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Serve un donatore subito. Per salvare la piccola Diana basta un prelievo di sangue. Facciamolo!

DIANA BISCEGLIA

Michele Bisceglia

La piccola Diana Bisceglia affetta da aplasia midollare

Paola Belletti - pubblicato il 27/06/19

La storia di questa bellissima bambina si sta giustamente propagando per i social. Ha bisogno di un donatore di midollo compatibile e il papà e la mamma, con i medici del Bambin Gesù e l'ADMO, stanno lanciando un forte appello a tutti i potenziali donatori: basta avere dai 18 ai 35 anni, pesare almeno 50 chili e non avere gravi patologie in corso. Il 6 luglio a Napoli, in piazzale Tecchio, sarà allestito un gazebo per la titolazione (prelievo campione di saliva).

La storia di questa bambina ci ha colpiti, la stavamo seguendo su altre testate; volevamo aiutare a diffondere la richiesta di nuovi donatori di midollo. Abbiamo deciso di verificare se la famiglia fosse disponibile per una breve conversazione in modo da poter cogliere gli aspetti che a loro stanno più a cuore e offrirci come amplificatori più fedeli del loro messaggio. Su Facebook abbiamo rintracciato il papà, l’avvocato Michele Bisceglia. Lo ringraziamo della immediata disponibilità e della sua testimonianza così intensa, in questo lungo momento di prova. Chiediamo subito anche a voi lettori di diffondere la richiesta della famiglia (appello alla donazione) e di pregare per la figlia più piccola, Diana.

La diagnosi di aplasia midollare di grado severo

Diana Bisceglia è la secondogenita di Rossella e Michele, è una bellissima bambina di sei anni e da meno di un anno le è stata diagnosticata una grave malattia ematologica: si tratta di aplasia midollare di grado severo. I sintomi che hanno portato i genitori ad approfondire la sua condizione sono stati la comparsa di edemi (gonfiori) alle gambe e di petecchie sotto gli occhi, piccole macchie rosse. Nel suo caso l’origine è ignota (idiopatica), come nell’80% del totale. Per il restante 20% è invece genetica. Si legge su un manuale per professionisti di un’importante casa farmaceutica:

L’aplasia midollare è un disturbo delle cellule staminali ematopoietiche che dà luogo a una riduzione dei precursori delle cellule del sangue, a un’ipoplasia o aplasia del midollo osseo, e a una citopenia in due o più linee cellulari (ridotta produzione di GR, di GB e/o di piastrine). I sintomi derivano da anemia, trombocitopenia (petecchie, emorragie) o leucopenia (infezioni) gravi. La diagnosi richiede la dimostrazione della pancitopenia a livello del sangue periferico e una biopsia del midollo osseo che rivela un midollo ipocellulare. Il trattamento di solito prevede l’immunosoppressione con globulina antitimocita equina e ciclosporina, o trapianto di midollo osseo.

Così è andata per la piccola Diana, finora. I medici hanno percorso la via della immusoppressione che però non ha ottenuto la risposta sperata:

All’ospedale Bambin Gesù, dove è in cura da novembre, hanno provato una terapia immunosoppressiva con globulina antitimocitaria di origine equina e ciclosporina, ma le cose non stanno andando bene e ora c’è solo la speranza del trapianto midollare. (Il Mattino)

Per questo insieme ai genitori e all’associazione per la donazione di midollo osseo (ADMO) hanno lanciato un forte appello alla donazione.

La “banalità” del bene: donare il midollo non fa male a nessuno!

Per Diana e tanti altri bambini con diagnosi così severe ricevere cellule staminali da donatore compatibile sarebbe una concreta possibilità di guarigione. E per i donatori una sequenza di gesti per nulla dolorosa. Lo spiega con estrema chiarezza il padre di Diana, Michele Bisceglia, avvocato napoletano che ora si sta spendendo per la causa a cui tiene di più. Ecco il video più recente postato sulla sua pagina Facebook che sta macinando visualizzazioni a ritmo crescente:

Quando sentiamo parlare di trapianto siamo istintivamente spaventati. Nel caso del midollo, spiega Michele, è meglio parlare di infusione di cellule staminali emopoietiche, quelle che presiedono cioè alla formazione delle cellule del sangue. Quando ne parla con sua figlia le spiega che ora le toccano due trasfusioni a settimana ma quando avremo trovato il donatore compatibile arriverà una supertrasfusione che la farà guarire. Chi di noi non vorrebbe essere il superdonatore?

