Non c'è errore più grave di eludere qual è il vero nome e volto del male. Ecco alcuni folgoranti pensieri di Chesterton sul diavolo e su ciò che lo sconfigge: l'umiltà di un Dio incarnato.
Un grande errore contemporaneo è quello di non fare i conti con il male, eppure di esserne spavantati in modo irrazionale. Senza Dio l’uomo si illude di togliersi un’inutile zavorra astratta e di poter essere più libero nella vita pratica, senza vincoli imposti dall’alto: anche questo è un enorme abbaglio. Un attento osservatore della realtà come G. K. Chesterton smascherò queste bugie capovolgendo la prospettiva con cui guardare in modo unitario il nostro corpo e il nostro spirito: la cosa che dà più fastidio all’uomo di oggi è ammettere di essere segnato dal peccato, ma solo partendo da questo dato si può ragionare in modo davvero positivo cioé chiamando per nome il nostro nemico e, perciò, il nostro bisogno di essere salvati.
Uno stereotipo superficiale descrive il Diavolo come il grande sostenitore del godimento corporeo, ma è l’opposto. Un tratto caratteristico del Diavolo è proprio la sua tentazione a svilire la nostra corporeità e a farci idolatrare i nostri pensieri. Il cristianesimo tiene unito ciò Satana vuole separare, cioé il corpo e l’anima. Solo l’umiltà di un Dio incarnato può abbracciare la nostra fragile presenza terrena, capace di fare il male ma che pure è «un tempio sacro». Solo questa umiltà incarnata, che ci ha salvato, è l’alternativa all’idolo di una «purezza» astratta prodotta da un mondo ateo che può solo far finta di non vedere le proprie macchie. Ed ecco dunque una carrellata di folgoranti pensieri di Chesterton sulla presenza del male e sulla sconfitta definitiva del diavolo.
Dare il vero nome al male
«Sono un uomo – rispose padre Brown, gravemente – e perciò ho il cuore pieno di diavoli». (da Il martello di Dio)
Il risultato peggiore dell’evoluzionismo volgarizzato è stato questo: ha sostituito la Bestia al Diavolo. Ci ha indotto a pensare che il nostro nemico sia ciò che loro chiamano la nostra “natura più bassa”, il che vuol dire i nostri puri e semplici appetiti e voglie, cose che di per sé sono del tutto innocenti. Tennyson, per esempio, parlava del miglioramento morale come di “un avanzare verso l’alto, buttando fuori l’animale bruto”. Ma era nel giusto? Perché dovremmo buttar fuori il bruto? Quel che è sbagliato in noi non è, come dicono gli evoluzionisti, l’animale bruto. La cosa sbagliata in noi è il diavolo, l’austera vergine intellettuale che sopporta sofferenze per il male, che per il male compie azioni eroiche. […] I maiali non sono corrotti dall’imperialismo. Le tigri non hanno superbia spirituale. Le balene non ti scherniscono mai. I coccodrilli non sono (malgrado la simpatica leggenda) affatto ipocriti. Esaminandone l’esterno, è difficile capire perché qualcuno gli abbia dato credito di una qualità tanto vivace e ingegnosa. I peccati peggiori di tutti sono i peccati puramente umani. Potete muovervi verso l’alto, buttando fuori il bruto, ma senza buttare fuori nessun peccato. Ma che dico, potreste buttarne dentro. Meno bestie diventate, più cattivi potreste diventare. (Daily News, 3 febbraio 1906)