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Come rimanere se stessi di fronte a un grande cambiamento nella vita?

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Por Impact Photography/Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 11/10/19

Qualunque cosa faccia, ovunque mi trovi, rompendo gli schemi

Fermarmi per l’ultima volta davanti a una strada, a un monte, a un volto, a una canzone. Fermarmi all’improvviso e riprendere a camminare.

Osservare per l’ultima volta lo stesso parco di sempre, la stessa riva del mare, quel tramonto. Riconoscere l’odore dell’aria, il sapore del cielo, il gusto della vita, la vita stessa.

Ricordare lentamente le parole pronunciate in qualche momento o quelle taciute in tempo o in ritardo. Raccogliere i silenzi delle foglie degli alberi e custodirli nel profondo dell’anima. Camminare sulla stessa strada. Ascoltare e cantare la stessa canzone.

Sostengo commosso il ricordo di un incontro, di un volto, di un paesaggio. Calcolo lo spazio esistente tra un “Arrivederci” e un “Per sempre”. Uno spazio quasi infinito.

Mi soffermo davanti a un tuffo nel mare che mi fa tremare di paura, di rispetto, di sorpresa. Sento che smetterò di fare quello che finora facevo tanto facilmente, senza problemi, senza angosce.


WOMAN

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E mi vedo a intraprendere un nuovo cammino, sconosciuto, inquietante. Vado scalzo. Procedo tranquillo. L’anima si amplia, o trema.

Nel cuore della notte credo di scoprire volti amici. Disegno goffamente, a modo mio, su un foglio bianco un percorso che non conosco. Lo faccio con lo sguardo chiaro, senza pretendere di sapere nulla.

Voglio imparare a bere l’acqua che mi dà vita e mi toglie la sete. Magari non sarà per sempre ma solo per un momento, senza che serva da precedente.

Decido di navigare senza fretta, lasciando passare per la mia anima una fila inesauribile di ricordi. Non voglio arrivare alla meta del giorno dopo, anche se mi sembra facile.

So che un giorno non lontano tutto acquisterà un’altra luce, avrà altri colori. La vita è una ripetizione di gesti che diventano storie, ricordi, momenti sacri.

E io, che sono un sognatore incallito, li custodisco come un tesoro, dentro di me. Raccolgo quell’amore seminato un giorno in un abbraccio, in un sorriso, in uno sguardo.

Temo quell’oblio che è il cancro che minaccia di lacerarmi l’anima, volendo cancellare così tutto ciò che vi ho custodito. Contemplo quel tesoro pieno di ricordi, cesellato dentro di me. Lì dove l’oblio non potrà arrivare.

Il fatto è che non voglio dimenticare, ma ricordare tutto. Non voglio essere un dopo, ma un per sempre. Non voglio cancellare di colpo tutto ciò che mi ha dato senso. Non lo voglio.

Perché la vita è fatta di successi e fallimenti, di luci e ombre. E io li custodisco tutti. Per imparare da ogni decisione, da ogni passo.

Per questo non voglio smettere di essere, anche se la mia assenza delinea un vuoto. Voglio solo continuare ad essere me stesso. Qualunque cosa faccia. Ovunque sia.

Che importa quel posto nel tempo, e quel tempo pieno di posti? In cielo, un giorno senza tempo, tutto si unirà in un senso pieno, e il passato si fonderà con un futuro certo. Sarà tutto chiaro, almeno così credo.

E nel frattempo compongo giorni e notti. Risveglio albe e lascio cadere delle lacrime al tramonto. E tutto questo senza smettere di sognare una vita nuova.




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Per questo oggi mi vengono in mente le parole di una canzone che mi fanno sognare ancora una volta qualcosa di grande:

“Come credere che la vita si scriva all’improvviso, in un unico silenzio, in una risposta? Come mettere a tacere i sensi quando gridano vita? Come essere un uomo dalle risposte sagge? Come fare del mondo la mia grande avventura? Rompendo gli schemi, sognando cosa impossibili, alzando il sole nelle mie povere mani, amando la vita. Come essere me stesso senza altre pretese, senza cercare elogi, senza desiderare la gloria? Come amare l’altro quando grida odio? Come essere coraggiosi senza aver paura della vita? Come far sì che tutto in me abbia senso?”

Voglio solo amare la vita, continuare ad amarla ogni mattina. Anche se a volte fa male, anche se morde e ferisce. Anche se non mi piace o la sento fredda. Non importa. La amerò di nuovo.

Perché solo se la amo la mia dedizione varrà qualcosa. Solo se mi lego, se soffro e mi lascio toccare dagli uomini, dalla vita stessa.

So che facendolo a volte romperò gli schemi, in primo luogo i miei. Quegli schemi in cui voglio contenermi per non stonare né ferire, né fare una cattiva impressione essendo me stesso. Quegli schemi che ho imparato da piccolo, come dice una canzone, Remando: “Da bambina mi dicevo che questo era il modo corretto di procedere e di rivolgermi a chi avevo di fronte”.

Quegli schemi imparati per ricevere affetto come risposta ai miei gesti e alle mie parole. Quegli schemi contenuti in cui sono stato educato e corretto. Rompo gli schemi che pretendono di accontentare tutti, non irritando nessuno.

E rompo altri schemi. Quelli che sono scritti. Quelli che dicono come dev’essere una persona perfetta, corretta, efficiente. Quelle persone complete che ci azzeccano sempre e fanno tutto al momento giusto.

È forse per questo che continuo a sognare cose impossibili pur non essendo più un bambino, e continuo ad avere quel desiderio puro di voler tenere il sole tra le mie povere mani. Quel sole che brilla nella mia anima e oltre.


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Custodisco una speranza sacra nel cuore della notte, e vedo nella calma che mi avvolge un desiderio profondo di attraversare la tormenta.

Ma oggi non chiedo che cessi la tempesta violenta. Non voglio che fuggano da me le nubi e cessino i venti. Non voglio cambiare il presente, alterare i passi che ho fatto seguendo una stella.

Voglio solo, questo sì, disimparare ciò che non mi fa bene e imparare a ballare sotto la pioggia. Come un bambino con le scarpe nuove o i piedi scalzi. È questo che sogno e desidero di più.

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