Come i cristiani copti, alcuni cattolici hanno scelto di farsi tatuare la croce di Cristo sul corpo. Una maniera di tenersi stretta la loro fede e un atto di solidarietà nei confronti dei cristiani perseguitati. Testimonianze.
Avevo bisogno di un simbolo, di un segno fisico, visibile, di Cristo vicino a me.
Così dice Ségolène, sulla trentina, rilegatrice e restauratrice di libri. Come altri numerosi cristiani, anch’ella ha scelto di farsi tatuare la croce di Cristo sul corpo. Lungi dall’essere una novità, questa tradizione è plurisecolare e ha le sue origini a Gerusalemme. Wassim Razzouk è probabilmente il tatuatore più noto della città santa. Fa tatuaggi ai pellegrini in una delle botteghe più antiche del souk di Aftimos, il quartiere cristiano della città di Davide. “Marchiando” i cristiani egli perpetua così una tradizione di famiglia. 700 anni fa erano i crociati: adesso sono i pellegrini a tornare fisicamente segnati dalla croce di Cristo. Il tempo dei cavalieri è molto lontano, ma la tradizione è rimasta. La bottega non si vuota. Razzouk iscrive nella pelle dei simboli cristiani. Quelli che passano sotto le sue mani hanno una trentina d’anni o più. Fanno questo gesto a testimoniare solidarietà per i Cristiani d’Oriente. È il segno della loro appartenenza a Cristo, il segno del loro impegno per la Terra Santa.
Padre Nicolas Van Der Maelen: «Il segno della mia appartenenza a Cristo»
Nessuno dubita che un prete porti Cristo nel cuore, ma è più raro trovarne uno che ce l’abbia tatuato sulla pelle. Padre Nicolas, cappellano d’ospedale per la diocesi di Parigi, fa eccezione. Due anni fa si è fatto tatuare una croce di Gerusalemme sull’avambraccio destro: «È la manifestazione della mia vicinanza spirituale ai cristiani d’Oriente», assicura. E prosegue, il cappellano nell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro:
Nessuno può vedere o indovinare la mia croce: è nascosta dalla manica della mia camicia. Ma per me questo marchio è una professione di fede, è una cosa personale, è la mia relazione con Cristo.