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Per riscattarsi dal carcere le detenute di Pozzuoli producono caffè artigianale

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By aclaire/Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 22/06/19

Presso la casa circondariale femminile campana la Cooperativa Lazzarelle offre lavoro e speranza alle detenute

Il carcere femminile di Pozzuoli è una struttura nata nel ‘700 come convento, poi trasformata in manicomio giudiziario e infine diventata casa circondariale che ospita attualmente circa duecento recluse, dove dal 2010 – grazie ad un finanziamento della Regione Campania – è attivo un progetto lavorativo che ad oggi ha coinvolto 60 detenute condannate in via definitiva attraverso la costituzione della Cooperativa Lazzarelle.

Caffè artigianale in carcere

Viene prodotto in carcere caffè artigianale secondo l’antica tradizione napoletana da donne con un passato difficile che vogliono riscattarsi e diventare protagoniste attive del loro cambiamento. Dalla famosa affermazione di Simone de Beauvoir: “donne non si nasce si diventa” nasce il loro motto: “Lazzarelle non si nasce, si diventa”, che sottolinea come nel bene e nel male il proprio destino sia frutto delle esperienze vissute.

Il riscatto delle “Lazzarelle”

Ad oggi il 90 per cento delle detenute che hanno preso parte al progetto non è rientrato nel circuito criminale. Imma Carpiniello, presidente della Cooperativa, così ne illustra lo spirito e la mission:

L’idea di fondo delle Lazzarelle è quella di investire risorse umane ed economiche in un percorso di formazione e produzione. L’obiettivo è duplice: da un lato favorire il rapporto con l’esterno per evitare il rischio buco nero della detenzione; dall’altro costruire un’impresa capace di stare sul mercato con un prodotto artigianale etico e legato al territorio. Ma è anche un modo per ricordare e riaffermare che quando parliamo di politiche di pari opportunità bisogna costruire, nei luoghi dove le donne sono più vulnerabili, pratiche di inserimento e protezione sociale. Ecco allora che anche un caffè è un passo verso la strada della libertà. (Corriere.it)

SISTER ANNE LECU

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E il carcere si rivela luogo dove le donne sono ancora più vulnerabili perché, come afferma la Carpiniello:

La bassa percentuale di donne detenute è alla base di una generale tendenza a ignorarne i problemi. Le poche donne rinchiuse in carcere, il 5 per cento rispetto alla popolazione carceraria, sono costrette a scontare insieme alla pena il disagio di essere una minoranza in un universo pensato e organizzato sui bisogni e le caratteristiche del detenuto medio, di sesso maschile. (Ibidem)

Carlotta Giaquinto, direttore della casa circondariale di Pozzuoli, che ospita più del doppio delle recluse che vi dovrebbero essere accolte, è entusiasta della possibilità offerta nella sua struttura:

Il carcere è il luogo in cui tutto si ferma e dove la società civile pensa di poter relegare ogni problema di criminalità. Ma l’unico modo in cui il carcere può realmente svolgere una funzione sociale è il recupero, attraverso la cultura e il lavoro, delle persone che vi transitano. La Cooperativa Lazzarelle è una risorsa fondamentale ed è interesse della Direzione favorirne quanto più possibile la crescita per accompagnare le detenute con i dovuti requisiti verso un reingresso nella società supportandone l’integrazione. (Corriere.it)

50 mila pacchetti di caffè all’anno

Nel tempo l’attività della Cooperativa è cresciuta e attualmente si producono 50 mila pacchetti di caffè macinato da 250 grammi all’anno; sono state recentemente attivate anche nuove linee di prodotti come tè, tisane, biscotti e avviati progetti extracarcerari quali l’apertura nella galleria Principe di Napoli del “Bistrot Lazzarelle”, per fare da vetrina ai prodotti di questa lodevole imprenditoria carceraria. L’augurio è che, come simboleggia l’immagine della locomotiva sbuffante fuori dal tunnel ai piedi del Vesuvio che attualmente campeggia sulle confezioni di caffè su fondo fucsia, questa esperienza napoletana possa fare lunga strada riportando sui binari del riscatto tante donne che hanno fatto soffrire e sofferenti a loro volta, e contagiando con il suo esempio altri luoghi dove si vive tra le sbarre senza intravvedere un futuro diverso una volta fuori.


GIUDITTA, BOSCAGLI

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