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Si può dire tutto tutto al coniuge?

COUPLE

By Simone van den Berg | Shutterstock

Mathilde De Robien - pubblicato il 26/10/18

Amare qualcuno significa dirgli tutto? Dov’è il confine tra giardino segreto e dissimulazione? Che cosa dire per far vivere la propria vita di coppia? A queste domande, tanto intime quanto delicate, offre elementi di risposta Emmanuelle Bosvet, consulente coniugale.

La questione è sovente trattata nelle riviste femminili, ma le risposte sono deludenti o francamente penose: ci si arroga un “diritto” a un giardino segreto, si incita alla menzogna per evitare i conflitti, si vanta la cultura del segreto che farebbe bene alla libido, insomma niente che porti grandi ispirazioni. Niente sulla necessità di discernere, sul dialogo in verità, sulla possibilità di un giardino segreto che sia altra cosa rispetto a un groviglio di menzogne. Aleteia ha cercato delle risposte con Emmanuelle Bosvet, consulente coniugale nel Cabinet Raphaël, studio cristiano fondato da più di vent’anni, la cui vocazione è rispondere all’appello della Chiesa – sempre più esplicito – a prendersi cura delle coppie e delle famiglie.

Due attitudini estreme: dirsi tutto e non dirsi niente

Emmanuelle Bosvet invita anzitutto a identificare due estremi nella relazione coniugale, che sono altrettanti pericoli: la fusione assoluta e la zona d’ombra mantenuta scientemente. La prima fa della trasparenza la garanzia di un amore vero. Come se dirsi tutto fosse insieme prova e assicurazione di un vero amore. La fusione tende all’ipercomunicazione: ogni particella della vita viene raccontata, condivisa, rivelata al coniuge, che diventa il confidente esclusivo. Se questo modo di comunicazione è frequente e normale all’inizio di una relazione, nella misura in cui corrisponde a una tappa necessaria alla costruzione della coppia, non ha tuttavia vocazione a durare. Rischia di condurre al soffocamento e al calo del desiderio. Perché «il desiderio si nutre di una parte di mistero», ricorda Emmanuelle Bosvet.


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Constatazione che ci porta all’altro estremo: provocare il mistero, coltivare il segreto con l’intento di aguzzare il desiderio o di ravvivare la fiamma. Ciascuno vive la propria vita da una parte, non si condividono più le esperienze, presupponendo che la mancanza e il segreto aguzzino l’amore. Alcuni diranno che il mistero agisce anche come motore della libido. Il rischio è qui quello di diventare davvero dei perfetti sconosciuti.

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L’altro è terra sacra

Nella tentazione di dirsi tutto, di condividere tutto, c’è il desiderio di conoscere perfettamente l’altro. Ma «l’altro resterà sempre un mistero», ricorda Emmanuelle Bosvet. Non si può mai conoscere del tutto una persona. Non si può dire del coniuge che lo si conosce “a memoria”, non è possibile. Perché l’altro cambia, evolve, ha altri desideri, altre priorità… Inoltre, dire che si conosce a memoria una persona la costringe in una camicia di forza e le preclude ogni possibilità di evolvere.

Delicata definizione del giardino segreto

«Sono lungi dal raccontare tutto a mio marito, ma non faccio niente che io non possa dirgli», diceva una donna alla consulente coniugale. Ecco quella che potrebbe essere una buona definizione di “giardino segreto”. Non si tratta di nascondere o di mentire, ma di tenere per sé delle impressioni, delle sensazioni, dei desiderî o delle sofferenze che non si è pronti a condividere o che non aggiungono qualcosa alla relazione. Il giardino segreto è anche il luogo di attività personali in cui ciascuno esiste indipendentemente dall’altro. Se anche non si racconta tutto al coniuge, questi momenti di “solitudine” nutrono comunque il “noi”, perché «quello che vivo nella mia individualità nutre la relazione di coppia», fa osservare Emmanuelle Bosvet.




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Alcuni pazienti menano il can per l’aia e alla fine pongono a Emanuelle questa domanda: «Devo dire al mio coniuge che mi sono innamorato di un’altra persona?». La consulente esclama: «Ma tanta gente s’innamora! Tre, cinque, dieci volte nella vita! Pur essendo sposata. Innamorarsi non è una cosa che si comanda. Quello che è importante è ciò che si fa».

Quanto all’opportunità di dire o no al coniuge, Emmanuelle invita a interrogarsi sull’utilità della confessione: apporta alla relazione qualcosa – o no?

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Dean Drobot I Shutterstock

Non dire tutto, ma “dirsi”

Avere un giardino segreto non impedisce il dialogo in verità. Per Emmanuelle Bosvet è vitale “dirsi”, cioè prendersi dei momenti per aprirsi all’altro, svelare i bisogni, le aspirazioni profonde, le emozioni. Questo dice qualcosa di sé, di vero, ed è un tempo necessario all’intimità coniugale, arricchisce la relazione. “Dirsi” fa che una coppia sia viva.

Quando si tace volontariamente: menzogna o giardino segreto?

Capita che si taccia volontariamente, perché la verità è troppo dura da dire o perché non si vogliono alzare polveroni. La cosa può andare dal graffio sulla nuova automobile del marito a una relazione extraconiugale, passando per la paghetta data al figlio contro il parere del coniuge. In questi casi Emmanuelle Bosvet invita a prendere atto del proprio intento di dissimulare e a interrogarsi sul senso profondo di questa reticenza. In cosa la rivelazione rimetterebbe in questione tutto l’ordine stabilito? Quali sono i miei freni? E fa l’esempio di una giovane moglie che si compri un vestito per una sfacciata somma di denaro e che nasconda questa “follia” al marito perché ha la sensazione di trasgredire a una regola. Questa dissimulazione pesta il nervo di un malinteso all’interno della coppia: la signora trova il signore un po’ tirchio nel suo modo di amministrare le finanze, e invece lei ha bisogno di fantasia e di improvvisazione. Una semplice discussione ha fatto evolvere le regole. La parola, il dialogo, l’espressione dei desiderî e delle insoddisfazioni permettono di raddrizzare la rotta e di evitare menzogne e dissimulazione.


RANDKA

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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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