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Io, bambino abusato da amico di famiglia: da eroe a carnefice sistematico

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Don Fortunato Di Noto - pubblicato il 26/02/19

“E io guarirò del tutto”
“Perché io già sapevo che tu mi avresti aiutato (…) ero sicuro che tu mi avresti sostenuto”. (Cfr. Isaia 50,4-10)

Sapete perché le vittime non sono pronte a raccontare la propria storia? Perché percepiscono di non essere capite, accolte. Troppi pregiudizi accompagnano queste drammatiche vicende che li relegano ad un popolo di esiliati. Te la sei cercata…la colpa di non aver denunciato…il troppo silenzio…non avere avuto il coraggio di parlare…non parlare ha contribuito a permettere altre potenziali vittime. Questi e altri ancora sono i pensieri dei perbenisti e di coloro che sono in poltrona e si sono solo fermati a leggere un romanzo o aver visto un film strappalacrime. Le vittime di abuso, invece, sanno quello che un’altra vittima scrive. Sembra un protocollo con codici e tante “verità nascoste”, mai rivelate perché: “Tutto per me è stato difficile, scrive questo straordinario giovane, oggi 25enne – l’abuso subito mi ha rovinato la vita. Tante volte la notte, piangendo, mi sono chiesto perché accadano certe cose, perché proprio a me. Non potevo parlarne con nessuno. Il dolore e la vergogna mi tormentavano”. “E’ difficile comprendere il fenomeno degli abusi sessuali sui minori senza la considerazione del potere, in quanto essi sono sempre la conseguenza dell’abuso di potere, lo sfruttamento di una posizione di inferiorità dell’indifeso abusato che permette la manipolazione della sua coscienza e della sua fragilità psicologica e fisica” (Papa Francesco, 24 febbraio 2019).


POPE FRANCIS

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Chi vive un abuso è ridotto in schiavitù. Non dimentichiamo mai che era un bambino, UN BAMBINO! Spesso chi legge la testimonianza lo rimuove. Qualcuno potrebbe ipotizzare: perché oggi non lo denuncia? È un reato prescritto (ma non entriamo nei dettagli di cosa prevede la legge italiana). Non posso dilungarmi su questo aspetto. Comprendiamo quanto sia difficile ogni storia di abuso su minore se nessuno se ne accorge, se nessuno è competente nel leggere i segnali, anzi, il carattere chiuso, debole, restio, diventa da parte dei compagni forti, elementi scatenanti di altre violenze e discriminazioni. Dobbiamo educare a raccontare.

Questa testimonianza è edificante, come le altre, e offre delle strade di liberazione, di guarigione. “Solo quando sarei guarito del tutto”, quanta potenza evocativa in questo: l’abuso ha un potere per frantumare l’equilibrio psicologico e provoca un trauma profondo nella vita di relazione e fisica. Altri dovrebbero “guarire”, i lucidamente perversi, disturbati, i mostri del male e che agiscono per compiere un devastante incendio, per distruggere l’innocenza. Come riescono a dormire sonni tranquilli, ad accarezzare i loro figli? Vergogna, grande vergogna.

Un grande insegnamento, che commuove per chi si china sul dolore e la sofferenza delle vittime e che “mi fece sentire amato e compreso, mi ricordò che non ero solo e mi abbracciò. Quell’abbraccio mi fece sentire amato. Sono ancora in cammino, in alcuni momenti sento più forte il dolore di questa cicatrice che mi porto dentro, ma sono convinto che si può andare avanti e costruire ogni giorno la nostra vita, sempre con l’aiuto di Dio”. Credi tu questo? Ci direbbe Gesù. Io ci credo, molti ci credono. Si può risorgere (don Fortunato Di Noto).

***

Io non mi sentivo pronto a pubblicare la mia storia perché pensavo di poterlo fare solo quando sarei guarito del tutto. Ma mi sbagliavo perché mi hanno aiutato a capire che, nonostante la mia sofferenza, posso andare avanti, con l’aiuto di Dio e di chi mi sta vicino, posso ancora amare, fidarmi, donarmi al mio prossimo e dare un messaggio di speranza a chi come me si trova nella stessa situazione.

Sono un ragazzo di 25 anni, provengo da una famiglia numerosa e, non so per quale disegno di Dio, mi trovo a lavorare in una struttura che si occupa di persone anziane. Il mio lavoro mi ha permesso di aprirmi e fidarmi di una persona con la quale ho iniziato a condividere la mia storia di abuso. Lo ricordo benissimo, ero andato a lavoro triste e afflitto. Una mia collega, persona saggia e attenta, notò il mio stato d’animo e mi chiese cosa mi fosse accaduto, finché, senza nessun motivo specifico mi rivolse la domanda che cambiò per sempre il mio percorso di vita. Mi chiese se fossi stato abusato. Io di fronte a quella domanda, che toccava il fondamento della mia sofferenza, con gli occhi pieni di lacrime iniziai a raccontare tutto quello che mi era successo. Avevo tenuto questo segreto tutto per me per ben 17 anni, chiuso nei miei pensieri e fonte di tutte le mie sofferenze.

