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“Papa Luciani avvelenato col cianuro da Marcinkus”. La bufala del libro di un ex mafioso

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 23/10/19

Anthony Luciano Raimondi, nipote di un boss di Cosa Nostra americana, rilancia la teoria complottista. Che non ha alcun fondamento medico. E vi spieghiamo perché

Papa Giovanni Paolo I fu vittima non di un infarto miocardico acuto come dichiarato dal Vaticano, bensì di una congiura di palazzo motivata dalla volontà del Pontefice di denunciare le frodi azionarie compiute nei sacri palazzi.

Un gruppo di truffatori, formato da gangster e alti prelati, falsificava in Vaticano le azioni di grandi compagnie americane come Ibm, Coca Cola e Sunoco. Fu per questo motivo che l’allora presidente dello Ior, la banca vaticana, monsignor Paul Marcinkus, anche egli implicato nel giro di frodi, decise di eliminare quel Papa scomodo.

E’ questo il terribile scenario descritto nel libro “When the Bullet Hits the Bone” (“Quando il proiettile colpisce l’osso”) uscito oltreoceano nelle librerie statunitensi (Il Sussidiario, 21 ottobre).

Scrittore ex gangster

L’autore infatti non è un vaticanista, né uno storico ma Anthony Luciano Raimondi, un ex gangster della famiglia mafiosa americana dei Colombo. Luciano vanta un legame di parentela “di tutto rispetto”, è nipote di Lucky Luciano, il potente boss di Cosa nostra americana, mentre il cugino è lo stesso Marcinkus. Fu proprio quest’ultimo, come scrive Anthony Luciano nel proprio libro, ad avergli ordinato di recarsi a Roma per preparare il complotto, studiando le abitudini di Luciani.

Il pontefice, infatti, avrebbe scoperto che nel giro di affari loschi del Vaticano era in qualche maniera coinvolto lo stesso Marcinkus. E quest’ultimo temeva di essere scoperto e denunciato dal Papa (Antimafia Duemila.it, 21 ottobre).

Pope John Paul I - Luciani
©MP/Portfolio/Leemage / AFP

Tra Marcinkus e cianuro

Nel libro di memorie appena pubblicato, il mafioso americano scrive che si trovava proprio davanti alla stanza del Papa quando scattò l’operazione che – a suo dire – portò all’uccisione di Giovanni Paolo I.

Nella tazza di tè che Papa Luciani era solito bere prima di andare a letto Marcinkus avrebbe aggiunto del valium per farlo cadere in un sonno profondo. Poi usò un contagocce per inserire del cianuro nella bocca del Papa. Per non destare alcun sospetto, aggiunge il nipote del padrino Lucky Luciano, quando la morte del Pontefice era stata scoperta, Marcinkus e gli altri suoi complici accorsero al capezzale del Santo Padre ormai defunto simulando stupore.

Secondo Raimondi, anche Giovanni Paolo II rischiò di fare la stessa fine per gli stessi motivi: alla fine, però, Wojtyla avrebbe rinunciato a denunciare la frode e per questo ebbe salva la vita.

La versione di Luciano si instrada sulla teorie cospirazioniste che da anni si alimentano sulla morte di Giovanni Paolo I.




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L’ultimo giorno

Nell’ultimo giorno di vita, il 28 settembre 1978, Giovanni Paolo I svolse le consuete attività di studio e lavoro, decretò alcune nomine e tenne varie udienze, tra le quali quella delle 18:30 con il segretario di Stato, il cardinale Jean Villot.

Quella sera il pontefice cenò con i segretari Diego Lorenzi e John Magee, e intorno alle 21 sentì al telefono l’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo e poi, alle 21:30, il proprio medico personale.

La diagnosi di morte

Il Papa morì più tardi nella sua camera da letto. Aveva dei fogli in mano e la luce accesa. La nota ufficiale del Vaticano disse che era morto per “infarto acuto al miocardio” e che venne trovato da padre Magee.

