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Nella coppia non dovrebbero mai esserci momenti di tristezza. Falso!

SAD, COUPLE, KISS

Ollyy | Shutterstock

Cristina Buonaugurio - pubblicato il 10/06/20

Attraversare periodi meno felici non significa che la coppia sia in crisi, anzi saper vivere insieme tutta la gamma delle emozioni è un punto di forza della relazione. E lo è anche chiedere aiuto se da soli ci si scopre fragili.

La tristezza racconta di una mancanza ed esprime il desiderio di una presenza affettuosa e consolatrice. Di per sé questo farebbe pensare che la coppia dovrebbe essere il “luogo” ideale per affrontare questa emozione, eppure nella realtà sappiamo bene che la tristezza può mettere a dura prova una relazione. Questo accade sia perché non tutti sono capaci di stare accanto a chi è triste sopportandone il dolore, prima ancora di supportarlo nel dolore, sia perché non è scontato che una persona voglia o sappia condividere la propria tristezza. E ciò accade tanto nei casi in cui l’origine della sofferenza sia interna al rapporto di coppia, quanto in quelli in cui la causa sia esterna.


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Inoltre nell’ideale patinato riportato dalle riviste di gossip nelle coppie non dovrebbero mai esistere momenti di tristezza, la vita dovrebbe essere fatta solo di gioia e di divertimento, coccole e intimità. Tutt’al più si passa dall’innamoramento al tradimento o dal fidanzarsi al lasciarsi, senza considerare che la vita quotidiana di qualunque coppia è fatta di momenti di gioia, ma anche di momenti meno felici, e che questo non implica che la coppia sia in crisi, ma solo che è composta da persone normalissime che come tutte le altre sperimentano l’intera gamma delle emozioni umane, che hanno un ruolo ben preciso nella nostra vita.

Cerchiamo allora di capire insieme come vivere nella coppia tale emozione.

Saper accogliere la tristezza

Può succedere che a sperimentare la tristezza in forma più o meno lieve sia uno solo dei partner: qualunque sia l’origine del sentimento provato è importante che l’altro partner si sappia mettere in ascolto di quella sofferenza e sappia – semplicemente – starvi accanto. Sembra facile, ma in realtà non è così scontato saper accogliere la tristezza altrui senza fare nulla per cacciarla via e, ancora di più, senza pretendere che l’altro cacci via il proprio malessere e stia subito meglio.

Quando ci troviamo di fronte a qualcuno che è triste inizialmente è facile essere empatici, accostarci a quel dolore e provare a capirne le cause. Ma spesso può succedere che l’empatia si trasformi in giudizio quando la reazione ci appare eccessiva, smisurata o troppo duratura. E allora si inizia quasi a pretendere che chi sta male si muova per far cessare quel dolore, che si metta in azione e dimentichi la sofferenza, che come per magia vorremmo vedere scomparire. Un po’ perché fa male veder soffrire chi si ama, un po’ perché è difficile stare accanto a chi soffre e sperimentarsi impotenti.

Ecco perché di frequente tendiamo a proporre soluzioni, a indicare vie alternative e svariate possibilità per superare la tristezza o semplicemente metterla in un angolo: vorremmo aiutare chi amiamo, vorremmo essere utili e fare in modo che stia bene, vorremmo evitare di sentirci totalmente inutili.

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Di JPRFPhotos - Shutterstock

Il problema è che non esistono magie che facciano star bene le persone! Se, come già detto, la tristezza parla di una mancanza (di una persona, di un luogo, di un’attività…) allora l’unica risposta in grado di sanare la ferita è una presenza. Ma a patto che sia una presenza empatica, accogliente, non giudicante. Una presenza che, se da un lato è bene che non permetta un’indulgenza eccessiva nella sofferenza (perché potrebbe diventare problematica), dall’altro non deve “portare fretta” affinché tutto si risolva quanto prima.

Bisogna imparare a stare accanto. Semplicemente stare. E amare, anche se può essere faticoso.

Condividere il proprio dolore

Del resto non è meno faticoso essere colui o colei che la sofferenza la sperimenta sulla propria pelle!

