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Annamaria e Francesco: Maddy è vissuta “solo” 2 ore ma è stata un dono di Dio per noi!

Annamaria e Francesco Civenni,

©Francesco Civenni

Silvia Lucchetti - pubblicato il 26/03/19

La storia emozionante di una coppia di sposi che ha rinunciato all’aborto per accogliere la vita della loro bambina, affetta da una patologia incompatibile con la vita.

Oggi vi racconto la storia di Annamaria e Francesco una coppia di sposi di Ravenna che ho avuto il piacere di incontrare in un paio di occasioni senza avere mai avuto modo però di chiacchierare e conoscerci. Ma i social network, Facebook in questo caso, che non sono solo quei malefici strumenti mangia tempo pieni di sciocchezze, ci hanno permesso di restare collegati, e così il 28 gennaio scorso ho letto sulla bacheca di Francesco questo post:

7 anni di te… di te che sei arrivata come un’onda, come l’onda di uno tsunami che arriva improvvisa, inaspettata e ti travolge con tutta la sua forza. Tu, così piccola e indifesa, hai spazzato via tutte le nostre certezze e i nostri progetti. Così piccola hai avuto una forza incredibile nello scuoterci che quasi, anzi senza quasi, ci hai piegato le gambe a metà… ci hai lasciato in ginocchio. E in ginocchio, mentre l’onda si ritirava, abbiamo cercato le nostre rovine… La speranza si sa, è l’ultima a morire e così abbiamo intravisto da lontano qualcosa, era un albero al quale potevamo aggrapparci: era una quercia! L’abbiamo presa, ci siamo aggrappati, e con tutta la nostra forza l’abbiamo tenuta stretta. Abbiamo raccolto le rovine lasciate dall’onda e abbiamo iniziato la nostra ricostruzione ripartendo da te, accogliendoti tra noi. Piccola Maddy, sei stata con noi pochissimo, ma hai lasciato un ricordo indelebile nei nostri cuori e nel nostro matrimonio. Questa preghiera di Madre Teresa spero possa essere di aiuto a tutti coloro che si trovano in difficoltà, che si trovano davanti a qualcosa di inaspettato: “Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento. Sìi l’espressione della bontà di Dio Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi, bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto. Ai bambini, ai poveri a tutti coloro che soffrono nella carne e nello spirito offri sempre un sorriso gioioso Dai a loro non solo le tue cure ma anche il tuo cuore”.

Ho contattato Checco per mandare virtualmente un abbraccio a lui e sua moglie e la sua risposta mi ha stupito:

Grazie Silvia, sembra strano ma per noi Maddalena è stata una benedizione, un dono. Da quel giorno sono cambiate tante cose… e spesso andiamo in giro per parlare e dare testimonianza della nostra esperienza per dire che esiste un’alternativa all’aborto… A presto!!!

Mi è capitato di ascoltare parole simili pronunciate da mamme, che ho anche avuto l’onore di intervistare su queste pagine, mai da un padre e questo mi ha emozionato ancora di più. Maddalena aveva una patologia incompatibile con la vita, è nata e morta lo stesso giorno, è vissuta “soltanto” due ore con i suoi genitori eppure ha donato loro una gioia grande, e nel dolore una pace dolce, divina, quella di chi sa di aver amato, accolto, accompagnato un figlio alla sua nascita in Cielo. Quella che segue è un’intervista doppia, ad Annamaria e Francesco, ma in fin dei conti è singola, perché loro due sono uno, nella carne e nello spirito. Li ringrazio per aver generosamente condiviso la loro storia e mi auguro che questa testimonianza possa infondere coraggio e fiducia ad altre coppie che vivono una situazione simile.




