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Il ragazzo che parlava di calcio con Dio

Faustino PérezManglano Magro

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Domitille Farret d'Astiès - pubblicato il 04/03/20

Faustino Pérez Manglano è morto di cancro a 16 anni, ma prima ha scritto un diario meraviglioso, “Forse Dio mi parlerà”

Faustino Pérez Manglano amava il calcio, il cinema, la televisione, la Coca Cola, andare in campeggio, leggere, e… Dio. Nel 1963, questo ragazzo spagnolo è morto per il linfoma di Hodgkin, un cancro del sistema linfatico. Aveva 16 anni.

Giovane, allegro, sensibile e amante della bellezza, Faustino era apparentemente un ragazzo come tutti gli altri, ma aveva qualcosa di speciale.

Primo di quattro fratelli, aveva ricevuto un’educazione cristiana e aveva fatto il primo ritiro spirituale a 13 anni, come si faceva di solito nella sua scuola marianista di Nostra Signora del Pilar. Quell’esperienza lo segnò profondamente:

“Lo sforzo più grande della mia vita l’ho fatto in ritiro, quando ho cercato di cambiare completamente la mia vita”.

In quel momento promise di recitare ogni giorno un Rosario, cosa che avrebbe fatto in piccole parti, mentre andava a scuola.

Faustino scelse di dare spazio a Dio nella sua vita quotidiana, in modo discreto ma fedele.


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“Tutto sorrisi”

A 14 anni, dopo aver letto un romanzo, scrisse un diario intimo, Tal vez me hable Dios (Forse Dio mi parlerà), diventato la testimonianza di un’intensa vita spirituale, mista a questioni molto concrete come il calcio.

“Ho recitato il Rosario. Mi sono comunicato durante la ricreazione. Ho avuto un’interrogazione di Scienze Naturali, e ho risposto bene. Ho parlato per 10 minuti con Cristo, delle missioni e del pareggio tra Saragozza e Valencia”.

Si unì poi a una fraternità di giovani e sentì una chiamata a consacrarsi totalmente a Dio, sognando di diventare missionario in America Latina. Voleva diventare un apostolo attraverso l’esempio, e portare così Cristo agli altri:

“Mi rendo conto che devo diventare santo. Non si può essere un cristiano mediocre. Gli altri devono poter vedere Cristo in me”, scrisse.

La malattia che lo colpì per due anni diede però un’altra direzione alla sua vita.

“Alle otto ho chiesto a mamma di farmi dei massaggi per poter dormire senza troppo dolore. Alle dieci mi sono svegliato e siamo andati alla Croce Rossa. Mi hanno fatto due radiografie. Quando siamo tornati a casa a mezzogiorno mi è venuta voglia di piangere. Stavo molto male, col morale a terra”.

Il cancro e la sofferenza fisica che comportava non hanno però impedito a Faustino di continuare a sorridere, e il giovane si interessava sempre dei film che venivano proiettati al cinema o di un compagno che soffriva.

“Era tutto sorrisi”, ricorda il suo direttore spirituale, padre José María Salaverri. Aveva una forza interiore straordinaria.

“L’altroieri, sabato, è stato un giorno splendido per me, perché ho ricevuto l’unzione dei malati e ho rinnovato le mie promesse per un mese come membro della Fraternità. Oggi è la festa di Nostra Signora di Lourdes. La nostra meravigliosa madre del Cielo aiuti tutti noi ad essere migliori. Aiutami, madre, a offrire questi piccoli fastidi per il bene del mondo”.

Una delle cose che colpiscono di più di Faustino è il lato più quotidiano della sua vita: era un adolescente come gli altri, non ha ricevuto né visioni né stigmate, ma ha scelto di vivere la sanità nella quotidianità, con semplicità e donandosi agli altri.

Il 2 ottobre 1960 ha scoperto la sua vocazione in un ritiro, dopo aver parlato con un sacerdote. Lo ha descritto così:

“Abbiamo parlato di molte cose, ma ce n’è stata una che ha richiamato la mia attenzione: che vocazione è la mia? Medico, chimico? Forse l’opzione di essere sacerdote? Quest’ultima possibilità è quella che mi ha colpito di più. Dio mi ha scelto? Me lo dirà Lui. Nelle ore che mi restano oggi di ritiro manterrò il silenzio totale. Forse Dio mi parlerà…” “Nella scena ho visto molto chiaramente che il Signore mi vuole religioso marianista”.

Oggi molti giovani lo pregano per la propria vocazione, secondo una web marianista dedicata a Faustino, e si ispirano alla felicità che egli ha trovato in Dio:

“Sono molto felice. Non so cosa mi succede. Si prova qualcosa dentro. Un amore così grande nei confronti di Lui che mi ha sempre condotto per mano, che non mi ha lasciato cadere, neanche una volta sola, in peccato mortale. Non so cosa siano i problemi. Grazie, Cristo, perché mi dai questo benessere interiore tanto meraviglioso. Ti sono molto grato”.

Il 3 marzo 1963 gli fece visita padre Salaverri. Faustino sembrava soffrire molto, ma riuscirono a parlare. Sul comodino c’era un foglietto in cui si poteva leggere la formazione della partita di quel pomeriggio. A un certo punto il ragazzo chiese:

“Padre, sa se la partita di oggi verrà trasmessa in televisione? Che sciocco, non potrò seguirla, sono molto stanco”.

Poche ore dopo, di notte, chiamò la madre. Quando provò a raddrizzare il corpo dolorante cadde all’improvviso, in silenzio, dolcemente, e rimase incosciente tra le braccia della mamma, dalle quali passò a quelle di Dio.

Nel 2011 Papa Benedetto XVI ha approvato le virtù eroiche di Faustino Pérez-Manglano, che oggi la Chiesa cattolica considera “venerabile”.

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