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Nascondere la morte ai bambini? La psicologa: grave errore!

LITTLE GIRL PORTRAIT,

Lesia Kapinosova | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 03/03/20

Gli adulti "silenziano" la morte: in perfetta sintonia con una società che la nega. Alcuni consigli utili per aiutare i bambini ad affrontare il tema della morte.

Un articolo interessante della dottoressa Silvia Bonino – professore onorario di Psicologia dello sviluppo all’Università di Torino – sottolinea come oggi uno dei più grandi tabù che la cultura attuale ci impone è proprio quello della morte, ormai “sfrattata” dalla società occidentale che vive nell’illusione di poter prolungare l’esistenza a proprio piacimento grazie ai progressi della medicina e della tecnologia (Psicologia contemporaneasettembre/ottobre 2019). Si finge così di non sapere che la morte è ineliminabile in quanto parte della vita e destino naturale di tutti gli esseri umani. Oggi invece essa, l’innominabile, è tenuta nascosta ed è ritenuto addirittura sconveniente il solo parlarne.

Perché tenere lontani i bambini dalla morte degli animali domestici?

Il rifiuto della morte, continua Bonino, spinge a tenere lontani i bambini dal prendere contatto con questa esperienza, anche quando non si tratta di persone care ma addirittura degli animali di compagnia. Si arriva spesso a nascondere ai piccoli la morte dei loro amici a quattro zampe inventando le storie più fantasiose ed incredibili che in realtà finiscono per angosciarli ancora di più. Per un bambino sentirsi raccontare che il proprio cane o gatto è vivo ma “se ne è andato via” non è di nessuna consolazione, perché equivale a dover fare i conti con il fatto che un essere amato lo ha abbandonato, e con il relativo perché. Il rischio è che essi, a motivo del loro egocentrismo cognitivo, si ritengano colpevoli di questo vuoto doloroso riempiendolo dei più improbabili e perniciosi “mea culpa”. La negazione della morte di un animale a cui si era affezionati risulta pertanto utile solo agli adulti, sollevandoli dal peso emotivo di affrontare l’argomento con i figli e trovare risposte alle loro domande.

Quando morì il porcellino d’India di mio fratello, aveva sette anni ed era il giorno dell’Epifania. Ricordo che decise di metterlo sul presepe, proprio accanto alla mangiatoia. Lo posò delicatamente e disse serio: “Magari Gesù lo resuscita!”.

Nascondere ai bambini la morte dei nonni? un grave errore!

Ancora più deleterio, afferma la dottoressa, è nascondere ai bambini la morte dei loro nonni, con cui spesso hanno intessuto rapporti di grande tenerezza ed affetto. Anche qui la giustificazione è la stessa: proteggerli dalla sofferenza, con l’assunto implicito che la sofferenza è solo un male. La verità rimane l’inconfessato desiderio dei genitori di proteggere se stessi dal confrontarsi con i bambini su un evento da cui, magari, come figli sono profondamente turbati e sconvolti in quanto per primi impreparati alla morte. Ma come scrive Isabel Allende in un suo libro:

Un dolore così dolore dell’anima, non si elimina con medicine, terapie o vacanze; un dolore così lo si soffre, semplicemente, fino in fondo, senza attenuanti, come è giusto che sia.

Child and Mother Upset

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Quindi è per non affrontare la sofferenza propria, ancor di più e prima di quella dei bambini, che gli adulti “silenziano” la morte: in perfetta sintonia con una società che la nasconde e la nega, molti di loro sono oggi del tutto incapaci di guardarla in faccia senza esserne atterriti. Per cui cercano di sfuggire alle domande dei figli con bugie illusoriamente pietose che hanno l’effetto opposto di far crescere l’ansiae indurre interpretazioni errate. Infatti quanto non è permesso nominare diventa molto più spaventoso di ciò che può essere espresso e condiviso con le parole, grazie alle quali è possibile tradurre e portare fuori di sé i contenuti negativi, rendendoli così metabolizzabili mentalmente ed emotivamente.

L’importanza di utilizzare un linguaggio corretto e privo di eufemismi

Nell’articolo “Perché si muore? Come spiegare la morte ai bambini” (psicopedagogie.it), Elena Tibiletti, pedagogista clinica, offre alcuni utili suggerimenti, il primo è quello di utilizzare un linguaggio corretto e privo di eufemismi.

“Nonno è volato in cielo”. “No, mamma. Ho visto che è sdraiato nel letto: sta dormendo”.

