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Giovane cileno al Papa: l’abuso è stata la più grande umiliazione della mia vita

POPE FRANCIS

© Piotr Tumidajski - KAI

Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 26/02/19

Durante l'incontro in Vaticano, la testimonianza di una vittima ha commosso il Pontefice e tutti i presenti

“L’abuso, di qualsiasi tipo, è l’umiliazione più grande che un individuo possa subire. Si deve affrontare il diritto di avere la consapevolezza di non potersi difendere dalla forza superiore dell’aggressore. Non si può sfuggire a ciò che accade, si deve sopportare, indipendentemente da quanto sia brutto”, ha racconto un giovane cileno vittima di abusi da parte di un sacerdote quando era bambino. Il ragazzo ha offerto la propria testimonianza davanti al Papa e a 114 presidenti delle Conferenze Episcopali mondiali.

Durante la celebrazione penitenziale svoltasi il 23 febbraio nella Sala Regia del Vaticano in occasione dell’incontro “La Protezione dei Minori nella Chiesa”, il giovane ha unito la propria voce a quella di tutte le vittime che chiedono giustizia, rispetto e ascolto del loro dolore provocato dagli abusi ad opera di un membro del clero.


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Il ragazzo, che ora vive in Germania, ha superato i pensieri suicidi dopo l’umiliazione subita e ha affermato che “quando si sperimenta l’abuso si vorrebbe porre fine a tutto, ma non è possibile”.

“Si vorrebbe scappare cercando di fuggire da se stessi, e quindi col tempo si resta completamente soli. Si è soli perché ci si è ritirati e non si può, o non si vuole, tornare in sé”.

Il Papa ha chiesto ai vescovi del mondo di ascoltare chi ha subìto abusi sessuali da parte dei chierici, affermando che comprenderne il dolore è il punto di partenza imprescindibile per qualsiasi impegno per combattere l’abuso.

Il ragazzo che ha offerto la sua testimonianza ha fatto commuovere più di un vescovo: “Più spesso accade, meno si torna in sé. Si è un’altra persona, e si continuerà sempre ad esserlo. Ciò che ci si porta dentro è come un fantasma, che gli altri non possono vedere. Non ci vedranno né ci conosceranno mai completamente. Quello che fa più male è la certezza che nessuno ci capirà. Quella certezza resta in noi per il resto della vita”.

Il Pontefice aveva chiesto ai partecipanti all’incontro di preparare la riunione ascoltando alcune vittime nei Paesi d’origine, per rendersi conto della gravità del problema nel proprio territorio.

“I tentativi di tornare all’io più vero e di partecipare al mondo ‘di prima’ come precedentemente all’abuso sono dolorosi quanto l’abuso stesso”, ha commentato il giovane cileno. “Si vive sempre in due mondi allo stesso tempo. Vorrei che gli aggressori capissero che sono in grado di creare questa divisione nelle vittime. Per il resto della loro vita”.




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“Più sono grandi il desiderio e i tentativi di riconciliare questi due mondi, più dolorosa è la certezza che non è possibile. Non c’è sonno senza ricordi di ciò che è accaduto, né giornata senza flashback”.

“Ora riesco a gestire meglio la situazione, ho imparato a convivere con queste due vite. Cerco di concentrarmi sul mio diritto divino di essere vivo. Posso e devo stare qui. Questo mi dà coraggio. È finita. Posso andare avanti. Devo andare avanti. Se mi arrendessi ora o mi fermassi, permetterei a questa ingiustizia di interferire nella mia vita. Posso impedire che questo accada imparando a controllare la cosa e a parlarne”.

Al termine della sua testimonianza, il giovane si è commosso e ha commosso anche tutti i presenti suonando al violino una melodia composta da Johann Sebastian Bach. Il Papa è rimasto per tutto il tempo in silenzio e a testa bassa, assorto nella preghiera.

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