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Per Mario Vargas Llosa il femminismo è la nuova inquisizione

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Wikipedia

Agi - pubblicato il 02/04/18

La polemica del premio Nobel contro gli eccessi della cultura di genere e le censure di ogni tipo: "Grazie alla crudeltà dei libri la vita è meno crudele"

E’ il femminismo la nuova inquisizione per la letteratura? Il premio Nobel Mario Vargas Llosa toglie il punto interrogativo e ne è convinto. Sdegnato da un “decalogo” per la scuola di genere, compilato dalla storica confederazione sindacale spagnola CCOO, l’autore di Conversazione nella Cattedrale ha sparato a palle incatenate contro chi ancora pretende di censurare gli scrittori, come una volta si faceva in nome della religione e della morale.

Risultato: proprio grazie all’ira di Vargas Llosa del “decalogo”si è parlato molto di più, sulla stampa ispanoamericana, anche se pubblicato in forma edulcorata rispetto alla stesura originaria (redatta da due attiviste), che chiedeva il divieto del calcio nei cortili scolastici, la femminizzazione delle discipline storiche, scientifiche, letterarie e chiede tuttora l’abolizione dalle letture obbligatorie di autori “maschilisti e misogini”. (Praticamente, una cospicua fetta delle biblioteche universali).

 Anche Neruda in black list

Mentre qualcuno, anche in Italia, vorrebbe riscrivere i libretti di certe opere liriche (anzi, “correggerli”), Vargas Llosa non ci vede più e si sfoga su El País: “Attualmente il più risoluto nemico della letteratura, che pretende di depurarla dal maschilismo, da molteplici pregiudizi e immoralità, è il femminismo. Non tutte le femministe, naturalmente, ma le più radicali, e con loro ampi settori che, paralizzati dal timore di essere considerati reazionari, intolleranti e fallocrati, appoggiano apertamente questa offensiva antiletteraria e anticulturale. Perciò quasi nessuno si è azzardato a protestare qui in Spagna contro il ‘decalogo femminista’ delle sindacaliste, che chiede di eliminare dalle aule scolastiche autori smaccatamente maschilisti come Pablo NerudaJavier Marías e Arturo Pérez-Reverte“. (I loro nomi sono stati espunti nella versione rielaborata).

Per il Nobel, le ragioni che agitano le femministe “sono tanto buoniste e arcangeliche quanto i manifesti che firmavano contro Vargas Vila le signore del Novecento, chiedendo che si proibissero i suoi ‘libri pornografici'”, o quanto la recente analisi della scrittrice Laura Freixas della Lolita di Nabokov, in cui “ha spiegato che il protagonista era un pedofilo incestuoso stupratore di una bambina, per colmo sua figlia e sua sposa. (Dimenticò di dire che è, per inciso, uno dei migliori romanzi del ventesimo secolo)”. Replica (via Twitter) della Freixas: “Ciò che lui definisce ‘buonismo’, io lo definisco responsabilità etica. La sua affermazione che il femminismo è il nemico mi conferma quel che dice Griselda Pollock: il femminismo è la grande rivoluzione intellettuale del nostro tempo”.

“E’ ovvio che, con questo tipo di approccio a un’opera letteraria, non ci sia romanzo della letteratura occidentale che scampi all’incinerimento”, constata Vargas Llosa. “Santuario, per esempio, in cui il degenerato Popeye svergina la pura Temple con una pannocchia non avrebbe dovuto essere proibito, e William Faulkner, il suo autore, spedito all’ergastolo?”.

Céline e i suoi capolavori

Per tutti, Vargas Llosa auspica analogo metro di valutazione, artistico e non etico o peggio moralista sull’opera o l’autore: “In Francia, l’editore Gallimard annunciò che avrebbe pubblicato in un volume i saggi di Louis Ferdinand Céline, che fu un collaboratore entusiasta dei nazisti negli anni dell’occupazione ed era un antisemita sfegatato. Non avrei mai stretto la mano a questo personaggio, ma confesso che ho letto con infatuazione due dei suoi romanzi – Viaggio al termine della notte e Morte a credito – che, ritengo, siano due capolavori assoluti, senza dubbio i migliori della letteratura francese dopo quelli di Proust. Le proteste contro l’idea che si pubblicassero i pamphlet di Céline portarono Gallimard a insabbiare il progetto”.

 Per Vargas Llosa, i censori si rassegnino: è vero che concedere diritto di cittadinanza alla letteratura “potrebbe significare qualcosa di simile ad aprire le gabbie dei giardini zoologici e lasciare che le strade si riempiano di bestie feroci e parassiti”. Eppure, aggiunge citando Georges Bataille (e il suo La letteratura e il male), la letteratura reintegra gli istinti distruttivi ed “è il veicolo mediante cui tutto quel fondo contorto e malvagio dell’umano torna alla vita e ci permette di comprenderla in modo più profondo, e anche, in qualche misura, di viverla nella sua pienezza, recuperando tutto ciò che siamo stati costretti a eliminare affinché la società non fosse un manicomio né una ecatombe permanente, come dovette esserlo nella preistoria degli antentati, quando ancora l’umano era in embrione”. Insomma, “ne consegue che grazie agli incendi e alle crudeltà dei libri, la vita è meno truculenta e terribile, più tranquilla, e gli umani vi convivano con meno traumi e con più libertà. Quelli che s’impegnano perché la letteratura divenga inoffensiva, lavorano in realtà per rendere la vita invivibile”.

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