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Ogni domenica scende in campo una formazione diversa … per andare a messa

FIGLI, CHIESA, MESSA

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Annalisa Teggi - pubblicato il 07/02/19

Squadra che vince non si cambia. Sì, ma qual è? Noi le abbiamo provate tutte per riuscire ad andare a messa con tre figli e ora il più grande non possiamo più costringerlo. Con la sua libertà ci farà ancora compagnia?

A noi Trapattoni, Allegri e Mancini ci fanno un baffo: le formazioni le abbiamo provate tutte. La squadra vincente sarebbe tutti e cinque a messa, eppure raramente accade e quando accade è sempre un’avventura. C’è stato un momento idillico, quando eravamo in quattro e i due figli maggiori erano in età giusta per seguire il rito coi loro compagni di catechismo; ci sentivamo privilegiati: colazione insieme, vestirsi belli senza corse all’ultimo secondo, sedersi in chiesa, fare il canto finale e poi un aperitivo prima di pranzo (il papà milanese ci tiene tantissimo…).


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Poi è arrivata Matilde, a ricordarci che rendere grazie a Dio non significa adagiarsi nelle proprie abitudini. Con la sua nascita tutto è cambiato nella famiglia, perciò anche nella partecipazione alla messa. Mi sono ricordata di tutti i passaggi intermedi del passato: quando c’era solo il primogenito Michele neonato e poi quando arrivò Martino e Michele era ancora piccolo. Una costante è rimasta: i primi banchi della chiesa sono off limits. Perché si sa: gli ultimi saranno i primi… a uscire.

In caso di urla improvvise e incontenibili la via di fuga deve essere veloce e accessibile. La nostra parrocchia non ha uno spazio riservato per i piccoli e, per usare un eufemismo, i rumori non sono ben tollerati.

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Dunque quando ci arrischiamo – poche volte per ora – ad andare in formazione completa alla funzione delle 11, io e mio marito ci alterniamo a uscire, a svegliare i sonnolenti, a richiamare all’ordine chi si sdraia addormentandosi: Matilde (di 2 anni) entra entusiasta, ai canti partecipa con tono fin troppo alto, poi alla seconda lettura sente l’incontenibile gioia di scaraventarsi verso l’altare. Allora cominciano i turni, chi va fuori con lei origlia dalla porta il Vangelo e l’omelia, chi resta dentro consola Martino (di 8 anni) dal pessimismo cosmico “resteremo qui fino a notte, vero?”. A chi resta dentro tocca anche lo scatto del velocista: deve fare la Comunione, poi schizzare fuori e dare il cambio, affinché anche l’altro coniuge faccia la Comunione. Di solito quest’ultimo arriva fantozzianamente in ritardo quando la coda si è già estinta … fa segnali pietosi al sacerdote, come l’ultimo maratoneta che taglia il traguardo il giorno dopo gli altri partecipanti.




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È ovvio che quando non andiamo a messa tutti insieme le cose vanno meglio. Però quando mi trovo seduta sola ad una messa serale o prefestiva, qualcosa manca. La divisione si sente, anche se si riesce a seguire la celebrazione nella forma migliore possibile. Ci si riesce pure a confessare.

A breve una nuova sfida busserà alla porta. Michele, il grande, farà la Cresima e intuisco che arriverà il momento in cui la scelta della Messa con la famiglia dovrà diventare una sua libera scelta. Glielo dovrò cominciare a proporre come proposta, appunto. Cosa avrà trattenuto nella sua memoria e nel suo cuore? Avrà visto in me un briciolo di luce nello stare in chiesa alla presenza di Gesù? O si ricorderà solo dei miei occhi assonnati, i miei sbuffi per l’irruenza di Matilde, e i miei duri richiami? Non so.


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So che questo orizzonte che si profila molto più impegnativo rispetto alle energie investite per contenere fisicamente tre bambini a messa.  Sarà anche un’occasione, per me e per mio marito intendo. Perché rapportarsi a un giovane adolescente ci richiamerà a testimoniare qualcosa di autentico e non solo a dare comandi.

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