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Il Santo Sepolcro chiuso per la prima volta dopo 700 anni

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Questa stazione segna l'ingresso alla chiesa del Santo Sepolcro, affidata alla cura di varie Chiese cristiane. La fotografia mostra il monastero copto.

Aleteia - pubblicato il 07/04/20

L'amministratore apostolico in Terra Santa: “Quando piangiamo su Gerusalemme insieme a Gesù da questo luogo, piangiamo su tutta la fraternità umana per questo momento difficile”

Le porte sono state chiuse all’ingresso della chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, cosa che non accadeva da 700 anni, quando la città venne colpita dalla peste nel XIV secolo.

Epidemia di coronavirus, crisi economica, mezza umanità confinata in casa e riti millenari sospesi in attesa della Pasqua nei luoghi sacri del cristianesimo…

La Settimana Santa si è aperta senza processioni, con Papa Francesco che ha presieduto la Messa della Domenica delle Palme nella basilica di San Pietro.

Quest’anno anche la Messa di inizio della Settimana Santa celebrata nel Santo Sepolcro al mattino presto si è celebrata a porte chiuse. Ha presieduto monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che ha benedetto le palme nell’Edicola Sacra.

Monsignor Pizzaballa era accompagnato da qualche frate e da alcuni seminaristi del Patriarcato Latino di Gerusalemme. La preghiera speciale dell’arcivescovo è stata trasmessa in diretta streaming per permettere la partecipazione anche se a distanza.

“Gerusalemme è il simbolo della Chiesa e di tutta l’umanità, è la casa di preghiera per tutti gli uomini, secondo le Scritture. Quando piangiamo su Gerusalemme insieme a Gesù da questo luogo, piangiamo su tutta la fraternità umana per questo momento difficile che sta vivendo e per questa triste Domenica delle palme. Triste ma essenziale”, ha affermato il presule.

Il Dominus Flevit è il santuario costruito sul luogo in cui Gesù ha pianto dopo aver guardato Gerusalemme e aver predetto la sua rovina per il fatto di non aver riconosciuto il Messia (Lc 19, 41-44).

Dal Monte degli Ulivi, Gesù fece il suo ingresso a Gerusalemme tra la folla che lo acclamava.

“Il significato che Gesù attribuisce alla sua ‘entrata trionfale’ è diverso dal significato che la popolazione di Gerusalemme aveva visto in essa”, ha spiegato monsignor Pizzaballa.

“Forse è questa la lezione che Gesù ci vuole dare oggi. Ci rivolgiamo a Dio quando c’è qualcosa che ci fa male”. Di fronte alla richiesta dell’uomo di risolvere ogni problema, anche in questo momento di pandemia “Gesù risponde a modo suo”.

“Proprio perché Gesù dice ‘sì’ ai nostri desideri più profondi, dovrà dire ‘no’ ai nostri desideri immediati”. “La storia della grande entrata a Gerusalemme, quindi, è una lezione sulla discrepanza tra le nostre aspettative e la risposta di Dio. Le folle saranno deluse, perché Gesù non risponderà alle loro attese di salvezza immediata”; “il Vangelo, tuttavia, ci dice che la fede cristiana è fondata sulla speranza e sull’amore, non sulla certezza”.

“Lui non risolverà tutti i nostri problemi, non ci darà tutte le certezze di cui la nostra natura umana ha bisogno, ma non ci lascerà soli. Sappiamo che ci ama”.

L’amministratore apostolico del Patriarcato Latino ha poi benedetto Gerusalemme con la reliquia della Santa Croce: “La città è chiusa, il mondo è chiuso. Dobbiamo rimanere aperti con il cuore, con le intenzioni, con la preghiera. La preghiera può superare le barriere esistenti in ciascuno di noi e anche fuori”.

“Nonostante la nostra fatica a comprendere, allora, poniamo anche noi di fronte al nostro Messia quel poco che abbiamo, le nostre preghiere, le nostre necessità, il nostro bisogno di aiuto, il nostro pianto, la nostra sete di Lui e della Sua parola di consolazione”, ha aggiunto monsignor Pizzaballa.

“Sappiamo di avere bisogno di purificare le nostre intenzioni, e chiediamo a Lui anche questa grazia: comprendere di cosa abbiamo davvero bisogno. E qui, oggi, nonostante tutto, alle porte della Sua e nostra città, dichiariamo di volerlo accogliere davvero come nostro Re e Messia, e di seguirlo nel Suo cammino verso il Suo trono, la croce. Ma Gli chiediamo anche che ci dia la forza necessaria per portare la nostra con il Suo stesso, fecondo amore”.

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