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Abbracciare i Millennials

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L'Osservatore Romano - pubblicato il 22/09/19

di Andrea Piersanti

Se provi ad abbracciarli, gli adolescenti scappano. Soffiano come i gatti e fuggono lontano. Poi si voltano. E ti guardano. Nei loro occhi splende una domanda. Lavorare nella scuola comporta questa fatica che è innanzi tutto del cuore. Il desiderio è quello di abbracciarli stretti, queste ragazze e questi ragazzi nati nel Duemila. Vuoi evitare che si facciano del male. Vuoi raccontare loro tutto l’amore del mondo. Vuoi sorridere per il futuro che saranno capaci di costruire. Vuoi indicare una speranza. I Millennials, però, non si fidano degli adulti. In fondo al loro cuore smarrito sentono che qualcosa non funziona e così scappano via. L’eredità che stiamo provando a trasmettere è carica di sfide improprie e i più giovani le rifiutano istintivamente. Molti degli adulti di oggi provano nostalgia per un passato che descrivono come fosse migliore del presente e, purtroppo, hanno perso di vista la prospettiva del futuro. Alcuni genitori e alcuni nonni dei Millennials hanno vissuto le ideologie del Novecento con entusiasmo, hanno coltivato il sogno di un progresso indefinito ma, alla fine, si sono scontrati con una resistenza al cambiamento che non si aspettavano e che non avevano previsto. Lo aveva ben intuito uno scrittore poco apprezzato in vita come Tomasi di Lampedusa. La figura del principe Salina del suo libro “Il gattopardo” è la premonizione plastica della contraddizione degli adulti del terzo millennio. Il principe guarda con affetto e con orgoglio la bellissima coppia di giovani fidanzati, Tancredi e Angelica, sogna il loro futuro ma, nello stesso tempo, inibisce il cambiamento in nome di una nostalgia del passato che lo spinge a una triste anche se titanica solitudine.

I Millennials si trovano così a dover sopportare sempre più distrattamente la narrazione nostalgica di un “come eravamo” dove tutto sembrava meraviglioso e dove ogni cambiamento sembrava possibile insieme con la testimonianza di un presente dove si sono infranti (schiantati) tutti i sogni di novità e di progresso. Si tratta di un nodo apparentemente inestricabile. Con la società digitale inoltre sono state costruite anche le premesse per un futuro, questo sì, completamente inedito e ancora tutto da esplorare. Si tratta di una prospettiva che spaventa la maggior parte degli adulti responsabili. Mary Shelley lo aveva capito benissimo. Come Frankenstein, il moderno Prometeo digitale è poco rassicurante. Si assiste con sgomento alla crescita fuori misura della digitalizzazione della vita di tutti i giorni e alla scomparsa del diritto alla privacy e si cominciano a temere le implicazioni ancora inesplorate nel campo della partecipazione democratica al governo della cosa pubblica. Nelle prospettive per i prossimi anni pesano infine come un macigno il tallone di un potere finanziario che non conosce patrie, ideologie o etica e le preoccupazioni non più derogabili per la salvaguardia dell’ambiente. Nostalgia del passato, incapacità di accettare il presente, paura del futuro. Sono gli elementi più visibili della confusione ideale che è stata “trasmessa” alla nuova generazione dei Millennials. I genitori, in un angolo, vivono la frustrazione di un sogno infranto. Il cambiamento che agognavano si è trasformato in un incubo al quale non sanno come sopravvivere. I figli, da parte loro, acquistano la stupita consapevolezza di essere nati in un’epoca che ai loro occhi sembra già vecchia: Internet, il rock, il mito della new age e, infine, le grandi ideologie del Novecento, sono solo ricordi sbiaditi del secolo scorso e giacciono, già coperti di polvere, negli scaffali dei salotti di mamma e papà. Il lascito è pesante. Si dovrà trovare così il coraggio di cominciare a pensare (e dire ad alta voce) che l’opportunità sta proprio in un salto di qualità che solo le nuove generazioni potranno compiere, una volta che si siano liberate degli inutili complessi di colpa dei loro genitori. Il Novecento è stato un secolo di grandi speranze e di grandi tragedie.

I Millennials dovranno vivere in un secolo completamente nuovo, ancora tutto da costruire. A loro resta il compito esclusivo di immaginarlo migliore. Da questo punto di vista l’intuizione di Massimo Recalcati sul complesso di Telemaco è interessante. Gli errori dei genitori hanno permesso ai Proci di scorrazzare per casa ma è solo la riscoperta della legge del padre che consentirà al figlio di trovare finalmente la propria strada per affrancarsi da una eredità troppo pesante da portare. I Millennials sono alla ricerca di parole e di un ideale. Per questo motivo ti guardano da lontano. È la fatica e, nello stesso tempo, la bellezza della scuola: indicare il senso del presente e aprire le porte del futuro. Il cammino comune del nuovo “villaggio dell’educazione” deve così muovere tre passi fondamentali, ha detto Papa Francesco. Innanzitutto “avere il coraggio di mettere al centro la persona”, per dare “un’anima ai processi educativi” e per trovare, secondo una “sana antropologia”, altri modi di intendere “l’economia, la politica, la crescita e il progresso”. Poi bisogna avere “il coraggio di investire le migliori energie con creatività e responsabilità”. È necessario infine avere “il coraggio di formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità”, “come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli apostoli”. Il compito che spetta agli adulti è quindi alla fine quello di rinunciare a sé stessi per donare le parole che permetteranno ai Millennials di uscire dal deserto e di arrivare, finalmente, alla terra promessa del loro domani.

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