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Dopo una prima gravidanza che purtroppo si interrompe spontaneamente all’ottava settimana, scoprite con gioia di aspettare un altro bambino…

Annamaria. Ero alla 14esima settimana di gravidanza e durante un controllo di routine la ginecologa ci dice che purtroppo c’erano dei problemi. Al feto non si era formata la calotta cranica e quindi questa condizione lo rendeva incompatibile con la vita al di fuori del mio grembo. E in quel momento, dopo aver ricevuto la diagnosi, abbiamo scelto immediatamente di interrompere la gravidanza firmando subito il modulo per l’aborto anche perché la ginecologa non ci aveva mostrato altre prospettive e quella sembrava l’unica scelta possibile. Quindi siamo usciti dallo studio e abbiamo riferito ai nostri genitori che avevamo deciso di abortire e basta. Tornati a casa nostra ci siamo detti: “Cosa facciamo? Chiamiamo qualcuno per avere un consiglio, un confronto?”. Così abbiamo provato a chiamare la mia guida spirituale dell’epoca che era una suora di clausura che non ha risposto, per cui poi ci siamo rivolti alla guida spirituale di Francesco, un sacerdote della diocesi di Ravenna, ma in quel momento non siamo riusciti nemmeno a parlare con lui. Siamo arrivati addirittura a telefonare al vescovo ma anche lui era via quel giorno. Quindi ci siamo chiusi ognuno nel suo silenzio, io sono stata tutta la sera in camera da letto a piangere e Francesco invece in un’altra stanza. Ma dopo sono andata su internet a cercare la parola “acrania”, e uno dei primi link che è apparso è stato quello della Quercia Millenaria (un’associazione che dal 2005 si occupa di sostenere le coppie in gravidanza nei casi di diagnosi infausta ndr). Immediatamente ho scritto una mail alla presidentessa Sabrina Pietrangeli, perché nel mio cuore sentivo che quella di interrompere non era la nostra scelta, non ci dava serenità.

E dopo?

Annamaria. Il giorno successivo ricevo la risposta di Sabrina che mi invita a stare serena, a prendermi del tempo per riflettere, data la possibilità di abortire anche tardivamente per la gravità della patologia del feto, e mi suggerisce di prendere contatti con Laura, una mamma che 5 anni prima aveva vissuto la stessa situazione che stavamo attraversando noi. In una lunga telefonata con lei mi si è aperto il cuore, ho pianto tutto il tempo, finalmente sentivo parlare di vita. Ricordo che mi disse: “Noi scegliendo di accompagnare Marianna abbiamo dato una dignità a questa bimba, l’abbiamo accolta come figlia”. Finita la telefonata vado da Francesco, e senza spiegargli quello che era successo, gli dico: “Se tu sei con me io la porto avanti la gravidanza”. E lui non ci pensa un attimo e mi risponde: “Io sono con te, sono con voi”. In quel momento sparì il peso sul cuore che sentivo da quando avevo firmato il modulo per abortire.

Da cosa nasceva il peso che sentivate nel cuore?

Francesco. Il peso è volato via in quel momento, le braccia erano libere, quel macigno sullo stomaco non c’era più, è stata una liberazione. Mi sono sentito padre perché avevo riconosciuto mia figlia, l’avevo sentita finalmente come mia figlia. Quel peso era l’angoscia di non averla accettata, allora non sapevamo ancora se fosse maschio o femmina. L’angoscia che provavo era frutto di questo rifiuto, io non avevo accettato di avere un figlio che non fosse normale, che sarebbe dovuto andare via subito da noi. Venivamo già dalla sofferenza di aver perso il nostro primo bambino, per aborto spontaneo. Ero anche arrabbiato con Dio, perché le cose non andavano come avevo creduto. Ho pensato che ci avesse dimenticato, anche perché frequentando la parrocchia avevo quasi la superbia di dire: “Perché a noi tutto questo?”.