Le due modalità di prelievo: agoaspirato e aferesi

Le modalità di prelievo di cellule staminali sono due. Quindi non parliamo di “espianto del midollo”. Correggere le parole, dare loro la connotazione giusta può aiutare tanti a vincere una certa resistenza a sottoporsi ad una procedura erroneamente considerata dolorosa.

Una più invasiva eppure semplice e affrontabile, per mezzo di agoaspirato all’altezza della cresta iliaca, che si fa sotto anestesia: Diana ad oggi ha affrontato 8 agoaspirati, per intendersi. Ed è una bambina…

Il secondo modo si chiama aferesi e consiste in un prelievo del sangue al quale si è “chiesto” attraverso terapia farmacologica di una settimana di trasferire le cellule staminali midollari a livello periferico. Le cellule staminali vengono quindi iniettate al destinatario, il beneficiario e il sangue reimmesso al donatore. Un bellissimo esempio di come donare sia, di fatto, ricevere!

Michele è giustamente convinto che quanto più informeremo sulle reali procedure richieste dal prelievo e infusione e sui suoi enormi benefici tanto più persuaderemo le persone a mobilitarsi.

Un appello da diffondere a tutta forza

Come redazione tutta ci uniamo a questa incruenta chiamata alle armi: c’è un nemico da sconfiggere e tra noi qualcuno ha l’arma letale per batterlo. Facciamo tutto il possibile per trovarlo, è uno su 100mila; e nel frattempo arricchiremo la banca dati di altri potenziali donatori per i tanti piccoli pazienti dei reparti di oncoematologia.

Faccio appello alla vostra sensibilità, è una cosa veramente banale che può salvare la vita di Diana, di Gabriel che  nella stessa condizione di Diana e ai tantissimi altri bambini purtroppo troppi che occupano i reparti di oncoematologia presso i vari ospedali pediatrici. Se questi bambini oggi sono ricoverati lì io credo che sia per la responsabilità delle nostre generazioni, delle nostre e di quelle che ci hanno preceduto, perché prima non c’era tutta questa affluenza di bambini (…)

ALESSANDRO MARIA MONTRESOR

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Dallo shock all’operosità: dobbiamo fare tutto il possibile

Di urti violenti i genitori di Diana hanno dovuto incassarne un po’, in questo ultimo intenso anno di dolore e speranza. Dopo il primo mese passato al Pausillipon di Napoli, a novembre sono passati al Bambin Gesù di Roma dove Diana prosegue le cure in regime di day hospital. Le fatiche richieste ad una famiglia normale per affrontare la malattia di un figlio sono spesso tanto grandi da rischiare di schiacciarla. Michele lo racconta: ci sono famiglie che affrontano prove più grandi della nostra con mezzi minori dei nostri. Parla con grande apertura verso gli altri, compassione, virilità. Sono certa che la moglie, della quale parla con tanta devozione e gratitudine (ma che forza avete voi donne, che forza ha mia moglie? Si chiede), trovi in lui un sostegno insostituibile. Come ho visto fare ad altri uomini mette davanti sempre lei, la moglie, la mamma e il suo rapporto vitale con la figlia che soffre. C’è pieno di uomini in gamba, in giro!

Hanno preso una casa in affitto a Roma; la mamma Rossella resta sempre accanto alla figlia e Michele fa la spola in treno tra Napoli e Roma per continuare a lavorare, è avvocato. Perché la vita continua a macinare richieste, lo sappiamo. Sembra che tutto si debba fermare davanti al proprio bimbo colpito invece il mondo imperterrito continua a chiamarci su tutti i fronti aperti.

L’appuntamento in piazza a Napoli il 6 luglio dalle 9.00: siamo davvero fratelli di sangue!

Per Diana si era già trovata una donatrice compatibile, una ragazza tedesca di 22 anni, mi racconta il papà al telefono. Diana stessa aveva affrontato analisi e valutazioni preliminari per essere pronta a ricevere le cellule staminali da donatrice compatibile che le avrebbero dato la spinta migliore verso la guarigione. Ma ad un certo punto la giovane è sparita; non è possibile sapere le sue generalità, tutto è coperto da privacy. Eppure che contraccolpo avranno sentito in pieno petto questi due coraggiosi genitori. Me lo riferisce senza cedere a nessuna recriminazione.

