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“Il piccolo principe” diventa “La Principesa”: uno scempio in nome della gender equality (VIDEO)

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Community La Croce - pubblicato il 29/10/18

Calcolatrice alla mano la presenza del maschile e del femminile è stata riparametrata in nome della parità di genere e certe ruvidezze troppo virili sono state eliminate al grido di "poverino"! Per questo il serpente non ingoia più un elefante ma un vulcano. Siamo certi che la versione ulteriore terrà conto anche della sensibilità al dolore del vulcano (e del serpente).

di Davide Vairani

“L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Chi non riconosce l’autore di questa frase? Il protagonista de “Il piccolo principe”, l’opera fondamentale di Antoine de Saint-Exupéry con la quale bambini, adolescenti e adulti hanno appreso il valore dell’amicizia e con la quale il suo autore ha dato un messaggio di pace ad un mondo contorto dalle guerre.
E – proprio per questo motivo – una casa editrice spagnola, “Espejos Literarios”, ha deciso di farne una “traduzione di genere“: “La Principesa”.
“Linguaggio inclusivo” e “parità di genere” hanno preso d’assalto uno dei classici della letteratura mondiale che ha incantato milioni di lettori, scritto nel 1945, tradotto in più di 250 lingue e considerato uno dei dieci libri più letti nella storia della letteratura del XX secolo: ora ha il suo clone femminista, dal titolo “La Principesa”.

Il clone può essere acquistato su Amazon (per ora solo in lingua spagnola) e si presenta come “un adattamento de ‘Il Piccolo Principe'” e mantiene la firma del suo autore. L’operazione è promossa dal progetto spagnolo “Espejos Literarios”, che “si propone di rimodellare i capolavori della letteratura per dare un senso al loro carattere universale”.

L’idea di una “traduzione di genere” de “Il Piccolo Principe” viene ad una casa editrice argentina, la “Ethos”, progetto che viene subito rilanciato con questo obiettivo:

“Fedele al messaggio veicolato dall’autore, ‘La Principesa’ è più di una semplice traduzione di genere: è un riscritto attraverso un nuovo universo di personaggi che rispetta l’essenza del lavoro originale, perché per Saint Exupery ‘l’essenziale è invisibile agli occhi'”, sostengono gli ideatori de “Espejos Literarios”.
“È questo il tipo di libri, perpetuatori di stereotipi, che vogliamo che le nostre figlie leggano? E, d’altra parte, vogliamo veramente abbandonare le grandi opere letterarie? La risposta a queste domande ci ha portato a cercare una soluzione di compromesso e sono nati così gli ‘Espejos Literarios'” – si legge sul loro sito web.

Una coppia di donne, Julia Bucci e Malena Gagliesi si sono occupate del processo di riadattamento dell’opera.


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Mentre Bucci è la responsabile della “traduzione”, la Gagliesi ha ridisegnato ogni sequenza del testo, cambiando totalmente le illustrazioni originarie fatte proprio da Antoine de Santin Exupery.

In “La Principesa” troviamo così una aviatrice come protagonista nella sua riscoperta di amore e di amicizia attraverso il suo amico dai capelli viola, in viaggio verso pianeti “in cui i mestieri vengono eseguite allo stesso modo da uomini e donne e dove gli animali ricevono un trattamento più amichevole rispetto al lavoro originale”.

Quindi, in questa versione femminista, il serpente non mangia l’elefante, ma inghiotte un vulcano. E l‘equità di genere viene applicata alla lettera: la storia mantiene “una parità del 60% e del 40% nei personaggi femminili e maschili“.

Secondo gli autori, nei libri rivisti e corretti in questa maniera, le “persone appartenenti a gruppi tradizionalmente discriminati possono vedere la loro realtà riflessa senza dover rinunciare ai gioielli letterari, possono identificarsi più facilmente con i personaggi principali per vivere le loro avventure e delusioni e, in breve, costruiscono una visione del mondo più ampia e più inclusiva di quella che troviamo attualmente nelle nostre società”.

Anche la rosa che ha affascinato “Il piccolo principe” scompare ne “La Principesa”: il suo contrappunto maschile diventa un garofano di spine, qualcosa di eccezionale.

Che tristezza. Altro che furia iconoclasta!

L’iconoclastia (dal greco εἰκών – eikòn, “immagine” e κλάω – kláō,”rompo”) fu un movimento di carattere religioso sviluppatosi nell’impero bizantino intorno alla prima metà del secolo VIII. La base dottrinale di questo movimento fu l’affermazione che la venerazione delle icone spesso sfociasse in una forma di idolatria, detta “iconodulia”.

Questa convinzione provocò non solo un duro confronto dottrinario, ma anche la distruzione materiale di un gran numero di rappresentazioni religiose, compresi i capolavori artistici.

Qui c’è qualcosa di più.

La sola idea di voler sottoporre a censura tutti i libri della storia della letteratura mondiale, in nome di un curioso concetto di “parità di genere” e “linguaggio inclusivo”, per riscriverli dalla A alla Z, è inquietante e perverso.


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Come se si potesse tirare una riga alla Storia, alla Letteratura, alle Arti e Scienze, alla Religione e riscrivere tutto d’accapo.

Una furia etico-moralista per la quale tutto debba essere scritto, detto, fatto e pensato nel nome del dio egualitario. Un dio dove tutti devono essere neutri, per non discriminare nessuno, eliminando ogni differenza. Un mondo fatto solo di esseri uguali tra loro, identici in tutto e per tutto; fatto di esseri disegnati a piacimento, dove i colori, le emozioni, le sensazioni devono avere il sapore dettato dall’omologazione del Potere di turno.

Un mondo nel quale i libri sono riscritti e rivisti da una censura omologatrice.

“La Princesa” è uno di questi libri di questo mondo nel quale le differenze devono sparire per non discriminare.
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