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I “Santi Pazzi” per Cristo e la meraviglia che ispirano

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Anna O'Neil - pubblicato il 02/02/17

Quello che sembrano avere in comune è una completa noncuranza per la difesa della propria dignità – ed erano tutti profondamente santi

La leggenda dice che fra’ Ginepro tornava così spesso nudo al monastero per aver dato ancora una volta i propri vestiti ai mendicanti che i suoi superiori alla fine gli proibirono con decisione, per santa obbedienza, di regalare di nuovo i suoi abiti. Ginepro ascoltò e annuì solennemente, ma il giorno dopo corse da un pover’uomo che tremava avvolto in pochi stracci. “Amico mio”, gli disse, “non posso darti il mio mantello, ma” – e qui sorrise e ridusse il tuo tono di voce a un sussurro cospiratore – “se tu me lo togliessi non ti fermerei di certo!”

Beato Ginepro, santo patrono delle scappatoie. Ho chiamato il mio primo figlio come lui, ammirando il suo buonumore e il suo amore per i poveri. E sono sempre stata affascinata dal carisma del Pazzo per Cristo.

Questi Santi Pazzi sono una cerchia strana. Prendono il loro nome da San Paolo – “Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini” (1 Corinzi 1, 25). Oltre a fra’ Ginepro ci sono San Filippo Neri, che comparve a una festa importante con solo metà della barba rasata, e San Francesco, che cantava per strada e predicava agli uccelli. Nel cattolicesimo orientale sono ancor di più.

C’è Santa Xenia di Pietroburgo, che fu volontariamente una senzatetto per 45 anni e indossava solo l’uniforme militare del marito defunto; ci sono San Basilio, taumaturgo di Mosca che non indossava altro che catene, e San Simeone Salos, santo patrono dei Santi Pazzi, noto per le sue guarigioni miracolose ma che spesso finse di essere mentalmente malato e una volta spense le luci e gettò nel panico le persone presenti in chiesa.

Quello che sembrano avere in comune tutti questi personaggi è una completa noncuranza per la difesa della propria dignità. Permettevano che gli altri li fraintendessero, li deridessero e pensassero che erano pazzi. Non desideravano il rispetto e l’ammirazione di nessuno, ed erano soddisfatti della misericordia di Dio. Molti operavano miracoli, ed erano tutti profondamente santi.

Ritengo questi personaggi tanto attraenti quanto terrificanti. Terrificanti perché anche l’umiltà “di base” a me non risulta affatto naturale, attraenti perché so perfettamente che avevano le priorità giuste e io non le ho. Per loro Dio era talmente più importante dell’ammirazione umana che dimenticavano completamente di salvaguardare la propria dignità. Non sembrava importante se paragonato a quello che amavano davvero.

Non è facile allineare le proprie azioni alle convinzioni che si nutrono. Professiamo di credere in una vita eterna dopo la morte ma ci preoccupiamo molto più della nostra immagine sui social media che della nostra vita di preghiera.

So che Dio non mi sta chiamando a imitare la vita di Santa Xenia. Una delle cose che amo di più dell’essere cattolica è il fatto di capire che ci sono tanti modi unici per raggiungere la santità quanti sono gli uomini e le donne, unici anch’essi. Dio ha un progetto diverso per ciascuno di noi, e imitare un santo particolare fin nei dettagli più specifici in genere non è utile. Ma c’è qualcosa dei Santi Pazzi che potremmo tutti imitare.

Possiamo imitarli non necessariamente facendo ciò che hanno fatto loro, ma cercando di adottare il loro atteggiamento nei confronti della vita. Quanto sarebbe diversa la nostra esistenza se agissimo davvero come se Cristo fosse per noi più importante di tutto il resto? Probabilmente trascorrerei meno tempo su Facebook e più tempo con la mia famiglia. Probabilmente pregherei dieci volte di più di quello che faccio e sarei molto meno riluttante a dire agli estranei che sono cattolica anche quando so che per questo mi escluderanno. Ci vuole una vita per arrivare ad agire come se Dio fosse al primo posto nella nostra lista di priorità, ma non importa quanto tempo serve – è un obiettivo su cui dovrei lavorare ogni giorno. Beato Ginepro, e tutti i Santi Pazzi, pregate per noi!

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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