Quando si è tristi, per quanto si abbia bisogno di avere accanto quella presenza di cui ho appena parlato, capita spesso invece di isolarsi, di nascondersi, di “farsi soli”. Spesso perché ci si vergogna di far vedere la propria “fragilità”, di non potersi dimostrare sempre e comunque forti. O perché si ha paura di essere giudicati deboli, troppo sensibili, incapaci di reagire…

Ma questo in una coppia vuol dire mettere dei muri tra sé e l’altro, indossare delle maschere che non permettono di far emergere autenticamente chi si è. Vuol dire non essere autentici e sinceri. E chiaramente questo non fa bene alla relazione! Un rapporto di coppia deve poter essere fondato sulla fiducia: devo credere di potermi mostrare per ciò che sono in modo autentico e di poter essere accolta per ciò che sono. Allora potrò far vedere anche le mie “debolezze” o semplicemente farmi vedere in tutto ciò che sperimento, tristezza compresa, senza paura del giudizio. E senza paura che quello che provo venga sminuito o ridicolizzato.

E’ importante che chi soffre possa far vedere quello che prova, proprio perché la presenza dell’altro può essere l’unico balsamo per le sue ferite. E’ fondamentale, però, affinché ciò sia possibile, che questo rapporto fatto di fiducia e accoglienza non giudicante sia costruito giorno dopo giorno, che giorno dopo giorno si dia vita ad una relazione autentica in cui ciascuno dei partner abbia lo spazio per vivere e condividere ogni aspetto della vita, da quelli spensierati a quelli più dolorosi.

Quando si vive questo tipo di relazioni sarà più facile evitare di nascondere la propria tristezza e scegliere di farne dono all’altro. E sarà un dono prezioso perché permetterà al partner di vedere il cuore di chi ama, di toccare il suo dolore e di prenderlo per mano, facendosi compagno di strada nelle salite della vita.

Se entrambi i partner stanno soffrendo

Chiaramente può succedere anche che entrambi i partner vivano insieme una medesima sofferenza, che li colpisce in egual modo – per quanto poi ognuno possa viverla ed esprimerla diversamente -: penso ad esempio al caso estremo della morte di un figlio, ma chiaramente ci sono molte situazioni meno gravi che possono comportare un dolore comune. Lì non c’è chi sia in condizione di accogliere ed ascoltare e chi abbia maggiore necessità di sostegno: c’è un bisogno identico che va riconosciuto e a cui va data risposta. Di solito, invece, capita che il “più forte” dei due (quello che si ritiene o è ritenuto tale) ricacci indietro le proprie lacrime per dare forza all’altro, finendo spesso con il trascurare il proprio vissuto. E se nel breve termine sembra l’unico modo per andare avanti e non cedere ad un dolore troppo grande, a lungo andare questo atteggiamento potrebbe risultare problematico, perché non è sano cancellare i propri sentimenti, fingere che non esistano, anche se per la “nobile causa” di sostenere il partner.

Tra l’altro agire in questo modo rischia di portare chi lo fa a covare ad un sentimento di rabbia, prima sottile e invisibile, poi sempre più emergente, nei confronti dell’altro, che in qualche modo è ritenuto (anche solo inconsciamente) la causa del non poter prendersi cura di sé. Chiaramente le cose non stanno così, perché in simili casi chi non ascolta il proprio malessere sceglie più o meno consapevolmente di comportarsi in tal modo (per ragioni che spesso hanno origine nella storia personale), eppure dal sentirsi investiti del ruolo di “salvatore” della situazione al passare a ritenersi la “vittima” sacrificata sull’altare del benessere altrui il passo è breve!

Per questo è importante che in casi di dolori che accomunano e che gravano sul cuore di entrambi i partner ci sia la consapevolezza della necessità di chiedere aiuto a persone esterne alla coppia. Si può optare per chiedere aiuto insieme o per scegliere ognuno una persona diversa a cui appoggiarsi (e non è detto che in tutti i casi sia necessario un aiuto psicologico), ma l’importante è che ciascuno si prenda cura di se stesso senza andare a incidere ancora di più sul vissuto dell’altro.

Per concludere

La tristezza, come tutte le emozioni, ci parla di quello che ci sta accadendo e per questo è importante ascoltarla e non fingere che non esista o cercare di farla passare il prima possibile, impegnando la mente su mille idee e con mille impegni. Chiaramente una tristezza prolungata può essere sinonimo di depressione o di altri problemi a livello psicologico, ma allo stesso modo non è sano pensare che la vita debba trascorrere senza momenti di tristezza.

Purtroppo nella nostra società non c’è spazio per questa emozione – se non quando serve a fare audience e quindi porta ad un guadagno – perché sembra una perdita di tempo. Facciamo allora in modo che le nostre coppie vadano controcorrente e che siano spazi in cui essa possa trovare accoglienza ed ascolto. In cui la tristezza possa sciogliersi in un abbraccio e la persona triste possa sapere di non essere sola.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA CRISTINA BUONAUGURIO

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