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La proposta di legge di adottabilità del concepito, intanto, tratta il nascituro come persona

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Evgeny Atamanenko/Shutterstock

Paola Belletti - pubblicato il 29/03/19

Primo firmatario, Stefani, giovane onorevole della Lega. Alla notizia della presa in carico della legge dalle commissioni riunite Giustizia e Affari generali le reazioni accese non sono mancate.

Un cambiamento proposto entro le mura della legge 194

La notizia e le reazioni sono recenti, la presentazione della proposta di legge risale al 4 ottobre 2018 (il fatto che fosse festa del patrono d’Italia comunque è un buon auspicio). Sotto il titolo di “Disposizioni in materia di adozione del concepito” e al numero progressivo 1238 degli Atti parlamentari presso la Camera dei deputati ci sono i 46 nomi dei firmatari della stessa, dopo quello del primo e più citato: Alberto Stefani, parlamentare italiano per la XVIII legislatura, nelle file della Lega, nato poco prima del mio primo nipote, nel 1992!

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Viene dal giustamente detto Nord Est produttivo; ha una sorella che si è laureata in diritto canonico, un papà imprenditore, la madre occupata in un’altra impresa. Riferendo la sua prima giornata da parlamentare racconta di essere rientrato presto, dopo una pizza, e di essere andato a dormire dalle suore: la cosa fa tanto campo scuola, vengo dall’azione cattolica, mi ci sono ritrovato, dice alle telecamere. Questo, sommariamente, il suo retroterra.

Il giovane e brillante laureato in giurisprudenza ha il viso pulito del ragazzo normale, sveglio, impegnato il giusto. Non il classico divanaro, per intendersi (che poi anche quella magari è una fase, no? Lo dico a me stessa). E’ lo stesso onorevole che commentando il  decreto sicurezza proponeva di riconoscere al cittadino che viene invaso in casa propria il diritto di reazione, la possibilità di difendersi.

Da quel che ho colto nel testo della proposta di legge che è passata alle commissioni riunite Giustizia e Affari sociali dieci giorni fa circa, pur usando tutti i riguardi per la donna incinta, pur spingendo per una quanto mai necessaria e legittima reintegrazione del ruolo del padre del concepito, quel che colpisce positivamente è la considerazione del concepito come persona, e una persona “minacciata in casa sua”, un cittadino lui pure. Ma queste sono mie considerazioni.


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Struttura del documento

La proposta di legge consta di sette articoli, introdotti da una premessa che prende le mosse dall’analisi del fenomeno aborto in Italia; fenomeno regolamentato dalla inavvicinabile legge 194; intorno ad essa campeggiano vistosi cartelli di Pericolo! Alta tensione! E stazionano perennemente guardie armate o perlomeno prevenute.

Le reazioni alla notizia della presentazione di questo documento infatti saranno grossomodo tutte intorno alla violazione di questo spazio sacro per i sacerdoti del laicismo moderno. Sembra che abbiamo proprio nell’aborto il cuore pseudo sacramentale di questo che è a tutti gli effetti un culto.

Per prima cosa bisogna osservare che lo spazio nel quale si inserisce questo documento, di sicuro coraggioso, è proprio quello lasciato incolto dalla stessa legge-totem. Uno spazio che la 194 stessa prometteva di recintare e coltivare; e la cosa è ancora cogente, trattandosi di legge di stato. Il secondo paragrafo, dopo aver ricordato che il 2018 è stato l’anniversario della pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza, dice:

La legge n. 194 del 1978 si proponeva di legalizzare l’aborto in alcuni casi particolari (violenza carnale, incesto, gravi malformazioni del nascituro, eccetera) e di contrastare l’aborto clandestino, mentre, ad avviso dei proponenti, ha contribuito ad aumentare il ricorso all’aborto quale strumento contraccettivo e non ha affatto debellato l’aborto clandestino.

Ovvero ciò che la 194 indicava nel titolo (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza) e nell’articolo 1 del proprio testo. Dove abbiamo visto infatti significative iniziative pubbliche promosse per “evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite” (terzo comma)? Significative magari sì, ma sempre ad opera di privati e temerari cittadini.

Anche all’articolo 2 le cose non sono andate tanto bene se esso doveva garantire anche al

volontariato di collaborare con i consultori anche informando la donna sulle possibili alternative all’aborto . (Pdl 1238, Premessa, p 2)

La presa visione degli amplissimi margini di miglioramento dell’applicazione della 194 prosegue. Non si proponeva di impedire il ricorso all’aborto dopo i primi novanta giorni dal concepimento? (art 4, L. 194) mentre in base ai dati del Ministero della salute risulta che tra il 1990 e il 2010 gli aborti oltre la 12ma settimana sono cresciuti del 182 per cento.

L’analisi prosegue: numero aborti legali in Italia dal 1978 ad oggi circa 6 milioni, senza poter contare le “morti nascoste” delle pillole abortive e delle tecniche di procreazione assistita, una delle pratiche con il peggior rapporto costo/benefici dai tempi della costruzione delle Piramidi.

