Se l'Adriatico è un'alta barriera culturale per italiani e occidentali, gli Urali costituiscono una sorta di limite invalicabile (con qualche eccezione): il prossimo viaggio apostolico di Papa Francesco – in Thailandia e Giappone – intende riprendere le fila di un discorso plurisecolare già interrotto svariate volte. Una ricchissima miscellanea de La Civiltà Cattolica si propone come strumento per meglio comprendere le sfide e le opportunità di quella terra per la Chiesa cattolica.
Tra nemmeno due settimane Papa Francesco si recherà in estremo Oriente: il suo 32esimo viaggio apostolico (20-26 novembre) toccherà le terre di Thailandia e Giappone. Se è noto che la cultura ecclesiale italiana – marcata dal tradizionale italo- ed eurocentrismo, nonché dalla settuagenaria atmosfera atlantica – soffre di grave ignoranza di tutto l’Est europeo (dai Balcani alla Russia, passando per la Grecia), quando ci si spinge oltre gli Urali i nomi degli Stati evocano tuttalpiù il pensiero di ristoranti etnici – ove non di tristi costumi legati al turismo. Il “Giappone”, in particolare, è per l’italiano medio la patria del sushi, e i riferimenti culturali più spinti giungono solitamente alla Heidi di Takahata e ai Cavalieri dello Zodiaco di Kurumada (entrambe opere esterofile, guarda caso): raramente si giunge fino alle opere di Miyazaki, e anche lì si ha a che fare con un’avanguardia impegnata da mezzo secolo sulla scena internazionale. Cos’è invece il Giappone in sé? Come ci si vive? Che ruolo hanno i cristiani sulle isole che ne compongono il territorio? E come la loro condizione interpella la cristianità tutta e la Chiesa cattolica?
Codeste ed altre questioni saranno inevitabilmente affrontate nel viaggio apostolico del Romano Pontefice, il cui afflato missiologico è evidente fin dal titolo dato alla visita – “Discepoli di Cristo, discepoli missionari” – che cade nel 350esimo anniversario dell’istituzione del Vicariato Apostolico a Siam (Thailandia). Un ottimo mezzo per familiarizzarsi con le tematiche nipponiche è l’intervista che Costanza Miriano ha realizzato con don Antonello Iapicca, missionario nelle terre del Sol Levante da quasi un ventennio ormai.
Un altro mezzo eccellente è pure – e ci preme parlarne qui – il decimo volume di Accènti, le miscellanee a tema curate da La Civiltà Cattolica. Se don Iapicca conclude la sua breve intervista raccontando del samurai che davanti alla mite umiltà di san Francesco Saverio si converte a Cristo (e diventa il primo sacerdote cattolico del Giappone), anche il volume di Accènti dedicato al Giappone risale fino all’epoca delle prime missioni, costruendo svariate piste di riflessione che facciano la spola tra Francesco Saverio e il primo gesuita chiamato a presiedere da Roma la carità fra tutte le Chiese – non a caso omonimo di quello. Fin dall’impatto con le 303 pagine del volume (cifra che solo per una decina non riesce a fare del numero 10 il libro più ampio della collana), il lettore si rende conto di avere a che fare con un testo impegnativo: all’interno lo attendono 29 contributi (preceduti dalla Presentazione del Direttore della Rivista) i cui contenuti individuano altrettanti capitoli suddivisi in ben cinque parti – Chiesa, politica, cinema, letteratura, architettura –, scaglionati in un arco storico che va dal 1942 del padre D’Elia al 2019 del padre De Luca, ancora inedito e che uscirà nel prossimo numero della Rivista.