Annamaria. Per me quell’angoscia nasceva dal senso di colpa, per non avere il coraggio di proteggere il mio bambino e scegliere invece di eliminarlo. Il senso di colpa è arrivato dopo a casa, perché durante la visita ero convinta di abortire al 100%. Ed è arrivata anche la rabbia nei confronti di Nostro Signore. Quando ho scelto di non abortire è stata una liberazione, mi sembrava di volare: “Gesù muove le montagne”, io mi sentivo così. Ci sentivamo così. Tutto è cambiato, siamo cambiati noi. Le persone attorno sono rimaste sempre quelle, alcune ci hanno sostenuto altre hanno fatto fatica a starci vicino, perché non è facile stare vicino a una coppia che aspetta una bambina destinata a morire. Anche per i nostri genitori inizialmente non è stato facile accettare la scelta di portare avanti la gravidanza. Convivere con la sofferenza e condividere la sofferenza non è da tutti, è difficile. Quindi abbiamo ritrovato degli amici, ne abbiamo persi altri e noi sì, siamo cambiati, cresciuti come coppia, ci siamo legati ancora di più, pur facendo fatica. Io ogni giorno piangevo, piangevo pensando che prima o poi Maddalena non sarebbe stata più con noi. Sofferenza ma non disperazione, consapevoli che più di così non potevamo fare. Questo, dopo mi ha dato la pace: ho fatto tutto quello che potevo per nostra figlia. Recitavo il rosario quasi tutti i giorni, Maria mi ha sostenuto veramente così come le preghiere della nostra comunità di Marina di Ravenna in cui svolgiamo servizio in parrocchia, facciamo parte del coro che dirigo, e dove Francesco suona. Una volta che la voce si è sparsa, la nostra comunità ha pregato veramente tanto per noi.




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Come è andato il parto di Maddalena?

Annamaria. Alle 36esima settimana è nata Maddalena. Ho avuto un parto naturale, ci ha messo un po’ a nascere. Mi si sono rotte le membrane alle 14.30 del pomeriggio e lei è nata alle due e trenta di notte. A Ravenna non sapevano se farmi il cesareo o farmi partorire naturalmente. Quindi abbiamo contattato la Quercia Millenaria di notte e la dottoressa ha voluto parlare con loro per capire se si poteva aspettare per poter fare un parto naturale o se era necessario un taglio cesareo. Io ero tranquilla, ero convinta che sarebbe andato tutto bene, come era stato già predisposto dal Signore. Quando siamo arrivati in ospedale sembrava che nessuno sapesse niente e che non ci volessero lì. Hanno detto: “no, il reparto è pieno”. Ed io: “Ma come proprio noi che abbiamo una bimba con dei problemi, che abbiamo già parlato con il neonatologo, e la ginecologa che mi segue è qui, volete mandarci via?”. Era un rifiuto, un togliersi la bega, e passare la palla a qualcun altro. Dopo qualche ora invece c’è stato il cambio turno, si è liberata la stanza singola, che di solito a Ravenna tengono per le interruzioni volontarie di gravidanza, e piano piano tutto si è messo a posto. Addirittura mi avevano detto: “Se vuoi rimanere l’unica possibilità è metterti in stanza con altre mamme che hanno appena partorito”. Noi dicevamo: “Vabbè che possiamo sostenere tanto, però così ci sembra troppo”. In quel momento ho capito che sarebbe andato tutto nel verso giusto. Infatti Maddalena ce l’ha fatta, è nata naturalmente, era piccolina pesava 1 kilo e 700 grammi ed era 39 cm di lunghezza, ha aperto gli occhi e mi ha guardata e poi sono rimasti chiusi, è stato il nostro primo incontro. I nostri genitori che erano lì che aspettavano sono potuti entrare in sala parto, l’hanno conosciuta, l’hanno tenuta in braccio, così come i nostri fratelli. Abbiamo fatto qualche foto, c’è stata tanta commozione anche tra le ostetriche.

