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Non affrettarti a gridare: “Io lo conosco bene!”, perché solo Dio può dirlo

MAN, MAGNIFYING, GLASS

igorstevanovic

Stile di vita di una folle donna cattolica - pubblicato il 10/02/20

La presunzione di conoscere gli altri si riduce a essere capaci di elencare i difetti e i punti deboli delle persone; l'unico che davvero ci conosce fino in fondo è un Padre pronto a valorizzare il buono di ciascuno.
Io sono il buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me

Dopo l’articolo sulla presunzione di essere indispensabili, ecco il sequel sulla presunzione di conoscere gli altri.
Il titolo non promette bene ma spero che ciò che leggerete porterà a qualche riflessione utile soprattutto sulle conseguenze dell’idea di conoscere gli altri.

Questo articolo nasce da un messaggio ricevuto qualche giorno fa, una vecchia amicizia riemersa dopo 11 anni di silenzio, non per litigi o incomprensioni ma per motivi di salute di questa persona.




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Risentirla è stato strano, primo perché fa parte della mia vecchia vita, quella che anche voi oramai conoscete, poi perché è spuntata in un periodo in cui di tartassamenti dal basso ne ho già molti, troppi, per cui questa è un altro pizzicotto.
(Vi evito la parte in cui ho spiegato la mia conversione, quello era un compito che era stato dato alla lectio di venerdi e ne ho approfittato).

Una frase presente nel messaggio mi ha colpita, mi ha portato a riflettere e mi ha spinta a scrivere questo post sulla presunzione di conoscere gli altri.
Si, questa persona dopo 11 anni di silenzio, alla mia risposta in cui accennavo alla conversione mi ha scritto che a suo parere era solo una facciata perché si ricorda com’ero e mi conosce, sa che non avrei mai potuto fare un passo del genere se non solo esternamente, mentre internamente ero ancora parte del vecchio percorso.

Le ho risposto due giorni dopo perché ho dovuto meditare quella considerazione; quando riemergono certe cose, almeno per me, diventa inevitabile analizzarsi, anche mettersi in discussione e pensare “ok, dice cosi, ma cosa è successo in questi anni? cosa mi ha portata dove sono? sono realmente ancora legata all’antica religione? Sono veramente ancora come prima e non sono cambiata?”.
Ad alcuni magari viene spontaneo non considerare certi messaggi, io non ci riesco, ho questo enorme difetto, ogni cosa diventa motivo per pensare e meditare e così ho fatto.
La risposta è stata inizialmente un messaggio, poi un vocale (lungo, se inizio a parlare ciaone a tutti) in cui ho provato a sintetizzare ciò che sono diventata e cosa mi ha portata qui specificando che “quella di prima” in gran parte  si è evoluta.
Dire che la vecchia me non esiste più è una bugia, sono sempre la stessa persona ma con consapevolezze diverse, idee diverse; la base difficilmente cambierà ma è proprio tutto il resto che anziché sparire si è evoluto, modificato, migliorato (spero), consolidato, assimilato, compreso e quant’altro.
Un tempo dicevo che la persona che ero prima era morta, solo con il tempo ho capito che non era vero, per nessuno è cosi, ma ci si evolve e si cambia, far morire una parte negativa di sé porta a non averla assimilata e compresa quindi nemmeno migliorata.


DONNA, SIPARIO, NERO

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Non sono nemmeno come la persona di due mesi fa, figuriamoci quella di 11 anni fa!
Mi rendo conto che lavorando tanto su me stessa per migliorare (forse troppo… anche voler tendere alla perfezione -che oltretutto non esiste- è considerato peccato), aggiungendo l’affidamento a Gesù (cosa per me fondamentale) e avendo accanto persone splendide, non passa giorno in cui non abbia qualcosa da assimilare e migliorare e ciò mi rende in continua evoluzione (spero sempre in positivo).
Poi si, si fanno anche passi indietro ma siamo pur sempre esseri umani.

La “presunzione di conoscere gli altri”, trovo sia un limite enorme perché preclude la possibilità di vedere il cambiamento, di sperimentare ciò che può avvenire in un cammino di fede e di vita fatto con il cuore, limita le relazioni, ingabbia le persone, le etichetta.

Come posso non citare Sant’Agostino:

Tu solo, Signore, mi giudichi; infatti “Chi  conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui?” (1 Cor 2,11). Tuttavia c’è qualcosa nell’uomo che non è conosciuto neppure dallo spirito che è in lui. Tu però, Signore, conosci tutto di lui, perché l’hai creato.

Ah, lo conosco, vedrai che farà così!“, oppure dopo anni o mesi in cui non ci si sente si pensa “ma si, lo conosco, so come faceva in queste occasioni …”
Si dice anche “conosco i miei polli”, ma vale per le furbate che vogliono fare i bambini per cui non conta.
Senza pensare che magari nel frattempo sono cambiate tante cose.
In questo modo impediamo agli altri la possibilità di farsi conoscere, togliamo loro la possibilità di una nuova opportunità perché l’essere prevenuti prevale sull’essere misericordiosi.

Se ci pensate bene, solo noi possiamo sapere chi effettivamente ci conosce (un po’, non totalmente) ma questo dipende soprattutto da quanto mostriamo di noi, nemmeno nostro marito può dire di conoscerci totalmente.
Riguardo quest’ultima cosa ci sarebbe una parentesi da aprire; utilizzare la convivenza come “prova” per conoscere meglio l’altro e capire come si sta insieme è una cavolata pazzesca (ed evito di utilizzare la frase reale come Fantozzi), perché non basta una vita per conoscere a fondo chi abbiamo accanto. Chiusa parentesi.

Chi ci potrebbe conosce realmente fino in fondo?
Uno c’è, ed è Dio!
Ebbene sì, l’unico che ci conosce realmente è Dio, solo lui potrebbe permettersi di dirci “io so come sei” e ho la certezza che lo direbbe non in senso critico ma per farci notare qualcosa di buono e bello.




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Riflettendoci, solitamente quando diciamo “lo/la conosco..” poche volte è per dire qualcosa di buono, spesso invece è per esternare un pensiero che possa andare a trovare un difetto o qualcosa di non positivo per quella persona; peggio ancora, per mettere in guardia altre persone in base ad una nostra passata esperienza con la persona di riferimento. (che brutta cosa!!!)
Se proprio vogliamo dire la nostra è possibile utilizzare una forma diversa come “Per come lo/la conosco io …”.

Dio è l’unico che ci conosce veramente, che sa cosa abbiamo passato, sa come stiamo, ci comprende, ci accoglie e non ci giudica,

“Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”. (Gv 1, 48)

Lui sa, vede, osserva, va oltre e ci ama per ciò e come siamo.

Buona settimana.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA STILE DI VITA DI UNA FOLLE DONNA CATTOLICA

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