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«Sono un prete cattolico figlio di una donna musulmana»

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Guitta Maroun - pubblicato il 30/04/20

Padre Amine Semaan ad Aleteia: «Mia madre mi ha avvicinato a Gesù. Sono fiero di essere nato in una famiglia povera: mi ha preparato a seguire la via del Signore».

Vorrei dire ai critici dei matrimoni misti [l’articolo parla specificamente di Elia il cristiano e Fatima la musulmana, N.d.R.] che io stesso sono un prete cristiano figlio di una donna musulmana, e che la nostra vita famigliare è piena di amore. Auspico che il Libano sia tutto come la mia famiglia, senza settarismi e violenze ma traboccante d’amore e di pace.

Così padre Amine Semaan ha scritto sulla sua pagina Facebook, mostrandosi fiero della sua famiglia mista che ha ben educato i suoi figli riguardo all’amore alla convivenza tra religioni ed etnie.

Padre Amine Semaan, prete nella Congregazione dei Missionari Libanesi Maroniti, ha raccontato ad Aleteia il suo cammino culminato nella conformazione a Cristo buon Pastore.


Ciò di cui mia madre, musulmana, è convinta

Sono nato in una casa assai umile e sono cresciuto in una famiglia cristiano-musulmana. La mia famiglia era molto povera ma sono fiero del fatto che siamo vissuti in uno stabile costruito per le bestie a causa delle disgrazie abbattutesi su di noi. Questo mi ha abituato ad apprezzare ogni briciola di pane: alle volte mamma sostituiva il latte con dell’acqua zuccherata, quando non c’era modo di procurarcene.

Quando i miei genitori si sono sposati, mia madre musulmana è rimasta fedele alla sua religione perché mio padre non vi si è opposto ma, al contrario, ha rispettato le sue credenze e non l’ha forzata a mutarle. In seguito, ella ha scoperto la presenza del Signore nella sua vita senza con ciò svalutare alcuna altra religione: era convinta che il cristianesimo l’avrebbe convinta sulla strada di Dio.

Mia madre ha presentato la fede cristiana alla nostra famiglia

Siamo stati testimoni, mio fratello Simon e io, del battesimo di mia madre, la quale ha ricevuto il sacramento dopo 12 anni di matrimonio perché voleva seguire Gesù Cristo. All’inizio la sua famiglia non ha accettato la sua conversione al cristianesimo, ma più tardi hanno cambiato parere.

La relazione che mi lega alla famiglia di mia madre è basata sul rispetto, sul confronto di esperienze e sull’amore divino che Gesù ci chiama a vivere. Nostra madre non ci ha mai forzati a pregare secondo la religione islamica, ci diceva invece di pregare dove volevamo, cioè in chiesa. Questo non ci ha impedito di conoscere la religione islamica, di rispettarla e di comunicare a nostra madre Gesù col cuore pieno di amore e di pace.

Tutti questi principî sono sempre radicati nella nostra famiglia, alla quale mia madre ha presentato la fede cristiana e che ha aiutato mio padre ad abituarsi alla preghiera. Inoltre, ci ha aiutati ad avvicinarci al Signore Gesù laddove era proprio lei a invitarci a partecipare alla Messa, a conoscere più cose sul cristianesimo, a pregare a casa e a recitare il rosario come mezzo di santificazione. In questo modo, anche lei cresceva spiritualmente nelle cose di Dio.

La scintilla del primo incontro

Il Signore interveniva in tutti i dettagli della mia vita. Ho studiato Scienze Politiche all’Università Libanese e sognavo di diventare famoso, prima di entrare in monastero e di conoscere Gesù Cristo. La mia esperienza con Gesù è molto speciale, perché quando l’ho incontrato non avevo intenzione id seguirlo. Avevo vent’anni e su Facebook incontrai un prete che mi invitò a partecipare a un’ora di adorazione al monastero: decisi di andarci, ma mi sedetti all’ultimo banco, in chiesa. All’elevazione dell’Eucaristia, mentre si cantava l’inno sacro, una scintilla mi ha incendiato – era la scintilla del primo incontro. In quel momento benedetto ho toccato la presenza di Gesù, mi sono sciolto in lacrime e le mie viscere sono state scosse da fremiti. Avevo la medesima impressione che doveva aver sentito Pietro quando Gesù gli aveva detto: «Seguitemi e vi farò pescatori di uomini». L’indomani ho informato mia madre che sarei diventato sacerdote. Di primo acchito non ha accettato l’idea, ma più tardi ha cambiato parere.

