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Dal deserto alla montagna: quando Gesù si è riempito di luce

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Staff/Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 13/03/17

Nella vita ci sono momenti di luce che sono fari che ci sostengono nelle tappe più dure del cammino

Gesù chiama tre discepoli perché salgano con Lui su una montagna. Erano sicuramente quelli a Lui più vicini. Con loro aveva un’intimità speciale. In loro riposa: “In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte”.

Il cammino va dal deserto alla montagna. Il Tabor è un monte alto in Galilea. Le altre montagne sono più basse. Gesù lascia la valle, il deserto e il mare e porta quelli che voleva su una montagna alta.

Domenica scorsa Gesù era nel deserto, questa domenica è su una montagna. Dopo il Tabor Gesù si metterà in cammino verso Gerusalemme, dove morirà e risusciterà. Dopo il Tabor inizia il cammino, lasciando la pace del monte.

Sul Tabor Gesù prende forza, riposa e incontra l’amore di Suo Padre. E condivide quel momento con i suoi amici: “E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”.

Vuole stare con loro e regalare anche a loro quel momento di luce perché lo custodiscano dentro di sé. Perché ne facciano tesoro. Perché dia loro forza nel cammino, nella croce. Nell’orto, nel dubbio. Perché non dubitino nella notte di quello che hanno visto chiaramente durante il giorno.

Poco prima hanno sentito che la morte di Gesù è ormai prossima. Hanno paura della morte. Sul Tabor, luogo di luce in mezzo alla vita, trovano la pace. Fanno silenzio.

Credo che nella vita io abbia momenti di luce che sono fari che mi sostengono nei momenti più duri del cammino. Momenti di montagna che custodisco dentro di me per trarne acqua quando sono perduto.

Sul Tabor mi sento pieno, felice, amato. Davanti a Dio comprendo un po’ di più la mia vita. Credo di dover approfittare di quei momenti di cielo per avere forza nei momenti di debolezza. Di croce. Di Golgota. Quanto amava Gesù i suoi amici! Quanto ne aveva bisogno! Mi piace vedere così Gesù, tanto umano. Vuole stare con suo Padre. Vuole stare con Pietro, Giovanni e Giacomo. Vuole stare con me.

Il Tabor è un po’ una pausa in mezzo alla vita quotidiana, un momento di riposo, per prendere le forze per il cammino. Ed è anche un po’ un vivere in anticipo quelli che saranno la resurrezione e il cielo.

È bello pensare che i momenti di Dio più intensi della mia vita saranno così. Riposare in mezzo alla vita e prevedere quello che sarà la mia vita in pienezza. Prendere le forze per la quotidianità. Incontrare Lui, stare da soli con Lui. Riposare in Lui dalle mie inquietudini e dalla vita quotidiana. È il posto in cui sono più me stesso.

Sul Tabor Gesù si mostra com’è. In mezzo alla luce. I momenti di luce della mia vita mi mostrano in piccolo quello che sarà, quello che verrà, e mi riempiono di speranza. Sono fatto per la luce, per la vita, per la pienezza, ed è questo che intuisco sul Tabor.

Vedo la mia vita in modo più nitido. Vedo Dio faccia a faccia. Vedo chi sono e chi è Dio per me. Il monte mi dà un momento per guardare la mia vita in prospettiva. Lì i problemi sono più piccoli. Guardo lontano. Guardo a fondo. Guardo partendo da Dio.

Gesù viveva in mezzo agli uomini, ma cercava momenti e luoghi in cui vivere in intimità con il Padre. Lì riposa tra le sue mani. Parla e sta con Lui. Qual è il luogo in cui riposo? Il luogo del mondo in cui incontro il Dio della mia vita?

La montagna, il monte Tabor, irrompe in mezzo alla vita quotidiana. Il paesaggio e il ritmo si spezzano. Dalla montagna il cielo è più vicino. Dalla montagna, il paesaggio diventa più piccolo e posso guardare lontano.

Penso che il cielo abbia a che vedere con il fatto di arrivare sul monte e riposare, dopo essere saliti sulla montagna, già stanchi. Ha a che vedere con l’arrivare e il riposare. Con il guardare il paesaggio con più profondità e dall’alto.

E la preghiera è salire sul monte per un momento. Salire in cielo. Per questo comprendo tanto bene Gesù. Diceva padre Kentenich: “Per la via delle virtù raggiungeremo solo certi livelli nella vita spirituale. Per salire più in alto è necessario ricevere i doni dello Spirito. È necessario che operino in noi i doni dello Spirito Santo” [1].

Ho bisogno della forza di Dio nell’anima per sognare le vette, per vivere sulle vette. La conversione avviene in me solo se Dio opera il miracolo. La forza del suo Spirito che mi cambia dentro e mi rende più capace di amare, di perdonare, di guardare.

Salire sul Tabor significa permettere che Dio con il suo fuoco cambi il mio cuore per sempre. Mi regali uno sguardo puro sulla mia vita, sulle persone. Riempia il mio cuore di speranza e mi renda capace di quello che ora mi sembra impossibile.

Gesù mi porta sul Tabor per poter vivere poi con passione la mia vita. Mi dà speranza. Gesù non resta lassù. Neanch’io. Scendo con Lui e questo mi dà pace. Scende con me, nella mia quotidianità, per continuare a camminare al mio fianco. Per ricordarmi il tempo del Tabor.

[1] J. Kentenich, Envía tu Espíritu

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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