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La carica dei centenari

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Paul De Maeyer - pubblicato il 17/08/18

Le sfide poste dall’aumento dell’aspettativa della vita

Domenica 22 luglio scorso è deceduta all’età di 117 anni la persona più longeva al mondo. Si trattava di una donna giapponese, Chiyo Miyako, residente a Yokohama, il capoluogo della prefettura di Kanagawa, sull’isola di Honshū, a sud della capitale Tokyo.

Nata il 2 maggio del lontano 1901, Chiyo Miyako veniva chiamata dai suoi familiari la “dea” ed era diventata nell’aprile scorso la persona più anziana del pianeta dopo il decesso di un’altra donna giapponese, Nabi Tajima, la quale era stata fino alla sua morte l’ultima persona vivente nata ancora nel XIX secolo [1].

A portare ora il titolo di persona più longeva del pianeta è sempre un’altra donna giapponese. Si chiama Kane Tanaka, ha 115 anni e vive in una casa per anziani a Fukuoka, sull’isola di Kyūshū. La Tanaka è nata il 2 gennaio 1903. Anche l’uomo più anziano del mondo è del resto giapponese. Secondo il ministero della Salute, l’uomo si chiama Masazo Nonaka e vive a Ashoro, sull’isola settentrionale di Hokkaido. Ha 113 anni appena compiuti.

Il Giappone: terra di anziani

Anche se la sua popolazione è in calo — nel corso del 2017 è diminuita infatti per il settimo anno consecutivo –, il Giappone è oggi il Paese con il più alto numero di over 65enni al mondo, così ricorda l’ANSA. Inoltre, nel Paese del Sol Levante gli ultra 75enni sono 17,4 milioni su un totale di 127,7 milioni di abitanti. La sola isola di Okinawa, conosciuta anche come la “terra degli immortali”, conta centinaia di centenari.

Tra le spiegazioni per questa straordinaria longevità spiccano due elementi. Per primo la dieta. Invece di carne rossa — anche se il manzo di Kobe viene ritenuto il migliore al mondo –, i giapponesi prediligono il pesce, ricco di acidi grassi omega 3, fondamentali per la salute cardiovascolare, e inoltre cibi come il tofu (noto anche come il “formaggio di soia), poi le alghe e anche i polpi, che riducono il rischio di sviluppare tumori e l’arteriosclerosi, così sottolinea USAToday.

Un altro elemento di spiegazione, continua la stessa fonte, è il fatto che il sistema sanitario giapponese è uno dei più accessibili al mondo. Il governo paga o rimborsa il 70% di tutte le spese mediche, una percentuale che può salire al 90% per i cittadini con reddito basso.

E l’Europa?

Anche alcuni Paesi del continente europeo vantano un alto numero di centenari. Secondo lo studio Centenarians in Europe, lanciato l’anno scorso e basato sui dati dei censimenti, nel corso del 2011 c’erano in 32 Paesi europei 89.156 cittadini che avevano 100 o più anni.

Il rapporto o ratio di ultracentenari era il più alto in Francia, Italia e Grecia, mentre in Bulgaria, Romania e Croazia era il più basso. La grande maggioranza di loro erano poi donne. La proporzione di uomini tra gli ultracentenari era infatti solo il 16,5% del totale, dunque meno di un quinto, anche se con grandi variazioni: dal 13% circa in Paesi come Germania, Lettonia e Belgio, al 37% in Ungheria.

In Italia, la terra per eccellenza degli ultracentenari è il Cilento, noto del resto non solo per il suo mare limpidissimo ma anche per essere la “patria” o la “culla” della cosiddetta “dieta mediterranea”. Situato nella regione Campania, a sud di Salerno e di Battipaglia, il Cilento conta più di trecento ultracentenari, una densità che supera persino quella della “studiatissima” isola di Okinawa, così scrive La Stampa. Ad Acciaroli l’età media è di 85 anni per gli uomini e di 92 per le donne, continua il quotidiano torinese.

Uno studio pilota condotto da scienziati italiani e californiani ha evidenziato che gli ultracentenari del Cilento hanno bassi livelli ematici di adrenomedullina, un ormone ad azione ipotensiva, che garantisce “una buona perfusione sanguigna degli organi e dei muscoli”, così ha spiegato il professor Salvatore Di Somma, dell’Università “La Sapienza” a Roma.

Aspettativa di vita

L’incremento del numero di ultracentenari in Europa è frutto dell’aumento dell’aspettativa di vita. Dai dati dell’agenzia europea per la statistica, Eurostat, emerge che dal 2000 al 2015 l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di 2,9 anni nei 28 Paesi membri dell’Unione Europea, da 77,7 a 80,6 anni, con un incremento di 2,4 anni per le donne e di 3,4 per gli uomini.

