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Spiritualità
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I cristiani possono pregare usando le posture e le posizioni yoga?

YOGA PREGHIERA CRISTIANI

Gabriel Garcia Marengo CC

Vicente Jara - pubblicato il 08/06/17

Si potrebbe ricorrere alla parte meramente tecnica, privata di ogni componente spirituale, ma…

In seguito ad alcune recenti dichiarazioni episcopali, vogliamo affrontare la delicata questione sulla possibilità – da parte dei cristiani – di utilizzare o meno le tecniche dello yoga, se private della loro componente religiosa induista o buddista.

La complessità dell’argomento dovrebbe portarci a confrontarlo con quanto dichiarato dalla Congregazione della Dottrina della Fede nel 1989.

La conclusione della presente analisi è che è possibile praticare yoga, ma a condizioni talmente esigenti da non consentirne l’uso incontrollato che molti cristiani ne fanno. Ecco perché vogliamo offrirvi alcune indicazioni a riguardo.

Chiarimenti del vescovo di Avila (Spagna) sullo yoga

Lo scorso aprile Jesus Garcia Burillo, vescovo della Diocesi di Avila – sede fondamentale del misticismo cristiano, in particolare per la figura di Santa Teresa di Gesù – si è rivolto prima ai membri della sua diocesi, e poi al resto dei fedeli nel mondo. Non bisogna dimenticare questo contesto.

Il vescovo di Avila ha detto che “oggi molti cristiani si chiedono se alcune pratiche orientali, come lo yoga, siano compatibili con la fede cristiana, e se siano un valido metodo di preghiera“.

Spiegando il significato dello yoga, ha detto che il suo obiettivo è di “sottomettere il potere del corpo e dell’anima, e portare la mente all’assoluta tranquillità interna e all’estasi, raggiungendo l’unione con l’universo o con la divinità (Brahma, Shiva, Vishnu)”. È chiaro che questo aspetto non è cristiano.

Poi afferma che “l’anima si trova come in una nuova dimensione, in uno stato di tranquillità e pace che lo yoga considera il fine ultimo, per raggiungere quindi la felicità dell’uomo”.




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Sebbene questo linguaggio possa sembrare simile a quello usato dai cristiani, il senso di pace e tranquillità del buddismo o dell’induismo è diverso dalla Pace che offre Cristo Risorto, o dalla Felicità che si vive nella religione cristiana. Di conseguenza non bisogna confonderne il contenuto semantico.

Il Vescovo Avila ha detto che chi pratica yoga “a livello fisico raggiunge – per mezzo di posture del corpo talvolta difficili – resistenza, tencia, armonizzazione del sistema nervoso, controllo del respiro; inoltre, a livello psichico, si scarica ogni immaginazione e fantasia inutile“.

Ha poi sottolineato: “Ma queste tecniche o vie di spiritualità non appartengono alla mistica cristiana. La mistica cristiana, con le sue diverse scuole (carmelitani, domenicani, gesuiti, francescani…), è caratterizzata da un influsso costante dei doni dello Spirito Santo nella vita del cristiano.

La mistica cristiana ha quindi luogo sempre grazie all’influsso dallo Spirito Santo, benché sia necessaria la collaborazione umana, e si sperimenta soprattutto nella preghiera contemplativa, ma anche nelle attività quotidiane del cristiano, anche in quelle più difficili.

A differenza di quella citata prima, le caratteristiche della mistica cristiana sono le seguenti: […] l’iniziativa viene da Dio, è una grazia, anche se la libertà umana è centrale; […] meditazione dei misteri divini; esperienza di Dio, perché si ha consapevolezza di essere in contatto immediato con Dio, anche se questo stato potrebbe non essere sempre confortante, come nella notte oscura di Giovanni della Croce; la preghiera, […] il dialogo personale, intimo e profondo tra l’uomo e Dio; la carità (perché ogni preghiera contemplativa è relazionata all’amore del prossimo) e l’ortodossia (perché la vita mistica cristiana è pienamente coerente con il Magistero della Chiesa, sia a livello dogmatico che morale)“.

In sostanza, la distinzione è chiara, come dice il vescovo; ci sono “grandi differenze tra l’una e l’altra e non possiamo dimenticarne “la diversa natura“.

Ecco perché il vescovo di Avila, conoscendo magistralmente la preghiera cristiana, sostiene che “la mistica dei santi Teresa d’Avila e Giovanni della Croce e di molti altri santi contemplativi, come sappiamo molto bene ad Avila, è il modello della mistica cristiana [… ] bisogna distinguere chiaramente tra l’una e l’altra mistica”.

La parte del testo che ha più bisogno di chiarificazione

Nella stessa lettera diocesana il vescovo di Avila, come detto sopra, ha fatto riferimento alle posture del corpo, al controllo della respirazione, all’armonizzazione e all’eliminazione delle immaginazioni e delle fantasie.

