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Giovannino: chiunque lo avrebbe abortito? Eppure tanti lo adotterebbero

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Paola Belletti - pubblicato il 08/11/19

Il Dottor Silvio Viale, ginecologo proprio al S.Anna di Torino dove il bimbo è tuttora ricoverato, è sicuro che il bene di Giovanni, ora che è nato, sia di morire al più presto. Ma in tanti invece si offrono per adottarlo e continuare ad accudirlo come stanno facendo medici e infermieri della neonatologia.

Di Giovannino abbiamo già parlato anche noi, due giorni fa, secondo una chiave inedita che non partiva dalla condanna senza appello dei genitori né da quella della pratica gravemente immorale della fecondazione assistita, pur inquadrandole entrambe in una cornice di giustizia, ma teneva conto del fatto più eclatante di questa storia: la nascita di un figlio così difficile, così diverso dalle attese dei genitori al punto che il loro cuore (ineducato? desolato? rattrappito? Che ne sappiamo noi. La legge servirebbe proprio per i nostri cuori così incostanti) non ha retto; probabilmente non erano preparati, più concentrati sui propri desideri che sull’altro, forse, troppo sicuri di essere lasciati soli in una prova che si presentava come enorme; l’abbandono è un’offesa radicale al bambino ma anche a loro stessi. Hanno lasciato le loro posizioni, hanno abbandonato il posto di combattimento nel quale erano finiti, pur colpevoli di strategie sbagliate. Non sappiamo, quindi sulle motivazioni della loro azione bisogna tacere.


Main bébé

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Il figlio: oggetto o soggetto di desiderio?

Il figlio è dono, ma quanti di noi, seriamente, costantemente, in tutta sincerità sanno stare in ginocchio davanti alla maestà di una vita che ci viene scaraventata tra le braccia considerando che viene da Dio, che non la possediamo, che è un dono e non un diritto? Eppure questa è la verità, la sola che ci fa stare bene anche nelle prove più impegnative. Peccato per loro che vi si siano per ora sottratti. Sappiamo che è così e che anche a quei genitori occorre che qualcuno lo ricordi.

Il figlio è voluto da Dio stesso, nonostante i nostri maneggiamenti, nonostante le fecondazioni brutalmente assistite, nonostante le manipolazioni e l’attacco all’identità di bimbi “prodotti” in questo modo. L’anima non viene inoculata con la siringa del medico che permette l’incontro assai poco romantico tra i due gameti, l’anima la offre sempre Dio. E di questa è ben provvisto anche Giovannino. Già il vezzeggiativo col quale viene chiamato è un indizio di un sospetto diffuso, non detto ma saputo: è un bambino identico al mio, identico a me. Giovannino è come fosse mio, Giovannino è come fossi io.

Ebbene, davanti e intorno a questo bimbo ci stiamo agitando in tanti. Un po’ di sicuro trascinati a forza nella “campestre” giornalistica, un po’ perché la notizia di una vita, non c’è niente da fare, ci tocca sempre all’innesto dei nervi e all’imbocco dei grandi vasi.

Come mai? Forse per l’incancellabile ricordo che siamo nati anche noi; forse per il sussulto di fronte alla malattia e alla fatica di cura che essa esige; e per la vergogna che proviamo nel sapere che i genitori possono anche rifiutare un figlio, lasciarlo lì, non volerlo, fuggirne lontano come da un obbrobrio. E pensare che potremmo essere noi. E ogni respiro che fa questo bimbo, il fatto che ha superato le fasi più critiche per la sopravvivenza suona come atto continuo di accusa alla nostra vigliaccheria.

Chiunque avrebbe abortito. Sicuro, dottore?

Un medico, (un uomo?) in particolare, si è sentito particolarmente titolato ad esprimere lo sdegno e il fastidio per “la penosa gara di solidarietà” intorno a Giovanni e a ricordarci, ripetendolo per l’ennesima volta come fanno tutti i bravi “catechisti” sebbene progressisti, che “Chiunque di noi, potendo conoscere la diagnosi durante la gravidanza, abortirebbe.” Parli per lei, caro dottore cui non affiderei nemmeno le piante grasse d’estate, parli pure per la stragrande maggioranza che pensa di rappresentare. Una cosa vera resta vera anche se tradita da tanti, persino da tutti. Quel bimbo è degno di amore, anche se può spaventare. E noi, per giunta, siamo fatti per poter amare anche lui!