Momenti formidabili!

Ho partecipato alle riunioni di discernimento della vocazione per scoprire la mia e conoscere il destino al quale il Signore voleva condurmi. Le due prospettive di lasciare la vita sociale e di fondare una famiglia erano in lotta fra loro, ma Dio mi ha chiamato alla verginità: «Ti voglio con tutte le tue energie e le tue forze» – la vita del prete uxorato richiede infatti che si dedichi molta attenzione a tenere in equilibrio famiglia e parrocchia.

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Dopo quest’esperienza, questa lotta, le lacrime che ho versato e la paura dell’ignoto, il Signore mi si è rivolto dicendomi: «Non avere paura: sono al tuo fianco e ti accompagnerò nella tua vita consacrata». Il 1o luglio 2018, giorno che resterà per sempre impresso nella mia memoria, sono stato ordinato sacerdote. Quanto sono formidabili i momenti in cui il vescovo unge il capo del novello sacerdote con il sacro crisma [nei riti siro-antiocheni si fa anche per i preti: nei riti latini l’unzione del capo resta solo nelle consacrazioni episcopali, N.d.T.]! Durante l’ordinazione sono stato attratto dalle profondità di Dio come se fossi in un altro mondo, e camminavo con gioia infinita. Questo sentimento è indescrivibile e si rinnova ogni giorno nella Messa.

In quel momento, la mia famiglia si è sciolta in lacrime di gioia e mio fratello è corso verso di me per baciare i paramenti sacerdotali che per la prima volta indossavo. Di fatto, i momenti più alti sono stati quando ho dato la comunione a mia madre.

Una settimana più tardi ho presieduto la benedizione delle nozze di mio fratello, un matrimonio di rispetto e amore sinceri.

Per non chiudere le nostre chiese domestiche

Tocco la presenza del Signore per tutto il corso della giornata e lo supplico di dirigere lui la mia vita. Alle volte mi sento debole e spaventato, ma il messaggio di Dio mi attrae verso quelli che vengono tenuti in disparte e marginalizzati: incontro il Signore nella gente.

Tenendo conto della propagazione dell’epidemia di Coronavirus e del deterioramento delle condizioni economiche – ricordo sempre di essere uomo prima che prete e prete prima che santo – ripenso alla dignitosa povertà in cui sono stato cresciuto: sono fiero di essere venuto su grazie alla fatica di mio padre, ai suoi piedi sporchi di terra, e alle preghiere e lacrime di mia madre, che si è sacrificata per darci il nostro pane quotidiano.

Tutte le nostre case sono state convertite in chiese, e auspico che dopo l’epidemia restino tali, anche quando verranno riaperte le chiese, perché cresciamo nella fede anzitutto nelle piccole chiese domestiche.

Chiedo a tutti di pregare per i preti, per i monaci e per le religiose: alle volte siamo deboli e ci allontaniamo da Dio, ma il Signore ci ama, ci dà fiducia e ci accorda la forza che supplisce alla nostra debolezza. Le Scritture confermano queste mie parole.

Ringrazio Dio per la benedizione della mia vita e della natura, visto che le amo moltissimo e cerco di sottolinearle nella fotografia. Rendo grazie anche per la mia famiglia, la mia chiesa, la mia congregazione, tutte le persone che Dio ha messo sulla mia strada, quelle che mi hanno fatto del male trasformando così la mia debolezza in forza, le persone che pregano per me sostenendomi di continuo… e per la grazia del sacerdozio, che non merito, per la quale supplico di essere reso umile e santo.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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