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L’annuncio di un vescovo: sono guarito dal Coronavirus, ecco cosa si prova quando la malattia ti attacca

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Il vescovo di Cremona, guarito dal Coronavirus

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 18/03/20

Monsignor Antonio Napolioni, primo vescovo che ha superato il Covid-19: facevo fatica a respirare, in ospedale ho visto tanta umanità, e gli operatori sanitari chiedono preghiere

«Ieri (martedì 17 marzo ndr) sono rientrato in casa dopo 10 giorni di ricovero nell’Ospedale maggiore di Cremona, per polmonite da Covid-19. Il mio primo pensiero di immensa gratitudine va ai medici, infermieri e tutto il personale del reparto di Pneumologia, diretto dal dr. Giancarlo Bosio. Sosteniamo loro e quanti si stanno prodigando oltre le forze, con la preghiera, con la fantasia della solidarietà, con l’attenta esecuzione di quanto ci viene chiesto in un momento così delicato».

Lo scrive sul suo profilo facebook monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, affetto da Coronavirus, e tornato, dopo 10 giorni di ospedale, nel Palazzo vescovile dove continuerà la quarantena. Era stato ricoverato presso l’Ospedale Maggiore di Cremona venerdì 7 marzo mostrando i sintomi di una polmonite riconducibile al coronavirus.

Dopo pochi giorni era arrivata la conferma ma le terapie erano già iniziate per contrastare questa piaga che affligge anche la sua città. Lunedì Napolioni è tornato a casa, seguito dall’affetto della sua diocesi (Avvenire, 18 marzo).

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“Pasqua che rigenera speranza”

«Ringrazio – ha aggiunto il vescovo su facebook – le innumerevoli voci della Chiesa cremonese, dell’episcopato lombardo e italiano, delle tante relazioni ricevute in dono in questi anni… ho avvertito chiaramente di essere portato, come in un unico corpo, in cui chi cura e chi è curato sono entrambi volto concreto del Signore Gesù. La sua Pasqua, comunque, rigenererà la speranza e ci rimetterà insieme in cammino. Vi abbraccio “virtualmente”».


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I sintomi

Il vescovo ha raccontato, sempre ad Avvenire, cosa ha provato quando gli hanno riscontrato i sintomi del Covid–19. «Ho preso atto. Nei giorni precedenti ero stato in visita pastorale, immerso nei contatti con la gente. I sintomi un po’ li avvertivo, facevo fatica a respirare. Per fortuna la diagnosi è stata immediata e questo ha permesso di ribaltare la situazione nel giro di pochi giorni».

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L’arma più potente secondo il vescovo

In ospedale, prosegue, «sono stato isolato. Ho riscontrato grande slancio di medici e paramedici, una lezione di umanità e competenza, di dedizione impressionante».

In quei giorni «ho sentito un grande affetto. Gli operatori chiedono il sostegno della preghiera. Continuerò a pregare per loro e con loro. L’arma potente è mantenersi lucidi spiritualmente, affidarsi al Signore che è padre anche in queste situazioni».


FABIO STEVENAZZI

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Dal terremoto alla pandemia

Un’esperienza che gli sta lasciando un segno interiore indelebile. «Nei mesi scorsi tra di me pensavo che il vescovo si deve identificare con la gente. Nelle Marche ero alle prese con il terremoto, a Cremona pensavo a possibili alluvioni, non certo ad una pandemia virale. È la vita che ci chiede di condividere la realtà. Non c’è tempo per fare tanti ragionamenti. Nella realtà non è mai impedito di amare e spendersi o anche solo di sopportare».

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L'ospedale Maggiore di Cremona, dove è stato ricoverato monsignor Napolioni.

“Madre che custodisce il senso della vita”

Ai malati, monsignor Napolioni dice «di consegnarsi con fiducia a chi si cura di loro. Sentendo che ogni istante può essere una ripresa possibile. Non sempre questo accade, però bisogna tener viva la speranza».

E sul ruolo della Chiesa in questo momento, è laconico: «È quella madre che custodisce il senso della vita, è questo grande abbraccio che dice: “Vedi ce la stiamo facendo”».


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