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Sergio Castellitto su Padre Pio: miracoli e stimmate, ecco cosa penso

SERGIO CASTELLITTO

© Denis Makarenko/Shutterstock

SERGIO CASTELLITTO;

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 17/05/20

L'attore, che ha interpretato il ruolo nel film sul santo di Pietrelcina, dice di lui: "E' stato un uomo di frontiera, si è preso sulla sua carne il dolore, il peso di una scelta"

«Al di là della fede cristiana e della devozione popolare», spiega l’ attore, bravo già a calarsi nei panni di Fausto Coppi o di don Lorenzo Milani, «padre Pio è un personaggio immenso. Uno di quegli esemplari umani di cui oggi si avverte la mancanza. Padre Pio muove un interesse trasversale che tocca tutti, perciò non possiamo sbagliare. La storia di Francesco Forgione, aspetti folcloristici a parte, è di una modernità straordinaria proprio perché oggi, in tutto il mondo, c’ è un prepotente bisogno di ritorno alla spiritualità».

Parola di Sergio Castellitto, autore di una straordinaria interpretazione del frate delle stimmate nel film “Padre Pio” (2000).

Sergio Castellito: “Sogno ancora padre Pio”
© Wikipedia/Creative Commons/RanZag

“La santità di Padre Pio è scomoda”

«Come tutti i profeti – prosegue Castelltto – era un uomo con la febbre. Posseduto dalla voglia di conoscere il senso profondo delle cose. Padre Pio viveva la fede in maniera emotiva. È stato un uomo di frontiera. Dopo aver visto la disperazione, ha detto: “Non mi muoverò più da qui, dagli ultimi!”. Si è preso sulla sua carne il dolore, il peso di una scelta. Mi piace la figura di quest’uomo semplice e poverissimo che, malgrado gli ostacoli frappostigli dai pregiudizi della Chiesa di allora, fa il suo percorso spirituale e di vita. E la santità, oggi come ieri, è scomoda».

“Non riuscirei mai a sentirmi alla sua altezza”

L’attore, prima di girare le riprese, ha letto «molto» materiale sul santo di Pietrelcina. «Poi però mi sono fermato perché cominciavo a sentirmi vicino a lui. Si tratta di un personaggio così alto che, secondo me, non va raccontato, ma interpretato secondo le proprie emozioni. D’ altra parte, sul piano razionale non riuscirei mai a sentirmi all’ altezza. L’esperienza, la bravura non bastano. Impersonando un uomo di tale levatura, un attore rischia il ridicolo. A meno che, con umiltà, non si studi in continuazione».

Il santino

Castellitto non ha mai conosciuto dal vivo Padre Pio. «Quando lui morì, nel ’ 68, io avevo solo tredici anni: troppo giovane per capire. Ricordo che ne sentivo parlare spesso in casa, dalla mamma e dalle mie sorelle. Ma io ero scettico, come tutti i ragazzi a quell’ età. Però mi è sempre stato familiare il volto di padre Pio: un suo ritratto non mancava mai, nelle case come nei bar. Proprio alla sua immagine è legato un episodio curioso».

Dopo aver perso il padre, l’attore ha ricevuto un “dono” dalla mamma. «Mi ha dato un santino del frate. Ho sorriso al pensiero che lei volesse proteggermi, affidarmi a una specie di padre spirituale. E pochi giorni dopo mi è stato proposto d’ interpretare padre Pio… Mi è parso un segno… Ho accettato con la curiosità di capire chi fosse padre Pio».

Il miracolo più grande secondo Castellitto

Castellitto non si esprime sui miracoli attribuiti al santo. «Non sono in grado di giudicare. Ma di padre Pio mi piace il suo essere stato un santo con i piedi ben piantati per terra. Sa qual è stato il suo miracolo più grande? La costruzione della Casa Sollievo della sofferenza: un ospedale da 1.200 posti dotato delle migliori attrezzature. Tuttora all’ avanguardia in un Sud in cui la sanità è penalizzata. E lui riuscì a ultimarlo nel ’ 56!».

Le stimmate? Prendere su di sé la sofferenza degli altri

E sulle stimmate osserva: sono un «mistero». «Nella scena in cui il frate si ritrova le mani ferite, insanguinate, lui le guarda con orrore – aggiunge – Ha una reazione profondamente umana: ha paura del dolore, d’ essere stato scelto per qualcosa più grande di lui. Da uomo comune si dice: “Perché proprio a me?”. Ma poi capisce, accetta il suo destino. Che è quello di prendere su di sé le altrui sofferenze» (Famiglia Cristiana, 5 maggio 2020, originariamente pubblicato sul n°2 16 gennaio 2000).




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