Il “versetto” citato è sempre suo, del fin troppo noto Dott. Silvio Viale,  ginecologo in forze all’ospedale Sant’Anna di Torino, proprio dove è nato il bimbo e dove è accudito da circa 5 mesi. E’ già noto per le sue posizioni in materia di aborto (“io i bambini li frullo”) e suicidio assistito, altro diritto da estendere a perdita d’occhio.

E in conclusione all’ intervista pubblicata da Open ribadisce:

(…) provo solo profonda comprensione per quella coppia. Anche io avrei fatto lo stesso. Chiunque lo avrebbe fatto. Non prendiamoci in giro, per favore. (Open)

Ha perlomeno peccato di generalizzazione; e poi è nota la dinamica per cui se un bene è troppo arduo lo si dichiara non desiderabile e ridicolo.

Ha scritto diversi post sulla vicenda ma è questo  – non più “embeddabile” – che ha suscitato più reazioni, di segno opposto.

Ecco il testo, tratto dal suo profilo Facebook:

Silvio Viale
· 6 novembre


Comprendo perfettamente la scelta dei genitori di non riconoscere il neonato. Una scelta doppiamente dolorosa, perché giunta improvvisa al termine atteso di una gravidanza desiderata. Chiunque di noi, potendo conoscere la diag
nosi durante la gravidanza, abortirebbe. Chiunque di noi dovrebbe cercare di identificarsi con i genitori. Per capire cosa sia la Ittiosi Arlecchino, la variante peggiore della Ittiosi Autosomica Congenita, bisogna avere il coraggio di guardare le foto reperibili su qualsiasi motore di ricerca. C’è da sperare davvero che non sopravviva, mentre è necessario garantire una assistenza adeguata per il periodo che dovesse sfuggire alla morte.

Ora molti si offrono di accoglierlo, tra questi il Cottolengo, che ha una lunga esperienza per i casi più disperati. L’augurio è che possa trovare un ambiente accogliente, riservato, che lo assista amorevolmente per il periodo che sarà necessario.

Non dobbiamo essere eroi, ma rimanere pietosi nelle avversità, senza l’arroganza di ergersi a giudici di quello che pensiamo non saremo mai. Quei genitori, qualunque cosa pensassero prima della “disgrazia”, siamo tutti noi.


(E perché mai non dovremmo essere eroi?)

Omologa o eterologa? Perché è così importante?

Si legge sempre su Open un dettaglio che solo lui ha voluto specificare sul quale restano ancora dubbi. Le telefonate che abbiamo effettuato alla struttura non hanno ancora portato ad una fonte certa. Ma lo stesso Viale è da considerarsi fonte abbastanza attendibile per la carica che ricopre proprio al Sant’Anna.
Partiamo da un fatto: così come è stata lanciata, la notizia è falsa. Non è stata una fecondazione eterologa, ma una semplice fecondazione assistita, cioè i gameti erano dei genitori biologici. (Ibidem)
Ma come mai, ci siamo chiesti, il ginecologo ci tiene tanto a specificare la natura della fecondazione che ha portato alla nascita di Giovanni? Per amore di verità, certo, ma forse c’entrerà qualcosa il fatto che la pratica della fecondazione assistita con gameti esterni alla coppia (eterologa) da tre anni a questa parte sia in crescita esponenziale, quasi verticale (dal 2016, aumento del 120%)? E che questi protocolli fruttino tanto denaro? Più delle “semplici fecondazioni omologhe”come in questo caso? O per il fatto che ci sia maggiore controllo sugli embrioni provenienti da eterologa? Che sia un messaggio mandato ai tanti potenziali pazienti/clienti del trattamento a scopo “figlio in braccio”?
E’ una domanda che si può porre perché i costi, il denaro, sembrano essere una delle preoccupazioni predominanti almeno nelle esternazioni pubbliche del ginecologo. Per esempio invita il consigliere regionale che lo accusa di avere detto frasi indegne di un medico quando augurava a Giovanni di morire in fretta – per il suo bene, è chiaro – ad adottarlo lui stesso e a chiedere i soldi ad Amazon per mantenerlo e curarlo. 

Sei stato abbandonato, Giovannino? Ti vogliamo noi!

