Un enorme panno di lana formato da 61 milioni di punti a maglia, tanti quanti i bambini abortiti negli Stati Uniti dalla sentenza Roe vs Wade. L'idea è di una signora americana che ha chiesto l'aiuto di tutti per portare a termine l'impresa.
Sferruzzare è uno di quei verbi di cui le donne si sono volute liberare, per poi riappropriarsene con entusiasmo. La tradizione stantia gettata dalla finestra è rientrata dalla porta principale come novità ricca di potenziale. Lavorare a maglia è stato per un certo tempo sinonimo «roba da nonne», un retaggio di cui liberarsi per cancellare ogni traccia della donna triste chiusa in casa davanti al focolare.
Baldanzosa e fiera, la donna moderna è uscita di casa e, dopo aver sudato tantissime camicie e consumato migliaia di tacchi, ha conosciuto tutto il bello e il brutto del mito del far carriera, essere indipendente, eccetera. Sfinita, stressata e alle prese con un’agenda sempre più multitasking, si è poi accorta di aver bisogno di decomprimere e rilassare tutta la pressione che il mondo getta addosso senza cortesia. Il knitting è tornato di moda, non più come il passatempo della nonna, ma come attività creativa e rilassante. Lo era anche prima, lo è sempre stata, ma come si dice: devi perdere qualcosa per capirne il valore. La manualità stimola l’intelletto, primo punto a favore dello sferruzzare; tante buone idee si innescano mentre siamo affaccendati in opere molto concrete. Dedicarsi a un progetto con un obiettivo preciso ma senza la pressione lavorativa, semplicemente come puro hobby, riduce l’ansia e stimola i pensieri positivi; ecco un altro punto vincente a favore di ferri & uncinetto.
Che dal diletto e dai dilettanti nascessero opere meravigliose, me lo aveva già insegnato Chesterton. Ne ho avuto la riprova qualche giorno fa, condividendo su Facebook la foto di un mio momento rilassante mentre lavoravo a maglia. Ne è nata una chiacchierata con l’amica Laura che mi ha raccontato un progetto incredibile che si chiama Blanket Fo The Never Born, cioé: una copertina per i bimbi mai nati.
Un maglione arcobaleno
Appena mi ha accennato qualcosa di questo progetto, ne sono rimasta colpita. Laura è stata così gentile da chiacchierare con me al telefono per spiegarmi bene di cosa si tratta e del perché anche lei ha scelto di contribuire. Ci ha tenuto a fare una premessa che è davvero indispensabile, a ben vedere: tutto comincia da una doccia fredda.
Chi come Laura e me è appassionata di maglia ha (aveva…) un riferimento imprescindibile nel sito Ravelry: è una piattaforma internazionale, che ha sede in America ma raccoglie lavoratrici a maglia e crochet di tutto il mondo. Si tratta di un sito su cui sono disponibili patterns – schemi per fare sciarpe, pullover e quant’altro – a pagamento o gratuiti; ogni iscritto può creare un suo profilo dove archiviare e condividere foto e progetti dei lavori a maglia fatti. Ci sono anche dei forum per scambiare idee. In un regno così di nicchia, pacato e per nulla orientato ai temi sociali si insinua però l’ombra dell’ideologia. Laura mi racconta una sua impressione, che poi è stata ampiamente confermata:
Piano piano nel frequentare questo sito, dietro cui c’è anche un grosso business legato ai designer e produttori di lana, mi sono accorta che si facevano più o meno espliciti riferimenti al mondo LGBT. La valorizzazione sempre più forte di profili legati a questa ideologia mi faceva chiedere: ma possibile che il mondo della maglia sia solo questo? Possibile che non ci siano semplici mamme che amano sferruzzare?
Se oggi aprite il sito di Ravelryvedrete la bandiera arcobaleno campeggiare in alto.