A tal riguardo la lettera aggiunge: “Tecniche che sono di tutto rispetto e che possono fare del bene alle persone che le praticano, anche ai cristiani che utilizzano alcune delle tecniche proposte senza condividerne necessariamente l’obiettivo finale e mantenendo la fede in Dio e il primato dello Spirito Santo“.

In definitiva il vescovo sostiene che la parte tecnica dello yoga – per esempio le posture del corpo – può essere praticata, a condizione che non si faccia propria l’ideologia buddista o induista.




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In altre parole, benché sia stato detto che questa pratica non è cristiana, si sostiene anche che le posture del corpo, il rilassarsi, la respirazione ritmica, ecc. possono essere praticate, a condizione che la preghiera sia rivolta a Dio Padre, a Dio Figlio, e a Dio Spirito Santo, nella grazia di Dio, nella tradizione della Chiesa, in fedeltà al Magistero.

Personalmente penso che questa sia la parte più complessa del testo del vescovo Jesus Garcia Burillo, e alcuni cristiani potrebbero restare nel dubbio e nell’incertezza, quindi vogliamo offrire qualche chiarimento.

Le domande che sorgono sono le seguenti: usare queste posture yoga non crea confusione? Non si stanno introducendo subdolamente l’induismo e il buddismo? È possibile estrarre dallo yoga, nato in seno alle filosofie orientali, l’aspetto meramente tecnico o posturale? Non sono forse collegati tra loro, inscindibili, perché in Oriente ogni cosa – postura, respirazione, silenzio, ecc – è connessa con la religiosità?

Prima di rispondere citiamo anche alcune posizioni recenti di altri vescovi.

Chiarimenti dell’episcopato cattolico siro-malabarese dell’India in merito allo yoga

Nel gennaio 2017 anche i vescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese, rivolgendosi ai cristiani cattolici che vivono in India, hanno fatto alcune dichiarazioni a riguardo.

E, ancora una volta, bisogna interpretare il contesto di queste frasi, dal momento che non possiamo dimenticare il luogo in questione: la culla dell’induismo e del buddismo, un paese impregnato di queste religioni, in cui molti bambini a scuola ricevono obbligatoriamente lezioni di yoga.

Da questo consegue che le linee guida qui date potrebbero risultare diverse da quelle per i cattolici ad Avila, in Spagna, o in un altro paese dell’Occidente. Ma questo non altera il punto centrale, trattandosi di un episcopato in comunione con la fede cattolica:

Analizziamo alcune dichiarazioni dei vescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese in India:

“Lo yoga è una pratica utile e benefica per il corpo e per la mente, ma non bisogna confonderla con la spiritualità. […] Lo yoga non è un mezzo per essere in contatto con il divino, sebbene possa contribuire alla salute fisica e mentale. […] deve essere considerato come un esercizio fisico, una posizione atta a concentrarsi o a meditare. […] L’esperienza della divinità non avviene attraverso una particolare posizione. […] I vescovi non considerano lo yoga come una via mistica o esoterica alla vita spirituale. […] Il Dio in cui crediamo è un Dio personale. Dio non è qualcuno che può essere raggiunto attraverso una particolare posizione del corpo. Sarebbe sbagliato pensare che l’esperienza di Dio e l’incontro personale con il Signore siano possibili attraverso lo yoga”.

Sono, come possiamo vedere, dichiarazioni pienamente in linea con quelle precedenti del vescovo di Avila. Ma ciò che ci interessa qui è se venga detto qualcosa in merito all’aspetto più controverso della questione. Ci riferiamo alla pratica di queste tecniche da parte dei cattolici.

Su questo argomento Padre Paul Thelakat, portavoce del Sinodo, ha dichiarato: “Lo yoga indiano è un metodo accettabile e utile per la concentrazione, la meditazione e il benessere olistico del corpo e della mente”.

Questo sacerdote, portavoce del Sinodo, pratica yoga, lui stesso è indiano, ma sostiene senza ambiguità che lo yoga non è “una via trascendente al divino”.

Riteniamo che questo aspetto sia essenziale, considerando l’origine di chi ha posizione. Perché un conto è essere sacerdote, con una forte educazione cristiana, vivere in fedeltà al Magistero e alla tradizione della Chiesa, essere nato in un paese come l’India, formato in tale contesto, ed essere in grado di ripulire lo yoga da ogni aspetto religioso indù o buddista, usandolo come metodo per rilassarsi… ma niente di più; sarebbe ben diverso se a dire una cosa del genere fosse un occidentale, nato in Europa o in America, che vive all’infuori di un contesto religioso asiatico. Cerchiamo di chiarire un po’ meglio questo aspetto.