Anche se dal 2014 al 2015 è stato registrato in Europa un piccolo calo — in media da 80,9 a 80,6 anni (per le donne da 83,6 a 83,3 anni, mentre tra gli uomini da 78,1 a 77,9 anni) –, nel periodo 2010-2015 l’aspettativa di vita alla nascita è salita nei tre Paesi europei con la maggior ratio di ultracentenari: da 81,8 a 82,4 anni in Francia, da 82,2 a 82,7 anni in Italia e da 80,6 a 81,1 anni in Grecia.

Per quanto riguarda l’aspettativa di vita a 65 anni (cioè il numero medio di anni che restano da vivere ad una persona avendo raggiunto i 65 anni), questa differenziava nel 2015 da 14 anni in Bulgaria a 19,4 anni in Francia per gli uomini, e da 17,6 anni in Bulgaria a 23,5 anni in Francia per le donne, così evidenziano i dati Eurostat.

Le sfide

Come osserva El País in un articolo pubblicato domenica 12 agosto, la maggiore aspettativa di vita, “condivisa da sempre più persone”, è celebrata dalla comunità scientifica come “un traguardo nella battaglia dell’umanità contro la morte”. Essa solleva però anche molte questioni, continua il quotidiano, come ad esempio le disuguaglianze e la solitudine, “due mali specialmente associati a questa età”.

Ha fatto scalpore infatti la notizia che proprio in Giappone un numero crescente di anziani commette reati minori, nella speranza di essere arrestati e di trascorrere un periodo dietro le sbarre. Dal 1980 al 2015, spiega il sito Blastingnews, il numero di anziani che vivevano da soli è aumentato in Giappone più di sei volte, fino a raggiungere quasi sei milioni. Nel corso degli ultimi due decenni, il tasso di criminalità tra gli anziani è quasi quadruplicato nel Paese del Sol Levante e oggi una donna su cinque finita dietro le sbarre ha i “capelli bianchi”, continua il sito.

E’ noto l’impatto dell’aumento dell’aspettativa di vita sugli enti previdenziali, che devono erogare pensioni ad un numero di persone in continua crescita (e sempre più longeve) rispetto a coloro che pagano contributi. Per dare un’idea: negli anni ‘50 del XX secolo c’erano 205 milioni di persone over 60enni nel mondo. Nell’anno 2050 invece saranno 2,1 miliardi, così ricorda e avverte El País.

Mentre innalzare l’età pensionabile ha una “logica demografica”, così sostiene l’esperto spagnolo Antonio Abellán, in alcuni luoghi, ad esempio nel Paese Basco e in Finlandia, è stata introdotta una nuova forma di sussidio di base o “reddito minimo universale”. Mentre il nuovo governo italiano sta pensando ad una simile iniziativa, chiamata “reddito di cittadinanza”, nel frattempo la Finlandia ha già deciso di non rinnovare il progetto avviato nel 2017.

Inoltre, anche se numerosi ultrasessantacinquenni vorrebbero continuare a lavorare anche dopo il pensionamento — il 57% secondo un sondaggio realizzato dal gruppo olandese Aegon, attivo nel settore delle assicurazioni vita e delle pensioni –, molti vengono espulsi dal mercato del lavoro ancora prima di arrivare all’età della pensione. Come scrive El País, la disoccupazione è infatti in aumento tra gli over 50enni e trovare un nuovo impiego risulta più difficile per questa categoria.

Contro la cultura dello scarto

Quindi, se per molti anziani la “vecchiaia” si presenta come una sorta di “terra incognita”, una cosa sembra certa, così suggerisce il quotidiano spagnolo, che cita una nota frase del libro Leviatano (1651) del filosofo inglese Thomas Hobbes: se c’è qualcosa di peggiore che una vita “solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve” è proprio vivere una vita solitaria, misera, sgradevole, brutale e… lunga.

Gli anziani, sempre più longevi, rischiano quindi di finire come prodotto di scarto di una società “programmata sull’efficienza”, così avvertì papa Francesco durante l’udienza generale di mercoledì 4 marzo 2015.

“Una cultura del profitto insiste nel far apparire i vecchi come un peso, una ‘zavorra’. Non solo non producono, pensa questa cultura, ma sono un onere” e quindi “vanno scartati”, disse il Pontefice. “In una civiltà in cui non c’è posto per gli anziani o sono scartati perché creano problemi, questa società porta con sé il virus della morte”, continuò il Pontefice, che aggiunse: “Se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così tratteranno a noi.”

*

1] Essendo nata secondo le fonti giapponesi il 4 agosto dell’anno 1900, Nabi Tajima apparteneva quindi ancora al XIX secolo, iniziato infatti il 1° gennaio 1801 e conclusosi il 31 dicembre 1900.

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