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Togliere una madre a un neonato è ucciderlo!

NEWBORN WITH MOTHER,

Rob Hainer | Shutterstock

Rachele Sagramoso - pubblicato il 25/05/20

Togliere una madre a un neonato è far crescere un individuo menomato dall'assenza di colei che è fondamentale. Per i neonati di Kiev, per i neonati di Kabul (e non solo loro).

Fiducia.
Quando un bambino nasce, deve poter maturare una fiducia verso la madre. Non verso un anonimo caregiver. Non subito verso il padre (che possiede altri ruoli, altri compiti). Il bambino matura nel ventre di una donna che poi, messo al mondo (con fatica, sudore, rischi, felicità, stupore, gioia), lo culla e lo alleva. Non si sente più parlare di tali semplici termini: cullare (tenere tra le braccia, muovendosi con un dondolìo ritmato, dicendo paroline dolci e frasettine amorose, guardando il fagottino con occhi pieni di sentimento) e allevare (prendersi cura con attenzione e dedizione, dedicando la maggior parte del tempo a occuparsi di come far crescere con semplice umiltà, una persona).

Entrambi tali termini, che racchiudono un infinito mondo di gesti che nacquero nella notte dei tempi in tutte le latitudini e in ogni cultura, racchiudono un obiettivo comune: far sì che il minuscolo essere umano appena giunto su questa Terra, maturi fiducia in chi lo culla e lo alleva, ovvero chi l’ha nutrito (di emozioni e di sostanze) per la gravidanza. Come sappiamo che questo atto di abbandono è fondamentale? Lo conosciamo osservando e studiando i bambini che, invece, vengono privati di uno o entrambi quei gesti: chi è solo cullato, ma non allevato e chi è allevato, ma non cullato. E lo sanno gli eroi che danno a tali bambini sia delle braccia dove essere cullati, sia tutta l’attenzione e la cura per poter essere allevati (ed educati, se si tratta di bambini non più neonati, si aggiunge l’educazione): i genitori adottivi (qui sì che mamme e papà, nella loro differenza e unicità, sono da subito necessari per l’equilibrio dell’individuo).

Torniamo al neonato. La madre lo tocca, lo annusa, lo accarezza, lo guarda, gli parla, lo culla e inizia la “complicata danza” dell’allevarlo (complicata per tutte quelle indicazioni che ogni madre riceve, ch’ella deve imparare a scartare o utilizzare, a sua discrezione).
E il neonato?
Deve ciucciare.
Deve dormire.
Deve fare la cacca.
Deve fare pipì.
Deve…

No. Il neonato è un essere umano che possiede un insieme di bisogni fisiologici che lo fanno essere l’unica persona al mondo che ha diritti e non doveri. Il neonato è una persona, un essere umano nel terzo stadio di sviluppo (embrione e feto i primi due), che deve essere aiutato a crescere e a maturare competenze che gli servono per sopravvivere: nutrirsi, fare cacca e pipì, dormire… ci metterà anni per padroneggiare tutte queste necessità: a due anni mangerà da solo, a due anni e mezzo/tre controllerà gli sfinteri, a sette anni avrà il sonno di un adulto… quante cose in poco tempo: la cosa più faticosa, tuttavia, sarà maturare la fiducia nei confronti di chi si prende cura di lui. È una strada impervia poiché dipende solo da un fattore esterno: mamma. Più riceverà attenzione e dedizione (ricordiamoci il cullare e l’allevare), più avrà fiducia nella mamma. Più lei risponderà, più lui saprà che è importante, che è una persona che possiede un valore, che ha dignità. È in questa delicata fase che mamma – sbagliando, facendosi domande e rispondendo, ma anche cambiando opinione e perdendo la pazienza – deve conquistarsi la fiducia del suo bambino. Lui riporrà tutto in lei. Si stabilirà così una relazione che maturerà poi in fiducia reciproca e che in breve tempo coinvolgerà il papà – persona fondamentale sia per mamma che per la relazione iniziale tra lei e il bambino – e poi tutti i membri della famiglia. Il bimbo potrà sapere che se chiama, mamma e papà ci sono. Il bimbo saprà con certezza che se ha paura, viene consolato. Che se ha fame, viene nutrito. Che se ha necessità d’imparare, c’è chi gli insegna.

Cullare e allevare sono enormi e necessari gesti che racchiudono un universo per rendere un neonato un essere umano adulto.
Semplice? No. Per una madre e un padre tutto questo non è semplice. Ci sono momenti di scoramento e stanchezza che paiono turbare tutto. Ci sono fasi che paiono rovinare le relazioni tra i genitori e il figlio. Ci sono accelerazioni e retromarce. Ci sono risate e lacrime. E tutto questo è normale. I figli non vogliono perfezione. Un figlio non cerca il genitore premiato dall’accademia della pedagogia. Un figlio cerca braccia che lo cullino, persone che lo allevino. Cerca due genitori nei quali riporre fiducia e dai quali acquisire competenze. Il bambino cerca una mamma e un papà dei quali fidarsi.
Essere un neonato significa possedere il diritto a ricevere il meglio. Significa potersi fidare della mamma.
Togliere una madre a un neonato è ucciderlo.
Togliere una madre a un neonato è far crescere un individuo menomato dall’assenza di colei che è fondamentale.
Per i neonati di Kiev (e non solo loro).
Per i neonati di Kabul (e non solo loro).




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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA RACHELE SAGRAMOSO

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