Francesco. Con noi c’era anche una sacerdote, solo che ad un certo punto si è fatto molto tardi ed è dovuto andar via. Prima però mi ha detto: “Guarda, stai sereno Francesco, la puoi battezzare tu, non temere. Chiedi un po’ d’acqua e l’acqua la benedici facendo un segno di croce, se non te la dovessero dare basta anche un po’ di saliva, non ti preoccupare”. Allora quando è nata, abbiamo fatto le foto e prima che entrassero i nonni e gli zii per conoscerla, io ho chiesto subito un bicchier d’acqua per battezzarla, perché avevamo paura che Maddalena morisse subito. Loro hanno detto: “Sì, sì, certo, ci mancherebbe. Va bene anche dal rubinetto?”. Ed io: “Certo, va bene”. Allora io ho fatto come mi aveva suggerito il sacerdote, ho benedetto l’acqua che mi era stata data in un bicchiere di plastica e ho detto: Maddalena io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. C’è stato un silenzio particolare, non se lo aspettavano neanche le ostetriche, stavano tutte piangendo e allora si alternavano: qualcuna usciva e qualcuna entrava. Maddalena è vissuta “solo” due ore, è nata e morta il 28 gennaio 2012.

Come avete vissuto il funerale di Maddalena?

Annamaria. Per il funerale ha pensato a tutto Francesco. Quel giorno è stata veramente dura, lì ho raggiunto l’apice del dolore, mi rendevo conto che mia figlia non c’era più e che una volta seppellita il legami fisico si sarebbe interrotto. Per me tornare a casa dopo il ricovero senza di lei, fare tutte le cose senza la pancia, è stata la sofferenza più terribile. Dopo il funerale avere un posto fisico dove andarla a trovare, pulire la tomba, portarle i fiori, mi ha aiutato tantissimo nell’elaborazione del lutto. Era come occuparmi ancora di lei.




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C’è qualcosa che vi sentite di dire a famiglie che vivono una situazione simile alla vostra?

Annamaria e Francesco. Noi raccontiamo la nostra esperienza non per fare vedere quanto siamo stati bravi, ma perché durante questo cammino ci siamo detti: “Nessuno deve restare solo in casi come il nostro”. E per questo vogliamo essere accanto a quelle coppie che vivono il nostro stesso percorso per non fargli vivere come è successo a noi la solitudine. Ci è capitato infatti di accompagnare una coppia con cui fino ad oggi siamo rimasti amici, perché condividendo un cammino di questo tipo il legame diventa molto forte.

Annamaria. Oggi facciamo parte della Quercia Millenaria. Io ad una donna che si trova davanti alla stessa scelta che ho dovuto affrontare direi quello che ho detto a me stessa: “Alla fine questo è mio figlio, questo mi è stato dato, anche se malato è comunque un bambino degno di essere amato, degno di venire alla luce, di essere accudito, finché il Signore lo permette”. Quando incontro donne che non hanno il dono della fede dico loro: “Sapevi di essere madre, eri già madre prima della diagnosi, l’amore che provi per questo bambino è lo stesso di prima anche se ora la sofferenza e la rabbia non te lo fanno vedere”.

Francesco. L’uomo deve difendere e sostenere la moglie che vive dentro di sé il dramma di un figlio destinato a morire. Una volta fatta la scelta di andare avanti si deve porre come scudo per proteggere la sposa in questo momento di assoluta fragilità.

Avete due figlie adesso, conoscono Maddalena?

Annamaria e Francesco. Certo! Sara e Marta le nostre figlie sanno di avere una sorella in Cielo. Andiamo insieme al cimitero a trovarla, hanno visto le sue fotografie e Sara spontaneamente un giorno ha detto: “è un po’ strana Maddalena, non è come me e Marta”.

Dove avete trovato la forza per sostenere la vostra scelta?

Annamaria. Io dico sempre che il problema è scegliere se dire sì o no al Signore, una volta che dici sì Lui ti apre veramente tutte le porte, ti sostiene in tutto e per tutto, economicamente, psicologicamente, spiritualmente, materialmente, proprio come ha fatto con noi.




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