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Chiarimenti della Congregazione della Dottrina della Fede

Il miglior documento sullo yoga è del 1989, firmato da Joseph Ratzinger: una “lettera ai vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana”. Questo documento è il quadro di riferimento per chiarire tutto quanto è stato scritto sopra. Il documento è stato firmato il 15 ottobre 1989, festa di Santa Teresa di Gesù (o d’Avila), dal cardinale Joseph Ratzinger.

Tra le altre cose, questo documento afferma:

“La preghiera cristiana è sempre determinata dalla struttura della fede cristiana, nella quale risplende la verità stessa di Dio e della creatura. Per questo essa si configura, propriamente parlando, come un dialogo personale, intimo e profondo, tra l’uomo e Dio. Essa esprime quindi la comunione delle creature redente con la vita intima delle Persone trinitarie. In questa comunione, che si fonda sul battesimo e sull’eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, è implicato un atteggiamento di conversione, un esodo dall’io verso il Tu di Dio. La preghiera cristiana quindi è sempre allo stesso tempo autenticamente personale e comunitaria. Rifugge da tecniche impersonali o incentrate sull’io, capaci di produrre automatismi nei quali l’orante resta prigioniero di uno spiritualismo intimista, incapace di un’apertura libera al Dio trascendente. Nella Chiesa la legittima ricerca di nuovi metodi di meditazione dovrà sempre tener conto che a una preghiera autenticamente cristiana è essenziale l’incontro di due libertà, quella infinita di Dio con quella finita dell’uomo”.

Successivamente, in merito alla preghiera cristiana, il documento cita le preghiere bibliche, specialmente i salmi, le preghiere del Nuovo Testamento e il Padre Nostro, la preghiera che Gesù stesso ha suggerito per cercare di parlare con Dio Padre.

La lettera sostiene che la preghiera debba essere radicata nella vita, nelle parole e nelle opere di Gesù Cristo, nella Sua Passione e Risurrezione; che debba essere rivolta alla Trinità; che debba essere rafforzata nei sacramenti, nella carità e nella comunità ecclesiale.

Oltre a mettere in guardia sul disprezzo del corpo (più comune in Oriente) e a ricordare che il cristianesimo lo considera cosa buona in quanto creazione di Dio, il documento sottolinea che non si può pensare di controllare Dio praticando determinate tecniche, né che l’obiettivo di queste debba essere la ricerca di sensazioni emotivamente forti.

È anche critico con l’idea di pensare a Dio come ad un qualcosa così totalizzante da farci perdere la nostra identità, al punto che sostiene ci sia differenziazione anche in Dio stesso; la Trinità, pur essendo un solo Dio, ha tre Persone distinte.

Ecco perché è un tratto della bontà di Dio che le persone siano delle creature diverse, che mantengano per sempre la propria unicità e differenziazione, anche nella vita della grazia e nel Regno dei Cieli.

Il documento della Dottrina della Fede, nella sua interezza, indica la coerenza di tutto quanto detto dagli episcopati menzionati precedentemente.

Chiedendoci se questa lettera del 1989 facesse riferimento circa la pratiche di tecniche quali lo yoga, abbiamo trovato alcune dichiarazioni interessanti. Il documento afferma, seguendo le lettere neo-testamentarie di Paolo e Giacomo, che la Chiesa non può respingere ciò che di buono c’è in altri luoghi, in altre culture, in altre religioni.

E dice che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni“, citando il Concilio Vaticano II. Continua sostenendo che “si potrà al contrario cogliere da esse ciò che vi è di utile, a condizione di non perdere mai di vista la concezione cristiana della preghiera“. E afferma che questa è una cosa che la Chiesa ha fatto fin dai primi secoli.

E continua dicendo che solo in questo modo, “all’interno di questa totalità che quei frammenti dovranno essere riformulati ed assunti“. Cioè bisogna prendere dei piccoli pezzi, dei frammenti, dopo essere stati riformati.

Spiega queste parole con diversi esempi. In Oriente, prima del cristianesimo, già si parlava della purificazione, dell’illuminazione e dell’unione con la divinità; ma queste tre fasi sono state riformulate dal cristianesimo.

Così, continua, nel cristianesimo la purificazione ha a che fare con la conversione dal peccato a Gesù Cristo, e per la grazia di Cristo; l’illuminazione è soprattutto l’illuminazione ricevuta nel battesimo; infine, l’unione è una grazia che Dio dà e la riceviamo tramite la comunione, nella messa, se in stato di grazia. Come possiamo vedere, nel cristianesimo questa triplice terminologia raggiunge la pienezza che prima non aveva.

Un altro esempio esplicativo che offre il documento è la preghiera dei Padri del deserto legata alla respirazione, chiamata Preghiera del Cuore; una ripetizione continua e costante – tenendo conto del ritmo della respirazione e del cuore –della preghiera biblica “Signore, abbi pietà di me, peccatore“. Una preghiera che utilizza la respirazione ma che è una preghiera nettamente cristiana.