In realtà fu suor Vincenza Taffarel, che lo assisteva dai tempi di Venezia, a trovare Papa Luciani senza vita alle 5.30 del 29 settembre 1978. Come ogni mattina, la religiosa gli lasciava una tazzina di caffè fuori dalla sua stanza da letto, e quando tornò per riprenderla vide che il Papa non aveva bevuto. Bussò alla porta e nessuno risposte. Aprì la porta e trovò il Papa reclinato sul letto con i fogli in mano, morto.

La religiosa chiamò rapidamente il segretario papale, padre Magee, che constatò il decesso del Pontefice. Questi contatto, quindi, il cardinale francese Villot, Segretario di Stato, e Villot, a sua volta, chiamò il medico di guardia, Renato Buzzonetti, perché il titolare era in vacanza. Il dottor Buzzonetti certificò l’infarto acuto al miocardio.




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Il malore al petto

L’altro segretario particolare del Papa, don Diego Lorenzi, dichiarò a Il Corriere di Como che il 27 settembre 1978, poco prima di morire, a cena c’erano Papa Luciani, padre Magee e lui. Il Papa disse che sentiva delle fitte e un forte senso di oppressione, e si mise le mani davanti al petto. Padre Magee disse: «C’è il medico di turno, lo chiamiamo», ma il Papa replicò: «Sta passando».

«Quando lo accompagnai in camera indicai la testata del letto con il pulsante per chiamare in caso di necessità. Qualche ora dopo fu trovato morto. Si attribuì il decesso a infarto al miocardio intorno alle 23. E io a ciò mi attengo, né ho altro da aggiungere», ha dichiarato don Lorenzi (Aleteia, 29 settembre 2017).

Il malore al petto è stato confermato anche da padre Magee, secondo cui il Papa, già nel primo pomeriggio, gli aveva detto di non sentirsi bene e di aver avuto piccoli malori in zona toracica.

I documenti ufficiali

Tutto questo è stato portato alla luce, in modo formale, con la pubblicazione dei documenti sanitari.

In un libro curato dalla vice postulatrice della causa di beatificazione, Stefania Falasca (Papa Luciani, edizioni Piemme) inclusi nella Positio super virtutibus, cinque volumi in tutto.

All’epoca la scelta del Vaticano di escludere l’autopsia sul corpo di Luciani (imbalsamato dopo poche ore per evitare la decomposizione, come poche settimane fa stava avvenendo sul corpo di Paolo VI) e alcune bugie nella comunicazione ufficiale (ad esempio il fatto di non aver detto da subito che era stata una suora a ritrovare il Papa senza vita) furono sufficienti per alimentare la leggenda nera che si è protratta per decenni.




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L’infarto e le avvisaglie

La pubblicazione integrale dei documenti medici dissipa ogni ombra. Il dottorBuzzonetti, medico vaticano assieme al dottor Da Ros, medico curante a Venezia di Luciani, certificarono la morte «rappresentata da malattia cardiovascolare. Cardiopatia ischemica da aterosclerosi coronarica».

In famiglia vi era familiarità a questa patologia: infatti, tre anni prima, il Papa aveva subito un «pregresso spasmo o tromboembolia della arteria centrale della retina dell’occhio sinistro», che necessitò di un ricovero ospedaliero dell’allora cardinale Luciani a Mestre. Il Papa faceva anche uso di Gratusmidal, un medicinale che contiene dosi di strofanto, un cardiocinetico.

Dai referti emerge che la sera della morte, attorno alle 19,30, il Papa ebbe un dolore protratto per oltre cinque minuti localizzato nella regione sternale. Si verifico mentre era seduto per la recita della compieta con il segretario, padre Magee. «Il Papa – si legge nella documentazione sanitaria allegata ai fascicoli del processo di beatificazione – portò ripetutamente la mano sul petto, il dolore era abbastanza forte, ma era un disturbo che il Santo Padre aveva già sperimentato in precedenti occasioni e che interpretava come di natura reumatica». Un sintomo al quale nessuno vi prestò attenzione (Il Messaggero, 21 novembre 2017).


Pope John Paul I - Luciani

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