ADMO DIANA
Michele Bisceglia

Volantino Campagna donatori ADMO per Diana Bischeglia

Nessun indugio in autocommiserazione, sembra il motto di papà Michele: c’è da fare qualcosa di importante. Per Diana, certo, ma anche per i tanti, troppi bambini che aspettano attaccati a flebo, ossigeno, speranze che si assottigliano. La prova che stanno vivendo ha aumentato la loro capacità cardiaca: non si piegano su loro stessi ma pensano ai tanti che soffrono. Se lo sentiste parlare vi sarebbe subito chiaro.

Per questo, l’Admo ha dato il via a una campagna di tipizzazione sulla scia di quanto già fatto per Alex e Gabriel: l’appuntamento da non mancare è sabato 6 luglio alle 9 in piazzale Tecchio 80 (piazzale antistante la facoltà di Ingegneria). In questa fase non ci sarà nessun prelievo di sangue ma soltanto un tampone salivare. Per farlo basta avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, avere un peso corporeo di almeno cinquanta chili e godere di buona salute, o meglio, non avere patologie non compatibili con la donazione. Un aiuto non solo per Diana, ma per migliaia di bambini che attraverso la donazione del midollo possono ancora aggrapparsi alla vita. (Il Mattino)

Nella prova, la resistenza intelligente della fede

Abbiamo fede, noi sappiamo che non siamo soli, spiega Michele.

Ma questo, dobbiamo ricordarcelo, non toglie il dolore, non è un’anestesia. Ci rende più forti, ci dà l’enorme conforto di saperci custoditi per l’eternità e in ogni piccolo passo terreno, anche i più difficili; di sapere che il dolore in Cristo acquista una dignità altissima. Ci consola, la fede. Perché è conoscenza ricca di ragioni, non perché stempera tutto in una nebbia confusa di sentimenti. L’orizzonte, semmai, è più terso.

Per questo ci uniamo non solo all’appello alla donazione di midollo ma anche a quello alla preghiera, certi che il Padre ci ascolterà.

FAMIGLIA BISCEGLIA
Michele Bisceglia
La famiglia di Diana Bisceglia: mamma Rossella, papà Michele, la sorella Giulia e la più piccola, Diana



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Di questo periodo il papà racconta anche la forza e la consolazione che gli vengono dalle tante persone che si sono strette intorno a loro, alla piccola Diana, alla ferita che ha colpito un’intera famiglia. Le notifiche su Facebook o Instagram sono promemoria dell’amore che non viene meno e del fatto che siamo uniti, legati perché fratelli. Parla con una commossa gratitudine per tutto il personale medico e non con il quale ha a che fare al Bambin Gesù e questa è una bellissima conferma: di un’eccellenza italiana nel mondo per competenze, avanguardia di approccio terapeutico, ricerca e ricchezza umana. (Ti chiedo scusa, caro Michele, perché ho approfittato per lamentarmi con te della freddezza invece incontrata in altri ospedali quando i lunghi ricoveri sono toccati a noi. Ma è proprio un signore, mi ha ascoltata con pazienza!)

Parla tanto della sua Diana quanto del piccolo Gabriel e di Elisa (affetta da grave forma di leucemia per la quale avevamo anche noi lanciato un appello) e chissà quanti altri nomi ha in mente. Non si capacita di come possano restare tanti innocenti a languire in attesa di un aiuto così piccolo e così decisivo. Ha ragione! Ragionavamo insieme sulla vicenda del piccolo Alex Montresor: anche lui ha perso un donatore compatibile al 100% e alla fine ha fatto un trapianto dal midollo del papà (i genitori sono sempre compatibili al 50%,le cellule staminali del genitore donatore vanno lavorate e “compatibilizzate”; per questo è sempre preferibile il donatore compatibile); ma la mobilitazione che c’è stata intorno a lui ha fatto del bene ad almeno altri 4,5 bambini che hanno finalmente trovato un donatore.

Ragionava sul fatto di come aiutare la sua piccola potrebbe paradossalmente salvare non solo lei ma anche il donatore. Che ne sappiamo che il donatore compatibile al 100% non sia un uomo magari stanco della vita, incapace di trovare un senso ai suoi giorni, forse carico di delusioni? “A cosa servo io?” potrebbe chiedersi stancamente: “Servi a me!”, direbbe Diana. E forse i salvati sarebbero due, con una sola meravigliosa superinfusione!

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