A proposito di ciò ricordo un episodio buffo che accadde nell’aprile del 2013. Due mesi prima del mio matrimonio morì mio nonno Lucio che da qualche tempo viveva insieme a mia nonna a casa di mia zia, nella sala hobby che avevano adibito per accoglierli. La moglie di mio cugino aveva detto alla figlia di 4 anni che nonno non c’era più, era volato in cielo. Di pomeriggio eravamo tutti a pregare intorno alla bara di nonno, e arrivò anche la piccola che rimase fuori in cortile a giocare con gli altri cuginetti. Tra una pallonata e un giro in bicicletta gettò lo sguardo in basso verso la finestra della sala hobby e vide nonno sdraiato nella bara, allora chiamò sua madre e le disse: “Mamma, ma nonno non è volato in cielo, sta dormendo di sotto!”. Ridemmo tutti.

Non è possibile elaborare completamente un lutto senza la presenza di un’altra persona

John Bowlby, grande studioso dei rapporti di attaccamento e separazione, affermava che non è possibile elaborare completamente un lutto senza la presenza di un’altra persona (psicopedagogie.it): dichiarazione che sottolinea, in particolare nel caso dei bambini, l’importanza e l’efficacia di una relazione affettiva autentica, senza infingimenti e zone d’ombra. Un alibi spesso accampato per non parlare di questo tema con i più piccoli riguarda i numerosi eventi luttuosi (incidenti stradali, catastrofi naturali, malattie letali, eccidi ecc…) che ogni giorno vengono veicolati dai mass media, a cui anche i minori sono esposti. Non si tiene conto però, afferma Silvia Bonino, che la rappresentazione virtuale della morte non è di nessun aiuto per affrontare le perdite reali. Questa ripetitiva esposizione determina, nei bambini ma anche in non pochi adulti, un’assuefazione a queste notizie, fino all’indifferenza rasentante in qualche caso il cinismo, che non consente di strutturare risorse emotive positive nei confronti della morte “in carne ed ossa”.


GRAVE CHILD

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L’importanza di andare al cimitero

Quando quella “vera” irrompe bruscamente nella vita reale, le persone si scoprono del tutto impreparate a farvi fronte e il lutto assume spesso valenze oltremodo traumatiche. Ecco perché, come consigliava F. S. Fitzgerald:

Non bisogna aspettare che la morte si verifichi per iniziare a parlare con i propri figli dell’elemento che tutti ci accomuna: la mortalità. (Ibidem)

Importanti in questa direzione, sottolinea la dottoressa Bonino, sono i momenti di ritualità collettiva, come le festività dedicate a chi non c’è più: alle domande poste in tali frangenti, non collegate ad un recente lutto familiare, l’adulto può rispondere senza quella carica emotiva che, nell’immediatezza di una perdita, vive come sconvolgente e inopportuna per i bambini. Portarli al cimitero, specialmente in occasione di tali ricorrenze, o nell’anniversario della perdita di un caro, li aiuta a sperimentare una dimensione sociale e religiosa, quanto meno culturalmente, della morte, aiutandoli a comprendere che essa accomuna tutti gli esseri umani, ma nello stesso tempo che vi è continuità tra la vita presente e passata. I bambini vengono così stimolati a realizzare di far parte di lunga una storia familiare e di generazioni che li hanno preceduti, e di cui sono gli “eredi” attuali.

Alcuni consigli

I piccoli riguardo la morte hanno bisogno di risposte semplici e serene, in linea con i principi educativi ricevuti. Per cui l’adulto, secondo l’autrice, deve fuggire dalla tentazione di disquisizioni teologiche o filosofiche. È essenziale che l’idea di parlare della morte sia condivisa da entrambi i genitori, in modo che il bambino non si trovi a barcamenarsi tra inconciliabili contraddizioni. Papà e mamma devono raccontare la stessa versione, specialmente in prossimità di una perdita importante nella famiglia (psicopedagogie.it). Parlare della morte aiuta a crescere, anche riguardo la consapevolezza che man mano si acquisisce che il tentativo di comprenderla è un processo che dura tutta la vita, dall’infanzia alla vecchiaia.

L’accettazione della morte, è un traguardo essenziale per la crescita personale, indipendentemente dall’età. Il cristiano ne è assolutamente consapevole imparando a recitare e riflettere fin da bambino le ultime parole dell’Ave Maria, in cui alla Madre si chiede:

… prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte, amen.

BAMBINA, CANDELA, CIMITERO

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