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Visioni e monizioni di Francesca Saverio Cabrini. Ecco perché il Papa la ama così tanto

Santa Francesca Cabrini

© Public Domain

Emilia Flocchini - La Croce - Quotidiano - pubblicato il 22/12/17

Cent'anni fa moriva la donna che fin dagli anni ’50 del Novecento viene invocata come patrona dei migranti, per il suo instancabile fare la spola tra vecchio e nuovo mondo. La si direbbe un'anima irrequieta, eppure i suoi scritti rivelano invece un fiammeggiante cuore di mistica. Alcuni non se lo sarebbero mai aspettato…

Se si riflette bene, tutti i santi sono stati anche dei mistici, ovvero hanno vissuto intensamente la loro unione con Dio. Molti di essi sono però più famosi per le opere che hanno lasciato tramite le congregazioni da loro fondate. Questo è anche il caso di santa Francesca Saverio Cabrini, fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, che il 22 dicembre di cent’anni fa, a Chicago, rendeva l’anima a Dio. Giustamente è nota per aver varcato l’oceano più e più volte, dopo che papa Leone XIII l’esortò a partire non per la Cina, come sognava ancora ragazzina, ma per gli Stati Uniti d’America. La sua prossimità agli emigranti l’ha poi resa loro patrona ufficiale, a partire dal 1950. Eppure, basta dare uno sguardo ai suoi scritti più intimi per scoprire un lato di lei apparentemente insospettabile.

Con il titolo di «“Pensieri” e Propositi» sono stati editi, nel 1982, gli appunti presi durante alcuni ritiri, ma anche delle esperienze eccezionali che contribuirono a rafforzare madre Cabrini ad agire secondo la volontà di Dio. Specialmente i «Pensieri trovati in un libro misterioso che mi fecero impressione», secondo il titolo dato dall’autrice stessa, meravigliano per come a lei siano state concesse consolazioni particolari dagli stessi abitanti del Paradiso. Secondo uno schema tradizionale, non riferisce di sé in prima persona: parla piuttosto di «un’anima» o «una serva di Dio».

Scrive ad esempio nelle prime pagine:

Stavasi un’anima tribolata per non saper che decidere sull’accettare o no un’opera di grande gloria di Dio nel timore di esporre troppo a pericoli le sue suddite, quando, nel massimo dell’amarezza, mentre supplicava caldamente nostro Signore esposto sull’altare a darle lume chiaro, vide la santa ostia trasformarsi in una gran luce e posarsi sopra un globo che rappresentava il mondo. Indi il globo venne girando innanzi agli occhi di quella persona mostrandogli con vivi sentimenti intimi il Signore le immensità dei luoghi in cui doveva portare l’opera sua per la di lui gloria. Non poté però per allora capire quale fosse il nome di quei paesi lontani, perché erano descritti con caratteri e lingue straniere ch’ella non conosceva punto; restò però più animata a intraprendere quanto allora le si offriva. Titubando tuttavia entro sé stessa per vedersi incapace a tutto e priva del vero spirito che si richiede all’apostolato, le si fece vedere di nuovo la Vergine SS. col Santo Bambino in braccio e tenendo in una mano il mondo appeso ad un occhiello per mezzo del quale lo baloccava come appunto si farebbe di una palla e diceva intanto alla figlia sua: Di che temi, mentre vedi che tutto sta nelle mie mani ed io posso farne di che voglio dell’orbe intero; se t’aiuto, continuò, di che temerai? Quell’anima rimase molto consolata e animata alla grande impresa.