Seguono altre constatazioni per nulla amichevoli: un accresciuto ricorso all’aborto da parte delle minorenni; l’uso distorto (quando non completamente infondato) di diagnosi prenatali per promuovere l’aborto (io personalmente preferirei parlare di istigazione vera e propria) laddove invece andrebbe sponsorizzata la medicina prenatale che anche in Italia conosce eccellenze invidiabili. E l’esercizio dell’obiezione di coscienza da parte del 70 per cento dei medici è, a detta dell’autore del testo, prova tangibile “dei conflitti di coscienza che pone la soppressione di una vita” (Ibidem). Prende fiato con un punto e si affretta a ricordare che è sempre la stessa L.194 a garantire e tutelare l’obiezione di coscienza. Prosegue ricordando che il numero degli aborti clandestini si mantiene stabilmente tra i 12 e i 15 mila l’anno ed è una stima quasi sicuramente per difetto.


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Siamo in pieno inverno demografico, come possiamo aumentare le nascite anche evitando gli aborti?

Le ragioni che portano all’interruzione di gravidanza quali sono? Per l’85 per cento non riguardano questioni di pericolo reale per la salute della donna o malformazioni del nascituro. E quindi?

Ecco il passaggio a mio parere critico perché tradisce una lettura economica e nemmeno nella sua versione più moderna del problema. Pare che i proponenti siano tentati di approcciarsi al tema maternità, calo demografico e “desiderio” o meglio disponibilità alla genitorialità come se si muovessero in un mercato: quel che lo fa girare è da sempre il magico incontro tra la domanda e l’offerta. Esistono tante coppie che desiderano adottare e ci sono migliaia di concepiti indesiderati l’anno. Perché non far dialogare queste due realtà, si chiede il testo?

La presente proposta di legge si prefigge di individuare le modalità più efficaci (…) di prevenzione dell’aborto (…) e di coniugare l’elevato numero di concepiti “indesiderati” e il desiderio reale di coppie disponibili all’adozione nazionale. (p.3)

Prima debolezza: il desiderio degli adulti al centro. E questo ci precipita inevitabilmente in una logica commerciale e del diritto come ratificazione dei desideri. Però nel prosieguo della proposta emerge, va detto, un’attenzione più elevata al concepito, che iniziamo a intravvedere come persona, e anche alle dinamiche di scelta della donna, di rispetto dei suoi tempi, di tempestività perché il piccolo non resti solo, di scrupolosità e fermezza nella scelta e nel monitoraggio dell’affido pre-adottivo e dell’adozione poi.


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I tre capisaldi della proposta di legge

La legge poggia su tre colonne, due poggiate sul basamento del desiderio e consenso della donna e una sull’azione del Tribunale per i minorenni a tutela del concepito fino a che la sua adozione non giunga a buon fine.

primo: la donna in alternativa all’IVG per le ipotesi previste dalla lege 194 può ottenere lo stato di adottabilità del concepito, disposto con rito abbreviato, con decreto del tribunale per i minorenni PRIMA della nascita del concepito secondo: la donna, fino al momento della nascita e nei sette giorni successivi, può sempre e liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito. terzo: il tribunale per i minorenni, entro sette giorni dalla nascita del concepito dichiarato adottabile, sceglie la coppia tra un apposito elenco di coppie la cui residenza è posta a una distanza non inferiore a 500 chilometri dal luogo di nascita del concepito e dispone l’affidamento preadottivo, ai fini della successiva adozione. (Ib) La scelta del tribunale per i minorenni preclude ogni possibile forma di “commercio” tra la madre naturale e la coppia.

Non si vuole togliere l’accesso all’IVG, viene di nuovo ribadito, ma offrire alternative che la donna possa scegliere liberamente.

Coinvolto anche l’uomo indicato come padre

Nell’articolo 2 della PdL leggiamo un avverbio interessante: consultorio o struttura socio-sanitaria devono informare obbligatoriamente e per iscritto la donna e la persona indicata come padre della possibilità di ricorrere alle misure alternative all’interruzione di gravidanza anche in caso siano state individuate (ipotizzate, in molti casi!) anomalie nel feto. Perché è troppo spesso la semplice informazione che manca, a favore di una controinformazione tutta a favore dello smistamento feti difettosi e interruzione gravidanze indesiderate.




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Lo stato di adottabilità è disposto con decreto del tribunale per i minori; la donna ha libertà di revocare il consenso fin dopo la nascita del figlio (si dice sempre nascita, non parto. Mi pare una notazione giusta per far emergere che al centro c’è anche il bimbo, oltre alla mamma. La cosa più bella è sempre quando entrambi nella loro unità esistenziale sono guardati custoditi e rispettati).

La libertà e la permanenza del consenso dato dalla donna sono verificati a distanza di tempo e fino al termine massimo dei 7 giorni dopo la venuta al mondo del bambino. Il ruolo dell’uomo è marginale e non vincolante, ma perlomeno c’è e se è informato può dire la sua. E in parte riabilitato, un poco più riconosciuto e responsabilizzato di quanto non avvenga ora che la donna è lasciata sola, intrappolata (a volte spinta proprio dall’uomo!) nella sua inviolabile libertà di vita e di morte.

