trattamento medico come esercizio dell’obiezione di coscienza da parte del paziente e l’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario di fronte a determinati interventi, o a realizzare una prestazione sanitaria obbligatoria o a cooperare con essa ritenendola contraria alla propria coscienza (pratica dell’aborto, certi programmi di ricerca genetica e biologica, sterilizzazione, eutanasia…).

Anche se diversi organismi internazionali hanno manifestato la necessità di stabilire un’etica delle scienze mediche che rispetti i diritti umani (bioetica), in nessuna assise internazionale è stata menzionata la problematica dell’obiezione di coscienza medica.

Obiezione di coscienza lavorativa. Vi si inquadrano tutti i casi di rifiuto di svolgere qualsiasi dovere collegato a un rapporto lavorativo. In questo senso, i doveri rifiutati derivano in modo diretto o indiretto dagli impegni assunti in precedenza dall’obiettore nel suo contratto lavorativo. È ad esempio il caso di un funzionario che si rifiuta di officiare un matrimonio omosessuale.

Obiezione di coscienza ai seggi elettorali.

Obiezione di coscienza in una giuria.

Obiezione di coscienza in ambito educativo. Si verifica quando avviene uno scontro tra il modello educativo esistente e la coscienza o le convinzioni dei genitori.

Obiezione di coscienza farmaceutica. Si può definire come il rifiuto dei professionisti farmaceutici di dispensare determinati farmaci o prodotti per motivi di coscienza.

Legislazione internazionale sull’obiezione di coscienza

Il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, in cui si legge che “ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.

Nazioni Unite. In base al Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, c’è la competenza di conoscere, esaminare e risolvere le comunicazioni presentate da persone o gruppi di persone.

Ci sono vari testi emanati nel contesto delle Nazioni Unite che hanno prestato attenzione al problema dell’obiezione di coscienza, stabilendo una serie di garanzie.

La Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o sul credo, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ricapitola le definizioni delle normative internazionali precedenti sull’obiezione di coscienza.

La Risoluzione della Commissione sui Diritti Umani del 5 marzo 1987 difende l’idea che l’obiezione di coscienza sia considerata come un esercizio legittimo del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

Il Sistema interamericano di protezione dei diritti umani sottolinea l’opera di protezione della Commissione Interamericana per i Diritti Umani e le garanzie giudiziarie della Corte Interamericana per i Diritti Umani all’interno dell’ambito interamericano. Sono sempre più numerose le associazioni e le organizzazioni statali che difendono il pieno riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza negli Stati dell’ambito interamericano che non lo hanno ancora riconosciuto.

Consiglio d’Europa. Essendo specificatamente raccolto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha piena competenza per risolvere le richieste legate al contenuto del diritto alla libertà personale.

Nel contesto del Consiglio d’Europa ci sono varie raccomandazioni che trattano l’obiezione di coscienza ai vari livelli in cui si può esercitare. In questo modo, il Consiglio d’Europa promulga alcune normative tendenti a garantire l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge che “l’uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà, per prendere personalmente le decisioni morali. L’uomo non deve essere costretto ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso” (n. 1782).

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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