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Papa Francesco: “Dobbiamo tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso”

Papa Francesco scrive a Scalfari

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Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 11/11/16

Un colloquio tra il Papa ed Eugenio Scalfari

«Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi». Lo ha detto Papa Francesco in un colloquio con Eugenio Scalfari pubblicato sul quotidiano «La Repubblica» rispondendo, lo scorso lunedì 7 novembre, a una domanda su Donald Trump. Da notare come il colloquio sia avvenuto alla vigilia del voto americano e dunque prima dei risultati che, smentendo molte previsioni mediatiche, hanno portato Trump alla Casa Bianca.

Bergoglio, secondo quanto riferisce il giornalista, ha detto che la sua preoccupazione principale in questo momento nel mondo è per i profughi e gli immigrati, «in piccola parte cristiani ma questo non cambia la situazione per quanto ci riguarda, la loro sofferenza e il loro disagio; le cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere».

Purtroppo, ha continuato il Pontefice, «molte volte sono provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei Paesi ricchi i quali temono l’accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi poveri. È un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso, ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescere la libertà e i diritti. Maggiori diritti e maggiore libertà… Quello che noi vogliamo è la lotta contro le diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. È il denaro che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere e a favorire quindi l’eguaglianza».

Francesco, secondo quanto riferisce Scalfari, ha quindi osservato che le diseguaglianze incoraggiano «il movimento di molti popoli da un paese all’altro, da un continente ad un altro. Dopo due, tre, quattro generazioni, quei popoli si integrano e la loro diversità tende a scomparire del tutto». Bergoglio si è anche detto d’accordo nel definire «meticciato» questo processo e ha ripetuto di non pensare a una società di tipo marxiano: «La mia risposta è sempre stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i Barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l’uguaglianza e la libertà».

Il Papa, parlando dei movimenti popolari e del ruolo anche politico che secondo lui dovrebbero assumere, non ha «mai pensato a guerra ed armi. Il sangue sì, può essere sparso, ma saranno eventualmente i cristiani ad essere martirizzati come sta avvenendo in quasi tutto il mondo ad opera dei fondamentalisti e terroristi dell’Isis, i carnefici. Quelli sono orribili e i cristiani ne sono le vittime».

Bergoglio ha  quindi spiegato che «noi cristiani siamo sempre stati martiri, eppure la nostra fede nel corso dei secoli ha conquistato gran parte del mondo. Certo ci sono state guerre sostenute dalla Chiesa contro altre religioni e ci sono state perfino guerre dentro la nostra religione. La più crudele fu la strage di San Bartolomeo e purtroppo molte altre analoghe. Ma avvenivano quando le varie religioni e la nostra, come e a volte più delle altre, anteponevano il potere temporale alla fede e alla misericordia».

Francesco ha osservato che i cristiani hanno «diffuso la fede prendendo esempio da Gesù Cristo. Lui fu il martire dei martiri e gettò all’umanità il seme della fede. Ma io mi guardo bene – ha aggiunto – dal chiedere il martirio a chi si cimenterà ad una politica orientata verso i poveri, per l’eguaglianza e la libertà. Questa politica è cosa diversa dalla fede e sono molti i poveri che non hanno fede. Hanno però bisogni urgenti e vitali e noi dobbiamo sostenerli come sosterremo tutti gli altri. Come potremo e come sapremo».

Infine, il Papa ha risposto a una domanda sugli «avversari dentro la sua Chiesa». «Avversari non direi. La fede ci unifica tutti. Naturalmente ciascuno di noi individui vede le stesse cose in modo diverso; il quadro oggettivamente è il medesimo ma soggettivamente diverso».

QUI L’ORIGINALE

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