L’altra notizia vera, per sganciarci dalle posizioni così grevi del medico fin troppo citato, è l’affollarsi di offerte di adozione che arrivano da tutta Italia.
Lo racconta già il neonatologo del reparto, il Dott. Daniele Fontana:
Giovannino “è un bimbo sveglio, gli piace essere portato in giro, ama sentire la musica ed è un po’ il figlio di tutto il reparto: ha 40 mamme e 10 papà – dice Farina – Certo, la parte triste della sua storia è che i genitori hanno deciso che non volevano tenerlo, ma non si possono giudicare: è stata una scelta comunque molto dolorosa. La cosa buona è che ora, dopo che la vicenda è venuta alla luce, hanno iniziato a chiamarci da tutta Italia per prendere Giovannino in adozione“. “Gireremo le chiamate al Comune, per l’affido del piccolo. Attualmente il suo tutore è l’assessore comunale alle Pari opportunità”. Certo, si tratta di una patologia “che richiederà molto impegno: per tutta la vita Giovannino dovrà essere trattato con olio di vaselina tre volte al giorno dalla testa ai piedi. Ma sta migliorando e le sue prospettive ora sono discrete”, conclude il medico. E se al momento per la sua patologia non ci sono cure, dalla ricerca potrebbe arrivare una terapia genica mirata. (AdnKronos)
E c’è da presumere che costoro, prima di chiamare, abbiano fatto una ricerca sul web e abbiano visto le immagini di bambini affetti da questa malattia. Io pure ne ho visto uno, operato prima del mio agli occhi in una clinica eccellente di Milano. La cosa che mi ha colpito di più era la dolcezza sbrigativa dei medici che lo chiamavano con vezzeggiativi buffi come facevano con tutti gli altri, senza paura, guardandolo come un bambino figlio di una mamma.
Anche dalla Piccola Casa della Divina Provvidenza, nota come il Cottolengo, è arrivata la dichiarazione di disponibilità anzi la speranza di poter accogliere Giovanni:
Anche per te, caro Giovannino, vorremmo pensare un’accoglienza degna del valore infinito della tua esistenza, con tutto ciò che sarà necessario e nelle modalità che richiede una situazione così particolare come la tua: insomma una casa con persone che ti vogliono bene e si prendono cura di te fino a quando sarà necessario. (Avvenire)
La differenza sostanziale sta tutta qua: Giovanni è una persona dal valore infinito e destinata, dopo questa vita per lui particolarmente sofferente – forse – ad un’altra vita indistruttibile e al riparo da ogni dolore oppure no?
Ci riproduciamo o procreiamo? Il Cottolengo non è “abituato ai casi più disperati” (come li chiama sempre il Viale) ma è allenato alla Provvidenza e alla speranza e sa che ogni persona è voluta da Dio ed è un onore poterla aiutare.
Il bagno di realtà cui “i penosi” che si commuovono vengono invitati assomiglia tanto ad una palude di angoscia.

Una madrina per Giovanni forse già c’è: Alena Seredova

La figura più azzeccata di questa storia è la bellissima Alena Seredova, che già in altre occasioni ha mostrato di che pasta è fatta.
Ha conosciuto Giovanni a settembre e, racconta, non lo ha visto nemmeno nella fase più acuta.
Alena Seredova conosce Giovannino, l’ha tenuto in braccio, e sa — per motivi personali — cos’è l’ittiosi che lo affligge e che ha spinto i suoi genitori ad abbandonarlo appena nato. La modella, che vive a Torino da quando vi si trasferì con l’ex marito Gigi Buffon, frequenta spesso il reparto di terapia intensiva infantile dell’ospedale di Corso Spezia. «Dal 2005, sono testimonial della Onlus Crescere Insieme al Sant’Anna, ho cominciato con una vendita di fiori», racconta, «poi, il primario di Neonatologia Daniele Farina è diventato il pediatra dei miei figli Louis Thomas e David Lee».
Nelle foto sul Corriere ci sono immagini commoventi; altro che immagini dal web, qui una mamma come tante lo guarda con amore. Perché è nata anche lei con una condizione simile alla sua e il suo papà dallo spavento nel vederla ha fatto un salto all’indietro e ha pianto.
Poi nel suo caso, l’estrema secchezza della cute è stata solo una condizione transitoria, ma forse è quello che segretamente tutti speriamo per Giovanni e per noi. I nostri orrori passeranno, le nostre malattie saranno guarite, gli squarci nella pelle o in altri tessuti più segreti saranno saldati per sempre.
Ci sono persone, più o meno famose, che oltre alle immagini di “casi” di Ittiosi Arlecchino hanno guardato bambini veri e ne hanno sopportato la vista. Ci sono persone che avrebbero voluto farlo ma non ce l’hanno fatta, e altre che ci hanno persino riprovato, come racconta Salvatore Mazza sempre dalle pagine di Avvenire.
Può una madre scordarsi del frutto del suo ventre? Sì, o almeno vorrebbe, in certi casi. Dio, invece, non può e non vuole e in questa ostinazione trova sempre i suoi alleati.

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