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S. Giovanni Paolo II e l’amore imparato in famiglia: la cifra inconfondibile di un Santo

KAROL WOJTYŁA SENIOR

EAST NEWS

Karol Wojtyła z żoną Emilią i pierworodnym synem Edmundem (starszym bratem papieża Jana Pawła II).

Carmelo Veneto - pubblicato il 22/10/18

Un approccio inedito all'inesauribile ricchezza della vita di un gigante della fede, testimone integrale dell'amore all'uomo e alla storia sotto la luce potente di Cristo e della Chiesa che tutto illumina e spiega.

di Giuseppe Reguzzoni

Come mai i santi scrivono così bene? Soltanto perché sono ispirati? Fatto sta che, appena descrivono Dio, hanno uno stile. Per loro è facile scrivere, l’orecchio teso ai sussurri.

È un’osservazione di Emil Cioran, scrittore non propriamente cattolico, che si trova ripresa nel bel libro che padre Aldino Cazzago dedica alla figura di san Giovanni Paolo II, a quarant’anni dalla sua elezione a pontefice.

E che fa il paio con il giudizio che sul neoeletto pontefice formulava, confidenzialmente, un gigante del cattolicesimo quale fu il cardinale Stepan Wyszinski: «È un mistico, poeta, pastore, filosofo, santo … ma non è un buon amministratore». E, in effetti, a Giovanni Paolo II l’amministrazione diretta del Vaticano quasi non interessava, non oltre, in ogni caso, gli stretti doveri di ufficio. La sua tensione era tutta per testimoniare l’incontro interiore e profondo che aveva cambiato la sua vita, esponendosi, se necessario, anche a qualche incomprensione (come di fatto avvenne per talune sue iniziative pastorali).

Chi fu davvero papa Giovanni Paolo II? Anzitutto un uomo tutto centrato su Gesù Cristo, che concepiva la propria esistenza come un rendere continuamente conto di questo incontro così decisivo, come bene mette in luce padre Cazzago nell’ultimo capitolo, dedicato a Giovanni Paolo II testimone – anzi, come si legge nel testo, «testimone globale», cioè senza delimitazioni, a tutto campo.

Padre Aldino Cazzago, tra i migliori esperti italiani della figura del Papa «venuto da un paese lontano», ci aiuta a entrare in questa sua ispirazione e nelle sue radici più lontane. Lo fa non tanto con una biografia (ve ne sono molte e alcune anche piuttosto buone), ma con interessanti assaggi di suoi aspetti in qualche caso ancora poco conosciuti.




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È il caso del bellissimo capitolo iniziale dedicato alla relazione tra Karol Wojtyla e la famiglia d’origine, in particolare con il padre, Karol come lui. Ancora diversi anni dopo la propria elezione al ministero petrino lo ricorderà così:

Non avevo ancora fatto la Prima Comunione quando perdetti la mamma; avevo appena nove anni. Non ho perciò chiara consapevolezza del contributo, sicuramente grande, che ella dette alla mia educazione religiosa. Dopo la sua morte, e in seguito, dopo la scomparsa del mio fratello maggiore, rimasi solo con mio padre, uomo profondamente religioso.

Nel ricordo del padre ritorna insistente il tema della religiosità profonda e della gestualità che la accompagna, come strumento primario e spontaneo di educazione:

Il semplice fatto di vederlo inginocchiarsi ha avuto un’influenza decisiva sui miei giovani anni.

È la stessa gestualità che, unita al potere della parola poetica, affascinerà il giovane Karol nella sua scoperta del teatro. Questo interesse è noto ma, anche qui, Padre Aldino ci riserva una bella sorpresa, dedicando un intero capitolo alla presentazione di un dramma di Karol Wojtyla, ancora troppo poco noto: Raggi di paternità, non a caso posto subito dopo quello dedicato alla figura paterna. Wojtyla lo scrisse nei primi anni Sessanta, ma fu pubblicato solo quindici anni dopo, nel 1979, sul celeberrimo mensile Znak, e firmato con lo pseudonimo di Stanislaw Andrzej Gruda. Non si tratta, dunque, di un’opera giovanile, ma di un’opera matura che, con linguaggio poetico, affronta in chiave filosofico-religiosa il tema dell’amore umano, notoriamente tanto caro a Karol Wojtyla e, poi, a papa Giovanni Paolo II.




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C’è, dunque, anche qui, una piena continuità tra l’azione ministeriale-istituzionale del papa polacco e l’intensa e feconda ricchezza della sua personale riflessione esperienziale! Il lettore del saggio di Padre Cazzago è così invitato a cercare nei testi, questa straordinaria ricchezza spirituale, scoprendo che il protagonista del dramma, non a caso, si chiama Adam. Adam, cioè l’uomo … e la mente non può che correre al grandioso incipit della prima enciclica di papa Giovanni Paolo II: Redemptor hominis, Jesus Cristus, est centrum universi et historiae … Adamo si scopre figlio e in questa tensione trova la sorgente della bellezza che cerca ovunque, nella natura come nell’arte.

«Occhi che siete ignari di colui che in voi regna», così, riprendendo i versi del giovane poeta Wojtyla, ci è presentato in un altro capitolo del libro il tema della bellezza fino ai primi anni del suo episcopato a Cracovia.

«Un papa non può non parlare della bellezza e delle tematiche a essa legate», ricorda padre Aldino Cazzago, e il pensiero va alle straordinarie opere di bellezza generate dalla fede lungo i secoli e al fascino da loro esercitate su uomini di ogni generazione. Ma un papa, ci ricorda sempre l’autore, non può non parlare della pace, quella interiore, generata dalla fede, e quella tra i popoli. La pace tra gli esseri umani per Giovanni Paolo II non passa dalla negazione delle differenze, ma dalla riconoscenza per la propria storia. È un tema caro all’autore di questo saggio, che vi aveva già dedicato una bella monografia (Ama gli altri popoli come il tuo, Milano 2013), ma, soprattutto, caro all’azione pastorale e, perché no?, teologico-politica di Giovanni Paolo II: il Papa la cui iniziativa non è certamente estranea alla fine dei sistemi comunisti in Europa orientale e al crollo di quel simbolo di divisione e di violenza che fu il muro di Berlino. Due capitoli ripercorrono questa sua azione e gli ideali che la sostengono. Il primo è significativamente intitolato Due capitali: Varsavia 1979 – Berlino 1989, il secondo Respirare con due polmoni, immagine tra le più popolari per descrivere il cuore dell’ecumenismo autentico di papa Giovanni Paolo II. Padre Aldino Cazzago, ne restituisce l’origine probabile, rintracciandone le analogie nel pensiero del filosofo russo Vjaceslav Ivanov, morto a Roma nel 1949, avendo aderito al Cattolicesimo, e ci offre anche una preziosa bibliografia sull’argomento.




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Il testo riesce così a coniugare serietà storico-filologica e stupore, tutto carmelitano, per la bellezza della santità di Giovanni Paolo II e merita senz’altro di essere diffuso per riscoprire e approfondire la grandezza della sua figura umana ed ecclesiale.

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