L’articolo 5 considera i passi necessari alla valutazione del consenso libero della donna con l’obbligo di tempi ristretti. È un pubblico ministero che verifica la persistenza del consenso allo stato di adottabilità del concepito. Ovvero una figura che rappresenta lo stato: non è più un fatto solo privato con nessuna ricaduta sociale, allora, questa misteriosa gravidanza! Certo, mi immagino qualche donna che forse dovesse scegliere questa possibilità vedersi convocata, interrogata, invitata a firmare.

E tutto mentre il pancione cresce, il bimbo scalcia, le difficoltà che l’hanno spinta a tanto che permangono. E lei che cerca forse di non alzare troppo il livello di amore percepito per questo nascituro, per non soffrire eccessivamente. Ho una domanda ignorante da fare qui ora: ma se tra le motivazioni che hanno portato la donna e forse anche l’uomo a pensare di non far nascere un bimbo ci fossero quelle economiche, perché non dare loro le risorse necessarie e mantenere l’optimum per tutti, a partire proprio dal più debole cioè il figlio?

Controllo e scrupolosità garantite dal Tribunale per i minorenni

L’articolo 6 e l’articolo 7 sono tutti sulla procedura di affidamento e adozione; si concentrano sulle procedure di iscrizione alle liste per adottare i concepiti e sulle tappe che la coppia designata dovrà poi seguire prima di pervenire all’adozione vera e propria. Di fatto la separazione di un neonato dalla propria madre e l’affidamento in tempi rapidi, ma senza approssimazione ad altri che possano esercitare il ruolo di madre e di padre, sono un processo delicatissimo, pieno di rischi. Da compiere di sicuro con tutte le accortezze che esige una vita partita in salita come quella di un bimbo rifiutato.

Se gli articoli relativi alla gravidanza rimandavano alla L.194, questi della fase affidamento e adozione si riferiscono tutti alla legge 184 del 1983, quella che regolamenta l’istituto nobilissimo dell’adozione esposto anch’esso, in questi anni, ad attacchi e infiltrazioni “nemiche” della sua ratio: il superiore interesse del fanciullo. Questo è la bussola, il Nord magnetico cui dobbiamo riferirci e non mai il desiderio degli adulti. Anzi, ogni adulto bene o male risolto, è proprio chi ha imparato a ordinare i propri desideri al bene altrui, mortificandoli anche, se necessario.

Piena applicazione della 194: e allora cos’è tutto questo clamore?

Siamo entro le mura della 194: ma perché allora tutte queste scalmanate reazioni? Temono sia un cavallo di Troia, forse. (Magari!)

Lo stesso Ministro dell’Interno e vice premier Salvini, leader della Lega dalla quale è uscito anche Stefani, si è affrettato a dire che la 194 non è in discussione. Di Maio idem, con una notazione non del tutto inutile quando ha fatto notare che la cosa importante è aiutare le famiglie che fanno figli.

Lo stesso Ministro della Giustizia ha dichiarato:

Non ci sono dubbi che la legge 194 sull’aborto sia una conquista del nostro paese: mi guarderei bene dall’intervenire. Non conosco la proposta in questione – ha aggiunto il ministro – il parlamento la analizzerà, ma non ci sono dubbi che la 194 è stata una conquista di civiltà giuridica e sociale del nostro paese e mi guarderei bene dall’andare a rivederla. Poi si possono sempre migliorare le situazioni, ma i principi non sono in discussione. (FanPage)

HANNAH, SUDLOW

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Una riflessione e qualche domanda aperta

Allontaniamoci per ora da questo recinto elettrificato che circonda la 194 e poniamoci ancora qualche domanda:

Questa proposta, che prima che possa diventare legge dello stato lo sappiamo, deve attraversare un lungo iter, è in grado di offrire alternative benefiche alle donne e ai bambini? Per il concepito, trattandosi di subire la scelta tra la morte per smembramento in utero o la vita lontana dalla madre e dal padre naturali diremmo di sì. Per la madre e per il padre? Potrebbe innescare una mentalità diversa, allargare la disponibilità all’accoglienza della vita, fornire un argine all’abuso del ricorso all’aborto?

Quanto aggiungerebbe ad esempio alla possibilità di parto in anonimato? Non basterebbe aumentare l’informazione su questa possibilità? O diffondere la presenza delle culle per la vita? O anche solo ascoltare una donna che ha paura e non lasciarla sola?

A che rischi espone il nascituro? Il rischio del “commercio” tra madre naturale e coppia adottiva è del tutto scongiurato dalla funzione esercitata dal Tribunale per i minorenni come indicato in premessa (vedi documento a p.3)? Ci sono spazi pericolosi per eventuali predatori pedofili?

Torneremo a rifletterci magari confrontandoci con un esperto. Intanto seguiamo l’iter della proposta: chissà che gestazione avrà!

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