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Perché mi risulta tanto difficile non giudicare gli altri?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 14/09/18

Sento che in me c'è un sentimento ferito che mi fa cercare la debolezza e la fragilità negli altri, forse per sentirmi meglio

Ricordo il poliziotto dell’opera di Victor Hugo I Miserabili. Diceva a Dio: “Sulla porta d’ingresso del Paradiso sta scritto che chi vacilla e cade deve pagare il prezzo”. Non voglio essere così rigido e inflessibile. Il poliziotto viveva per arrestare chi era caduto. Non voglio vivere la mia esistenza individuando infrazioni, scoprendo crimini, perseguendo delitti. Voglio guardare in basso, verso gli uomini, con misericordia. Voglio imparare a guardare chi soffre come lo guarda Dio. Guardare con compassione chi non fa tutto bene, il povero che non riesce ad avere una vita piena. Ho bisogno di avere un cuore misericordioso e docile. Un cuore aperto a Dio e agli uomini. Un cuore comprensivo.

Una persona diceva a un’altra: “Sei la prima persona religiosa che mi parla senza giudicarmi. In casa mia non mi hanno mai parlato di Dio, solo della Chiesa”.

Vorrei guardare sempre in questo modo. Mi piace quella purezza di cuore che non vede intezioni perverse, non intuisce peccati nascosti e non giudica tutto quello che fanno gli altri. Serve un cuore puro per guardare così le persone.

Diceva padre Josef Kentenich parlando dell’innocenza dei bambini: “Negli occhi puri di un bambino si riflette in primo luogo tutta la grandezza della creazione che il bambino ha accolto in sé. Si riflette tutto il divino che porta in sé. Noi, guardandolo, sentiamo che tra il bambino e Dio c’è solo una pellicola tenue, una parete sottile”.

Vorrei avere lo sguardo di un bambino per guardare la vita in questo modo. Sento che in me c’è un sentimento ferito che mi fa cercare la debolezza e la fragilità negli altri, forse per sentirmi meglio. È forse per questo che non trovo sia facile seguire quello che mi chiede Gesù.

Diceva Papa Francesco nell’incontro per le famiglie che ha avuto luogo in Irlanda: “Riconosciamo umilmente che, se siamo onesti con noi stessi, possiamo anche noi trovare duri gli insegnamenti di Gesù. Quanto è sempre difficile perdonare quelli che ci feriscono! Che sfida è sempre quella di accogliere il migrante e lo straniero! Com’è doloroso sopportare la delusione, il rifiuto, il tradimento! Quanto è scomodo proteggere i diritti dei più fragili, dei non ancora nati o dei più anziani, che sembrano disturbare il nostro senso di libertà”.

Voglio restare accanto a Gesù per fare ciò che mi chiede, per assomigliare a Lui. L’amore fa sempre assomigliare, e io lo amo e non voglio lasciarlo solo.

Riconosco che a volte ho con Dio un rapporto consumistico. Gli dico: “Ti chiedo e mi dai, ma mi dai solo ciò che ti chiedo. Né più né meno”. Gli chiedo solo quello di cui ho bisogno, niente di più.

Forse non voglio che ampli il mio orizzonte, mi fa paura. Non pretendo che mi apra l’anima a nuove vie, nuove persone, nuove sfide. Il rischio della vita che si dona senza voler assicurare nulla.

Vedo che per essere felice è come se mi bastasse soddisfare le mie necessità di oggi. Come se fosse sufficiente ricevere il pane quotidiano, quel pane che basta per camminare per un’altra giornata, non di più.

Mi costa chiedere a Gesù di ampliare il mio cuore e di farmi rinascere. Il cambiamento fa sempre male, e vivere in base a quello che dice Gesù è esigente. Vorrei avere un modo diverso di guardare gli uomini. Con occhi puri pieni di verità.

Dice San Giacomo: “Non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?”

Giudico con criteri umani. Mi manca la purezza di cuore. Faccio distinzioni. Tratto meglio chi mi può dare dei benefici. Favorisco chi è potente. Curo chi ha di più. Mi aggrappo alla mia posizione di potere. Mi sento protetto.

Mi fa paura cadere in questo modo di distinguere le persone. Voglio guardare tutti allo stesso modo, con gli stessi occhi. Come ha fatto Gesù. Come ha voluto insegnarmi a fare.

Ma mi adagio sul potere. Nel mio spazio protetto. E guardo con più benevolenza chi può darmi di più, trascurando chi non fa che chiedermi senza dare nulla in cambio.

Questo atteggiamento mi spaventa. Non è quello che desidero. Non è quello di Gesù.

Voglio guardare in modo tale che tutti si sentano accolti e non sentano né il giudizio né la condanna. Guardare in modo tale che il peccatore possa sentire di avere un futuro davanti. Ho visto le mie cadute e mi sono scandalizzato tante volte. Chiedo a Gesù di ricordarmi com’è il suo sguardo per imparare a guardare nello stesso modo.

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