Un’altra pagina che ricorda quanto accaduto a personaggi come, ad esempio, santa Caterina da Siena, è quella che riguarda lo scambio dei cuori. Annota madre Cabrini:

Mentre un’anima stava sfogandosi in santi affetti verso Gesù. Egli le mostrò il suo amabilissimo Cuore dicendogli: Mia diletta, il tuo cuore è mio, lo voglio per me in perpetuo e però te lo levo dal petto perché d’ora innanzi tu non operi che col mio. E in sì dicendo quell’anima sentì toglierselo dal petto a grande forza e poi per più di un anno ebbe sussulti in quella parte, insoliti, sui quali anche i medici non sapevano che dire. Da quel punto anche sentivasi quell’anima come languire d’amore pel suo diletto, specialmente ogni volta che stava innanzi all’immagine del Sacro Cuore che pareva sempre gli parlasse e teneramente la guardasse.

Dall’esterno, nessuno o quasi si accorgeva di quel che accadeva dentro di lei. Anzi, se qualche suora provava a farle domande, abilmente sviava il discorso. Quei “sogni” o visioni, come già detto, la rafforzavano nella missione che aveva abbracciato e che già tante volte aveva subito ostacoli o incomprensioni.

Non potendo avere un direttore spirituale fisso, a causa della sua vita itinerante, madre Cabrini svolgeva ugualmente delle giornate di ritiro. Così pregava, ad esempio, il 2 dicembre 1886:

Mio Gesù aiutami, a tutto mi assoggetto per servirti fedelmente e per guadagnare anime al tuo Amor Santo. Potessi allargare le braccia e abbracciar il mondo per dartelo, quanto sarei contenta. Oh io allora sarei soddisfatta, ma vedi bene, sono misera, sono ignorante, son poverella! Mostrami però la via e tutto farò se tu mi aiuti tutto potrò!

«Omnia possum in eo qui me confortat», «Tutto posso in colui che mi dà la forza», come scriveva san Paolo ai Filippesi, era infatti non solo uno dei suoi versetti biblici prediletti, ma uno sprone per non cedere mai a nessuna avversità.

Alla Vergine Maria, che da sempre venerava con affetto e che considerava reale fondatrice del suo istituto, ricorreva con frequenza, specie per maturare nella virtù dell’umiltà, ma non solo. Nell’ultimo proposito del ritiro del 19 ottobre 1889, infatti, riflette su quale sia la sua missione:

Maria SS. è la nostra Madre di grazia. La sua Missione non si estende a una sola terra o nazione, Ella è madre di tutti e la sua Missione si estende sino agli ultimi confini del mondo; tutte le anime le appartengono, per tutte si interessa, per tutte vive, per tutte lavora, per tutte soffre e prega. Ovunque troviamo Maria, ovunque incontriamo la Misericordia.

In tutti i suoi ritiri si metteva sotto la protezione della Madonna, sotto vari titoli (Immacolata, Assunta, Bambina, Madre di grazia), ma anche degli Angeli e di alcuni santi cui era affezionata: san Giuseppe, l’arcangelo san Michele, san Luigi Gonzaga e san Francesco Saverio, in onore del quale aveva cambiato nome (anche se si chiamava Francesca già al Battesimo). Aveva ben presenti, poi, gli esempi di sant’Antonio abate, di santa Teresa d’Avila e di santa Margherita Maria Alacoque: le Promesse rivelate a lei dal Sacro Cuore avevano goduto di un notevole risveglio dopo la sua canonizzazione e la stessa Cabrini, in giovane età, ne aveva sentito molto parlare.

Quindi, per dirla con papa Francesco, che ha ricevuto lo scorso 9 dicembre le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, madre Cabrini ha viaggiato, operato, pregato: «tutto per propagare la forza del Vangelo, che le aveva dilatato il cuore perché appartenesse a tutti», proprio come lei aveva tante volte invocato:

Dilata il cuor mio o Diletto dell’anima mia, rendila un po’ più capace, perché l’Amor Tuo io non posso più sostenere. Oh! pelago d’infinito amore, Ti amo e vorrei amarti ma più ti amo, meno ti amo, perché di più vorrei amarti. Non ne posso più, dilata… dilata il cuor mio…

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