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La conversione è liberazione dallo strapotere dell’io per seguire Lui

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 15/02/18

Assecondarsi in tutto non è amore, è dipendenza. Negarsi tutto non è amore, è cattiveria verso se stessi. Non basta caricarsi della propria croce: è solo andando dietro al Signore che si va da qualche parte

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». 
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 
Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà.»
Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?»  (Lc 9, 22-25)

Per capire quanto possa essere serio il tempo inaugurato con la Quaresima, il vangelo di oggi parte subito con il mettere in chiaro quanto sia esigente un cammino del genere:

“Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la salverà”.

Rinunciare a se stessi sembra una faccenda da masochisti, da gente che gode nel farsi male. Ma in realtà Gesù non ci sta dicendo di maltrattarci ma di “rinunciare”, cioè di saperci dire anche dei no.

La persona libera è la persona che sa dirsi anche dei sani NO. Solitamente pensiamo di esserne sempre in grado, finché però non ci proviamo veramente. È in quel momento che comprendiamo quanto possiamo essere schiavi di un Faraone che si chiama “io”. E solitamente questo Faraone vuole conquistare tutto, ma dice Gesù: “che serve all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde o rovina se stesso?”.

La strada di una conversione si prefigura così come una strada di liberazione. È una libertà da se stessi innanzitutto, prima ancora che diventare una libertà che ha a che fare con il resto del mondo. Non può esistere l’amore senza la libertà, e quindi non possiamo davvero dire di amarci se non recuperiamo la libertà necessaria che rende vero l’amore.

Solo chi sa mettersi di fronte a se stesso con dei sì e dei no può dirsi libero abbastanza da volersi anche sanamente bene. Assecondarsi in tutto non è amore, è dipendenza. Negarsi tutto non è amore, è cattiveria verso se stessi. L’amore è dire sì e no, e non solo sì o solo no. E la palestra più alta di questa libertà è saper prendere sulle proprie spalle la propria croce.


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Ciò significa non andarsi a cercare situazioni difficili, ma prendersi cura e sentirsi responsabili di tutto ciò che la vita ci offre di bello e di brutto. Ma c’è un altro verbo che non dobbiamo dimenticare nel discorso che Gesù fa: seguire. Delle volte ci carichiamo della vita ma non seguiamo nessuno. Ma è nel seguire Lui che si arriva da qualche parte.

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