La mamma si chiama Natalie Halson, 29 anni all'epoca della gravidanza, vive a Manchester. Alla 22sima settimana scopre che la figlia è affetta da spina bifida. Ragione inoppugnabile, per i medici, perché venga abortita.
La storia di queste due donne, una adulta e l’altra ancora potenziale poiché si tratta di una neonata (grazie al coraggio della madre), è uguale a quella di tante altre. E questa è la vera tragedia. Della vicenda di Natalie, la mamma, e Mirabelle, la figlia, si parla da un po’ perché si sono ostinatamente sottratte al tacito protocollo che le avrebbe volute l’una madre in lutto, l’altra bimba deceduta.
Doctors repeatedly warned first-time mum Natalie Halson her unborn baby would have a poor quality of life, after the 22-week scan showed the tot had spina bifida.
I medici hanno ripetutamente avvertito Natalie Halson madre per la prima volta che la figlia non ancora nata, avrebbe avuto una scarsa qualità di vita, dopo che l’ecografia a 22 settimane ha mostrato che la bimba aveva la spina bifida.
L’itinerario tra gli ospedali inglesi: dal St Mary’s Hospital di, Manchester al Great Ormond Street Hospital di Londra, all’Alder Hey Children di Liverpool
La prima ecografia con prognosi nefasta le viene fatta al St. Mary’s Hospital di Manchester; non capisce bene perché ma i medici non le rivelano subito la malformazione rilevata; dovrà pietirla al telefono, racconta sempre al Sun. Chiede di essere mandata al GOSH (come non andare con il ricordo dolente al piccolo Charlie Gard?) per un’altra ecografia approfondita da affidare ad uno dei massimi esperti di spina bifida, il Dr. Jan Deprest, che le dice: Mirabelle non è adatta per un intervento chirurgico in utero a causa dell’angolazione della sua spina dorsale. C’è però un’altra possibilità: un intervento da attuare sulla bimba (la stessa, si noti!), una volta nata (The Sun, ibidem).
Nessuna garanzia di successo, ma la migliore opzione disponibile. Dopo l’aborto, ovvio. Perdonate il sarcasmo, ma è stato proprio questo il panorama obbligatorio che la donna si è trovata costretta a vedere per mesi, lottando non con i medici al proprio fianco nella prova dolorosa di sapere sua figlia malata, ma contro di essi, almeno alcuni, perché lei nascesse e fosse curata.
L’invito ad abortire ripetuto per ben dieci volte come unica opzione degna di una donna degna di questo nome assomiglia più ad una istigazione a delinquere che alla notifica di un diritto da esercitare. Ne sappiamo qualcosa in tante: subiamo una vera e propria pressione ad interrompere la gravidanza (nostra, fino a prova contraria!) in caso anche solo di sospetta malformazione. Quando invece la malattia appare già certa passiamo direttamente alla categoria delle irresponsabili egoiste in caso di gravidanza ostinata. Ma senza tante allusioni, papale papale.