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Come abbattere i miei muri e lasciarmi conoscere?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 15/11/18

Solo Dio può accedere ai misteri della mia anima e scandagliarli

Solo Dio sa ciò che do davvero. Solo Lui mi conosce dentro. Mi guarda mentre cammino.

A volte giudico chi dà poco, chi teme di perdere. Giudico il suo egoismo. Ma chi sono io per giudicare dalle apparenze? Solo Dio lo sa. Gesù conosce ogni cuore.

Mi piace pensare a Gesù seduto sul bordo della mia vita. Solo Lui ha accesso all’intimità della mia anima.

Mi piace immaginarlo mentre mi guarda sempre, sorridendo. Come quell’occhio del Padre che mi guarda dall’alto, ma non per giudicare e condannare ciò che faccio.

Egli conosce la purezza del mio cuore, e anche i desideri più nascosti. Mi ha visto arrivare e sa da dove vengo. Ha scoperto la mia povertà e si affaccia sulla nudità della mia vita. E io a volte voglio fingere, come se fossi capace di nascondermi al suo sguardo.

In un film ho sentito uno slogan: “Sapere è bene, ma sapere tutto è meglio”.

Perché è vero che oggi Internet e le reti sociali mi hanno dato la capacità di accedere rapidamente a tutto ciò che voglio conoscere. È il desiderio di sapere tutto ciò che si annida nella mia anima. Sapere tutto su di me, del mio futuro, della vita degli altri.

Solo Dio sa tutto. Solo Lui può accedere ai misteri della mia anima e scandagliarli. Solo Lui mi conosce.

Non mi guarda con curiosità, ma con amore. E io a volte desidero nascondermi al suo sguardo. Proteggere la mia anima perché non vi entri. Costruendo muri che il suo sguardo non può penetrare.

Lo guardo come un intruso, come un giudice senza misericordia. Che immagine di Dio ho nell’anima?

Gesù mi guarda commosso e a volte credo che giudichi il mio egoismo. Mi guarda e io lo guardo. Ma mi nascondo dietro una perfezione che non possiedo.

È come se volessi fargli vedere che sono migliore di quello che sembro. Che il mio peccato non è così grave, né così continuo o così importante. E la mia verità molto più bella di quello che credo.

Mi nascondo, mi rifugio. Non voglio che nessuno mi veda. Gesù cerca di entrare in me. E io vivo protetto. Perché non entri Lui che possiede tutto, sa tutto e ama tutto.

Credo che l’uomo oggi viva così riversato nel mondo da aver perso la sua interiorità. E io stesso mi rifugio nel cellulare quando resto da solo. Senza approfittare dei silenzi indesiderati. Sprecando la solitudine non scelta. Quanto è poco profonda la mia anima!

Vorrei vivere come dice padre José Kentenich: “Solo l’anima che si sforza di essere profondamente abbracciata a Dio resiste ai colpi di un tempo senza radici, senza vincoli, ed è capace di mantenersi salda, fedele alle proprie radici” [1].

Un’anima radicata. Gettare radici in un luogo, in un cuore, in Dio, è quello che più desidera il mio cuore che fugge, che si nasconde.

Non mi conosco e non permetto ad altri di conoscermi, che Dio mi conosca. Continua a spaventarmi quel mondo sconosciuto e nascosto nel mio subconscio che affiora spesso nei miei sogni.

Come si può educare la mia anima nascosta, le mie ombre più profonde?

Voglio permettere che Gesù mi guardi e sorrida.

Amo e odio. Grido e taccio. Nella mia vita osserva il mio andivenire sorridendo. Scopre le mie paure e accarezza le mie inquietudini.

Come posso permettergli di guardare nella mia anima? Abbatto i muri che ho costruito.

Lascio che la mia ferita, quella che mi fa più male, mostri a Gesù la porta di ingresso. Lì può entrare Maria, alla quale ho già dato tutto ciò che sono.

Solo Dio sa apprezzare la mia povertà e ama la mia piccolezza, e sorride. Non si spaventa tanto facilmente vedendomi cadere.

E non lo sorprendono le mie infedeltà. Quelle che mi sconcertano perché non mi conosco e non le accetto. Mi spaventano il mio peccato e il mio disordine.

Ma Gesù mi guarda commosso e innamorato. Come può amarmi tanto se io stesso non mi amo?

Neanch’io so tutto di me. Io, che voglio sapere tutto di tutti, non conosco la mia verità. E Dio invece la conosce.

Mi ha amato da quando mi ha generato, da quando ha sognato la mia vita. Sa cosa posso diventare. E ama anche le mie debolezze. Quelle che io detesto tanto. Ama le mie cadute, quelle mi umiliano. Ama la mia vita com’è e come può diventare.

Non mi giudica condannandomi, ma dandomi una nuova opportunità. Questo mi rallegra, mi dà pace. La sua misericordia mi salva. Non me ne voglio dimenticare.

[1] Kentenich Reader Tomo 2: Estudiar al Fundador, Peter Locher, Jonathan Niehaus

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