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Il testo firmato dall’allora cardinale Joseph Ratzinger non nega che queste tecniche siano di aiuto: “posizione e l’atteggiamento del corpo non sono privi d’influenza sul raccoglimento e la disposizione dello spirito […] riconoscendone al contempo anche il valore relativo“.

E, andando avanti, consideriamo le seguenti affermazioni: “‘è chi si rivolge oggi a tali metodi per motivi terapeutici” e menziona la “calma interiore” e “l’equilibrio psichico“. Ma afferma anche che “questo aspetto psicologico non sarà considerato nella presente Lettera, che intende invece evidenziare le implicazioni teologiche e spirituali della questione”.

Dice anche che “autentiche pratiche di meditazione provenienti dall’Oriente cristiano e dalle grandi religioni non cristiane, […] possano costituire un mezzo adatto per aiutare l’orante a stare davanti a Dio interiormente disteso, anche in mezzo alle sollecitazioni esterne“.

Per concludere, i documenti dei vescovi di Avila in Spagna e in India, sono in perfetta sintonia con questa lettera del 1989 della Dottrina della Fede, valida per tutta la Chiesa.

Conclusioni finali

  • Risulta chiaro e senza dubbio che la religiosità indù e buddista dello yoga sia contraria al cristianesimo e, in molti aspetti, profondamente diversa.
  • C’è da dire che, nell’induismo e nel buddismo, le posizioni dello yoga hanno un profondo significato religioso.
  • In Oriente, a differenza dell’Occidente, esiste una completa unione tra forma e contenuto: tra le posizioni, la respirazione e il loro significato; pertanto differenziare le une dall’altro è molto complicato dal punto di vista di queste religioni.
  • La Chiesa è in grado di distinguere – grazie al discernimento dello Spirito Santo – le une dall’altro e purificare le posizioni yoga (o almeno alcuni dei suoi elementi tecnici) dal loro significato religioso originario.
  • Le posizioni yoga, soltanto in quanto tecniche corporali e private degli elementi religiosi, potrebbero essere praticate, a piccoli “frammenti”, dopo essere state riformate.
  • Questo discernimento deve essere fatto da persone molto capaci ed espertee, in obbedienza alla Chiesa, alla sua Tradizione e al Magistero.
  • Detto questo, riflettiamo su questo con un esempio inverso: ai cristiani andrebbe bene se gli indù si facessero il segno della Santa Croce, ma spogliato del significato cristiano, e invece di dire “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” facessero con la mano lo stesso identico segno dicendo però “nel nome di Brahma, di Vishnu e di Shiva“? In questo modo il gesto potrebbe essere privato del suo significato cristiano, e gli indù potrebbero darne uno proprio. Ma penso che creerebbe confusione nei credenti indù, e anche i cristiani si sentirebbero addirittura insultati nel vedersi privati di una serie di movimenti autenticamente nostri che fanno però riferimento agli dèi dell’induismo. E si potrebbero fare molti altri esempi in tal senso.
  • Personalmente credo che lo yoga stia creando molta confusione tra i cristiani, che stia portando al sincretismo e molte persone tendono a praticarla senza un’adeguata formazione cristiana, e senza soddisfare i menzionati requisiti di fedeltà ecclesiale; persone che spesso non si accostano regolarmente ai sacramenti, magari con un cristianesimo vissuto liberamente e senza la guida di un direttore spirituale che le aiuti ad avere una direzione corretta.



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  • Bisogna essere prudenti e fare attenzione a realtà delicate – quali le posizioni yoga, puramente orientali e religiose – che possono causare confusione tra i cristiani.
  • Nei (rari) casi di persone con delle forte basi, è possibile praticare yoga nelle condizioni espresse prima. Cito l’esempio del portavoce indiano, come da lui stesso detto per esperienza personale.
  • D’altro lato, i cristiani non potrebbero cercare altre tecniche “neutre” per rilassarsi, per distendere muscoli e articolazioni… e per pregare? Forse non abbiamo altre tradizioni in materia di posizioni, che non siano orientali? E se non dovessimo trovarne, non sarebbe possibile ricorrere ad esperti di ginnastica per farsi suggerire metodi di rilassamento – persino migliori – che contribuiscano alla serenità del corpo? Indubbiamente sì, e senza aver nulla a che fare con lo yoga. Perché se l’unica cosa che si può prendere dallo yoga è l’aspetto posturale, i ritmi della respirazione, ecc, si può ricorrere ad esperti della ginnastica, dell’atletica, dell’anatomia e della fisioterapia per farsi consigliare degli esercizi “neutri”, oltre a recuperare delle tradizioni cristiane che già esistono e che sono state praticate per secoli.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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