Crescendo ho rimosso molte cose dalla mia mente, cercando di dimenticare, ma una cosa è certa: ero solo un bambino. Un bambino di 5 o 6 anni cha veniva cresciuto all’interno di una famiglia sana, cristiana, con genitori meravigliosi che tentavano di insegnarci l’amore di Dio, l’importanza dei Sacramenti, del Battesimo e delle persone che, insieme a loro, erano chiamate ad accompagnarci nella crescita cristiana. Sì perché, a casa mia, i padrini e le madrine erano figure importanti, da rispettare e amare.

La mia madrina, oltre ad essere la migliore amica di mia mamma, era ed è considerata la nostra tata perché è stata sempre di aiuto ai miei genitori nella nostra crescita e io le sono stato sempre legato, proprio come lo ero al mio padrino, un amico di mio padre, che per me rappresentava tutto, una figura di riferimento importante, tanto che da grande avrei voluto essere come lui.

Lui era conosciuto da tutti perché era un allenatore sportivo e un onesto lavoratore. Era ammirato da tutti e soprattutto da mio fratello maggiore che era geloso di me e del nostro rapporto. Mi portava sempre con lui, andavamo a vedere le partite e andavo agli allenamenti della sua squadra, sedendomi in panchina accanto a lui. Tutto questo mi rendeva molto orgoglioso. Quando non lavorava stavamo spesso insieme, andavamo in giro e la sera tornavamo a casa sua dove cenavamo e dormivamo insieme. Ricordo benissimo che per farmi addormentare mi faceva vedere alcuni cartoni animati molto divertenti. Per me era un sogno e ne ero felice. Ma tutto questo incanto all’improvviso cambiò, come cambia il tempo in un giorno di primavera. Non ricordo la prima volta, perché ho cercato, invano, di dimenticare, ma ricordo perfettamente quando lui mi fece abbassare i pantaloni e le mutande e io, innocente, gli ubbidii pensando che fosse un gioco che non conoscevo. Molte cose cambiarono, le videocassette di fantasia divennero video porno che mi faceva vedere dicendomi che erano cose belle e che tutti lo facevano. Rimasi scioccato nel vedere quelle immagini dove c’erano anche ragazzini. Le prime volte in cui abusava di me, questo lo ricordo come se fosse ieri, io gli dicevo: “Ma cosa mi stai facendo? Perché fai così? Ma te lo ha insegnato Gesù?”, e lui, come se nessuno avesse parlato, continuava ad abusare di me. Di volta in volta i nostri incontri avvenivano in luoghi diversi: a casa sua, in ufficio, in campagna. Ricordo bene le stanze dell’ufficio, gli odori tipici, la freddezza di quella scrivania, ma ancora più degli odori ricordo il DOLORE.

Ogni volta che veniva a prendermi speravo che avremmo solo giocato, dimenticando gli orrori degli incontri precedenti. Ricordo anche che una volta a casa sua mi raccomandò più volte di non raccontare niente a mia madre, e io, pieno di fiducia, abbassavo lo sguardo e continuavo a sperare che tutto potesse tornare come prima, perché cominciavo a capire che quei giochi non erano giusti. Man mano gli abusi si facevano sempre più violenti e io ero terrorizzato quando mi prendeva con la forza e piangevo, mi divincolavo, lo allontanavo. Ma tutto questo serviva solo a fargli usare maggiore forza. L’unica cosa che mi prometteva era un gelato che mi avrebbe comprato subito dopo.

Non vedevo l’ora di tornare a casa per abbracciare la mia mamma e ritrovare un po’ di amore e felicità. E ogni volta dovevo mentirle dicendole che mi ero divertito ed ero stato bene. Per fortuna quegli incontri si diradarono sempre più, fino a finire completamente perché lui si allontanò per motivi di lavoro. Io cominciavo a crescere, andavo a scuola, avevo un carattere chiuso, riservato a volte potevo sembrare triste. Gli anni delle elementari trascorsero tra alti e bassi, ma alle medie dovetti attraversare un periodo difficile. A causa della mia timidezza e della mia difficoltà a fidarmi degli altri, divenni vittima di bullismo da parte dei miei “compagni” di classe. Quando mi trovavo in terza media arrivò il momento della Cresima e dovevo scegliere un padrino. Ancora una volta provai a dimenticare e a ricominciare proprio con la persona che mi aveva fatto più male. Lo chiesi proprio a “lui”, il mio padrino di Battesimo, che non ebbe la minima esitazione ad accettare.

I miei anni scolastici sono stati difficili e duri. Non riuscivo a concentrarmi nello studio e abbandonai la scuola. Ho preso il diploma da poco, al corso serale. Tutto per me è stato difficile, l’abuso subito mi ha rovinato la vita. Tante volte la notte, piangendo, mi sono chiesto perché accadano certe cose, perché proprio a me. Non potevo parlarne con nessuno. Il dolore e la vergogna mi tormentavano. Oggi posso dire che le poche persone a cui ho raccontato tutto mi sono sempre state vicine. Don Fortunato, al nostro primo incontro, mi fece sentire amato e compreso, mi ricordò che non ero solo e mi abbracciò. Quell’abbraccio mi fece sentire amato. Sono ancora in cammino, in alcuni momenti sento più forte il dolore di questa cicatrice che mi porto dentro, ma sono convinto che si può andare avanti e costruire ogni giorno la nostra vita, sempre con l’aiuto di Dio.

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